COVID-19: I CONDANNATI ALLA RECLUSIONE DOVREBBERO STARE IN CARCERE. PERDONARE, FORSE, DIMENTICARE MAI

Di Alexandre Berthier

Roma. Le cronache di questi giorni hanno posto alla ribalta il problema, sempre scandalosamente eclatante, della scarcerazione di pericolosi criminali che, si sostiene arditamente, non potrebbero essere curati permanendo nella posizione di reclusi.

La pandemia apre il dibattito anche sulla situazione carceraria

E così lo spettro dell’epidemia da Covid-19 si aggira anche nel mondo carcerario italiano, quantunque se potesse mai esserci un luogo dove l’isolamento dal contagio dovrebbe essere più facilmente garantito quello è proprio il carcere!

In Italia ci sono mediamente circa 60 mila persone ristrette a vario titolo nelle carceri (1).

Ma se le Forze di Polizia potessero, nel rispetto dei Codici penali e di Procedura penale, adempiere pienamente e liberamente al loro dovere, e se i giudici si limitassero ad applicare le stesse norme, i detenuti sarebbero almeno 10 volte di più!

E non sarebbe difficile recuperare gli spazi necessari, basti pensare alle numerosissime infrastrutture militari in stato di abbandono.

Si, è incredibile, ma un numero smisurato di delinquenti abituali, professionali e per tendenza sono in libertà, forte di una impunità che alla fine è forse più criminale del loro stesso operato.

Sappiamo tutti che ladri, scippatori, spacciatori, sfruttatori della prostituzione e quant’altri, oltre a “capi bastone” e “picciotti” dell’“onorata società” – e concorrenti, tutti strettamente associati – delinquono tutti i giorni, più volte al giorno, certi della loro impunità, terrorizzando così buona parte della popolazione inerme, indifesa e ormai più che rassegnata.

Sanno bene che le Forze di Polizia sono svilite e compresse nella loro operatività da un ordinamento garantista, via via sempre più invasivo e invalidante, e gravemente limitati nell’azione repressiva da una magistratura che, anziché mettere al primo posto la punizione dei rei, predilige di fatto l’esercizio improprio di un’irrazionale politica carceraria, tendente prevalentemente a contenere il numero dei reclusi, per asserita, quando non fantasiosa e illogica, mancanza di “spazio vitale”(2).

Consideriamo che oggi, per chi delinque, riuscire a finire in carcere per espiare una pena detentiva, è una impresa ardua.

Veramente difficile riuscire ad essere indagati, rinviati a giudizio, conseguire una condanna definitiva alla reclusione senza poter beneficiare di sospensione condizionale della pena (3) o di misure alternative alla detenzione.

Per chi delinque, riuscire a finire in carcere per espiare una pena detentiva, è una impresa ardua

Si ripete, è difficilissimo. Ciò nonostante, ogni 3×2 (un modo di dire, ndr) , c’è sempre qualcuno che in nome dei più fantasiosi motivi umanitari, sventolando se serve la Costituzione, forse mai letta, vuol fare uscire questi pochissimi eletti, tra i criminali che “hanno avuto la fortuna” di essere ospitati a spese dei cittadini nelle patrie galere, con vitto, alloggio, lavatura e stiratura…più cospicue retribuzioni e contribuzioni previdenziali, se ottengono di lavorare per l’amministrazione penitenziaria.

Che dire? Lunare, inverosimile, impossibile? No, tutto vero, tutto normale. Si verifica di continuo, perché non viviamo in un Paese normale.

Anche stavolta, al primo stormir di fronde causato dall’epidemia, poi promossa pandemia, abbiamo esordito con scandalosi disordini nelle carceri, sfociati in clamorose evasioni di massa e conseguente richieste dei cosiddetti buonisti di sfoltire il numero di questi bravi delinquenti che non possono restare in carcere ed ammalarsi. Non è umano!

Tutto partì dall’intelligente disposizione di limitare/vietare i colloqui con i familiari, proprio per evitare possibilità di contagio dall’esterno.

