Coronavirus: quale futuro? Preziosa (EURISPES): “La percezione di non protezione può scatenare comportamenti sociali incoerenti”

Report Difesa ripubblica un articolo del Generale Pasquale Preziosa, precedentemente pubblicato sul sito www.leurispes.it

Di Pasquale Preziosa*

Roma. La Cina inizia a mostrare, solo oggi, i primi segni di beneficio per la rapida strategia di contenimento e contrasto messa in atto dalle autorità centrali.

Cinesi con le mascherine

Gli altri Paesi del mondo contagiati hanno sottovalutato l’epidemia cinese, pensando alla Cina come ad un paese lontanissimo dai confini nazionali senza contare che, nell’era della globalizzazione, nessun paese è lontano.

Sono anni che gli studiosi avvisano i decisori “le pandemie sono autentiche minacce per l’umanità” (Elhadj As Sy, Segretario Generale International Federation of Red Cross and Red Crescent Soceties), ma i decisori si fanno trovare sempre impreparati.

Il mondo ora soffre di un’epidemia che – secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità – è sconfinata nella pandemia.

Ciò che sorprende sistematicamente è l’impreparazione dei Paesi per fronteggiare eventi disastrosi, sia di natura calamitosa sia di natura medica.

Il motivo di questa impreparazione va ricercato a monte, nella competizione strategica ora in atto tra i Paesi, la quale ha dato una bassa priorità al livello di rischio nei settori critici dei disastri naturali/sanitari.

È vero, gli eventi disastrosi danno pochi avvertimenti sull’ora esatta in cui si manifesteranno, ma la paura indotta da tali disgrazie permane come ricordo collettivo dell’umanità.

Nonostante i progressi tecnologici, alcuni problemi sono risolvibili altri, invece, devono essere prontamente risolti dalla classe dirigente del momento.

Viviamo in un mondo incerto e in perenne mutamento che evolve continuamente con modalità nuove e originali.

È questo il mondo che viene chiamato “della complessità”, dove il decisore, la rete di contatto e la comunicazione, giocano un ruolo decisivo per la gestione in positivo degli eventi: essere carenti, anche in uno di questi settori, vuol dire perdere la partita.

Ma vi è un altro elemento fondamentale: il comportamento sociale, nel quale approcci scientifici come quelli utilizzati nella Fisica non sono applicabili alle leggi della società.

“Le scienze cognitive ci hanno insegnato che la mente non funziona in astratto, ma in continuo riferimento ad una struttura di credenze che essa contribuisce a modificare sulla base delle esperienze fatte la cui componente ‘razionale’ è sola una delle molte”.

Le Istituzioni della società sono modificabili con azioni intenzionali (decreti, ecc.), ma il comportamento degli esseri umani non è meramente reattivo, non si adegua automaticamente alla norma.

La chiave del cambiamento risiede nella intenzionalità dei componenti della nostra società, e l’intenzionalità è guidata dalla percezione dei singoli.

Agire sulla percezione sociale è la chiave del problema; nella complessità, il compito è affidato soprattutto al decisore, alla qualità della decisione e all’efficace comunicazione interna ed esterna, che rappresentano, a loro volta, i trasformatori del potere in forza della decisione e, quindi, in persuasione.

Scendendo nel concreto, l’emergenza che stiamo affrontando, necessita di una strategia di base: cioè che si allineino i mezzi a disposizione con i fini da raggiungere.

La presenza dei “gap capacitivi del Paese” e la soluzione dei medesimi, sarà la base per portare il Paese fuori dall’area di rischio.

Sul lato sociale, gli individui devono percepire la correttezza dell’azione direttiva, per porre la fiducia nelle mani del decisore: il popolo sta affidando la propria incolumità nelle mani dei decisori.

Nei Paesi democratici, il ruolo della legge (rule of law) assicura che il paese non faccia un passo indietro dal livello di civiltà raggiunto; ogni azione decisoria, deve andare anche in questa direzione, per garantire il raggiungimento degli obiettivi con i minimi danni – in altri Paesi le istituzioni seguono regole diverse e più stringenti.

In emergenza e senza preparazione pregressa del paese, le uniche Istituzioni votate alla gestione delle emergenze sono quelle già organizzate per le operazioni di sicurezza e difesa, in coordinamento con le organizzazioni vocate ma svuotate nel tempo di capacità, con una dirigenza centralizzata per la gestione dell’epidemia.

Il dirigente dell’emergenza sarà responsabile non per la malattia virale che ha colpito il paese, ma per le decisioni rapide e attuative del piano di protezione del Paese: la percezione di non protezione può scatenare comportamenti sociali incoerenti.

Anche la Cina ha dovuto vincere due battaglie, peraltro ancora in corso, la malattia e la paura della malattia indotta dal virus.

Alcuni stati degli USA, hanno chiamato la Guardia Nazionale (Esercito che appartiene ai singoli Stati USA) per fronteggiare la possibile epidemia, come d’altra parte sta già facendo la Cina.

Quanto sopra rappresenta solo la premessa per poter preparare, fin d’ora, il piano di recupero e rilancio delle infrastrutture, del manifatturiero e di tutta l’economia italiana, i cui grandi impatti recessivi sono solo al momento ipotizzabili e non ancora quantificabili.

L’economia cinese sembra sconvolta dalla malattia a tal punto che il leader cinese ha dichiarato che tutti gli obiettivi statuiti per il 2025 e il 2030 non saranno raggiunti. Anche l’economia globale dà segni di instabilità e uno dei primi indicatori è stato il crollo del prezzo del petrolio, che potrà comportare, a sua volta, instabilità economica per i paesi produttori.

Non raggiungere gli obiettivi di questa prima fase – ovvero la messa in sicurezza del Paese e dei suoi cittadini col minimo dei danni – mina la partenza della seconda fase di recupero e ricostruzione, per mancanza di fiducia sociale.

* Presidente Osservatorio Eurispes sulla Sicurezza

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