Eh, no! E poi chi porta, come hanno scritto vari giornali, gli stupefacenti ai nostri ospiti sofferenti, rinchiusi nei reclusori? Scherziamo, come vi permettete? Rivolta subito.

Ma come fanno a ribellarsi i detenuti, che noi pensiamo chiusi nelle celle con inferriate nelle finestre e solide porte chiuse con robusti catenacci? Impossibile, bofonchiamo noi benpensanti, ma al contempo poveri illusi.

Ma i detenuti, in carcere, a mala pena stanno in cella solo la notte! Che cosa pensate, che stiano segregati come nella colonia penale di Papillon, con le catene alle caviglie, o la palla di piombo da 20 libbre al piede?

No, caro lettore. A conoscere come vanno queste cose, ci sarebbero da rivedere molte cose: la pena di morte in molti casi (4) potrebbe apparire indispensabile (5), come i lavori forzati e comunque l’obbligo di lavoro per risarcire le spese di giudizio e di detenzione.

Aspetto di cui non si cura nessuno, con grave violazione di legge e danno enorme per l’erario. Va detto poi che molti fattori concorrono allo stato di pressapochismo nella gestione del servizio giustizia ai cittadini e nella gestione dell’organizzazione carceraria.

Se il funzionamento della Giustizia Civile, Penale, Amministrativa, Contabile e di Volontaria giurisdizione è abbandonata a sé stessa, ormai da oltre 30 anni, e non si ritiene possa ristabilirsi in condizioni minimamente accettabili, tranne rivolgimenti radicali che dovrebbero basarsi su un sistema che veda i giudici impegnati nella esclusiva attività giudicante, sottraendo loro funzioni investigative, inquisitorie e di gestione di realtà squisitamente organizzative e gestionali, prima fra tutte la vigilanza sull’esecuzione della pena (tribunali di sorveglianza, da abolire immediatamente) e la gestione delle carceri da affidare al Ministero dell’Interno, essendo essa direttamente connessa alla sicurezza pubblica, che il Ministero della Giustizia da tempo immemore è assolutamente inidoneo “ictu oculi” a garantire!

E’ inammissibile, irragionevole, intollerabile che organi giudiziari monocratici possano discrezionalmente vanificare i verdetti delle Corti di Assise, delle Corti di Assise di Appello e di Sezioni Penali della Cassazione!

Un’aula di un Tribunale

Di una giustizia così non c’è bisogno, questo modo di procedere grida vendetta. Come si può tollerare che sconosciuti magistrati, con procedimenti spesso sommari e inadeguati, possano ignorare e vanificare giudicati formulati in nome del Popolo Italiano, del vero sovrano di questo Stato?

E’ inconcepibile, ma tutti, si sottolinea tutti, fanno finta di non vedere, di non sapere! Fanno quindi sorridere le “giornalate” che di tanto in tanto – ma sempre, con una periodicità costante quanto eclatante – mostrano un’Italia indignata nell’apprendere che il detenuto Tizio o Caio o Mevio o Sempronio, pericolosi mafiosi, ristretti in regime, “inaudita altera parte”, di 41 bis , sono stati bellamente scarcerati e trasferiti agli arresti domiciliari, perché stanno male e in carcere non possono essere curati!

Queste, per l’uomo normale, non possono essere ovvietà, sono bestialità! Intanto, nelle carceri di maggiore importanza, dove sono destinati codesti individui, vi sono infermerie attrezzatissime e nei principali ospedali italiani vi sono sempre aree destinate a detenuti da ricoverare.

Peraltro, a questi detenuti, assistiti sempre da solerti e sensibili avvocati, attentissimi alle loro esigenze, viene dedicata una cura che i comuni cittadini neanche possono immaginare.

Eppure a chi è condannato alla reclusione, e a maggior ragione agli efferati criminali ristretti in regime di 41 bis (6), i diritti costituzionali, garantiti ai cittadini, sono ovviamente in parte soppressi, o comunque ridotti o affievoliti.

Lo stare male non comporta necessariamente una attenzione che deve o può portare alla scarcerazione.

Assolutamente no, perché se così fosse il solo fatto di essere incarcerato fa stare male l’individuo e quindi tutti potrebbero chiedere di uscire dal carcere! Non siamo ridicoli.

Perché ciò che avviene in questi giorni, oltre che scandaloso, è soprattutto ridicolo. Così pure è ridicolo non incarcerare le donne rom incinte o minori, dedite abitualmente al furto; è un’altra bestialità inconcepibile oltre che una grave violazione di legge.

Così, certe decisioni irrituali delle procure o provvedimenti spesso incomprensibilmente concessivi dei GIP lasciano esterrefatti, oltre alla mortificazione degli agenti e ufficiali di polizia giudiziaria, che vedono vanificato il proprio lavoro e non giustificato il pericolo spesso corso per assicurare i malfattori alla giustizia, oltre ad essere spesso poi sbeffeggiati da coloro che hanno arrestato e che vengono rilasciati in brevissimo tempo. Ma non solo, se si pensa che quando li cercheranno per farli comparire a giudizio saranno ineluttabilmente irreperibili.

Uno studente di legge, alle prime armi, potrebbe facilmente dedurre che queste azioni siano un indice di correità degli organi dello Stato con i criminali.

Anche io, che non sono uno studente, ho la stessa sensazione. Strano che alle polizie, ai nostri giuristi, in parlamento e nelle università, nelle avvocature, nel Ministero della Giustizia, nei Palazzi di Giustizia, sfuggano concetti così elementari.

Ma saranno veramente laureati? Chissà, con queste autocertificazioni non possiamo più esserne sicuri. Detto questo, non resterebbe ora, per completare il discorso, che parlare male, o almeno non troppo bene, del Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria (DAP), del Garante dei detenuti, degli psicologi e degli educatori penitenziari .

DAP Dipartimento Amministrazione Penitenziaria

Tutti presi, i primi a paventare incombenti autolesionismi 3X1 e la necessità di recuperare e rieducare tutti, i  secondi, specialmente quelli che non vogliono sentir parlare di recupero e rieducazione, perché aspettano solo di uscire e tornare a fare i Robin Hood – primi responsabili e fautori di concessione di benefici di ogni genere, che i giudici di sorveglianza elargiscono a piene mani, se non altro per non avere nugoli di avvocati petulanti davanti alle loro porte.

Anche la Polizia Penitenziaria e i Direttori hanno le loro colpe, causate anche da quella attività sindacale mai sazia nel chiedere e agitare gli animi di chi viene dal paesello del Sud e vuole tornarci, non tenendo conto che le carceri stanno pure al Centro e al Nord.

Ma a ben vedere, sono certo che sto perdendo il mio tempo e lo faccio perdere pure ai miei tre pazienti lettori. Me ne scuso e mi solleva sapere che in tanti , di questi tempi bui, abbiamo molto tempo da perdere.

NOTE

1 Fonte: Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria – Ufficio del Capo del Dipartimento – Sezione Statistica. 

2 I posti sono calcolati sulla base del criterio di 9 mq per singolo detenuto + 5 mq per gli altri, lo stesso per cui in Italia viene concessa l’abitabilità alle abitazioni (criterio demenziale), più favorevole rispetto ai 6 mq + 4 stabiliti dal CPT + servizi sanitari. Il dato sulla capienza non tiene conto di eventuali situazioni transitorie che comportano scostamenti temporanei dal valore indicato

3 Che dovrebbe essere concessa solo per modeste condanne, a chi non è pregiudicato e dia affidamento di non reiterare il reato (ampl. vds. artt. 163-168 del CP)

4 Fino a poco tempo fa, persino il Catechismo della Chiesa Cattolica, promulgato l’11 ottobre 1992 da San Giovanni Paolo II, prevedeva nel paragrafo n. 2267 che gli Stati potessero legittimamente comminare la pena di morte in casi particolarmente gravi, “per la tutela del bene comune”. Purtroppo, secondo chi scrive, e non solo, Papa Francesco l’11 maggio 2018 con suo Rescritto ha fatto modificare il citato paragrafo perché La Chiesa insegna, alla luce del Vangelo, che “la pena di morte è inammissibile perché attenta alla inviolabilità e dignità della persona” e quindi “si impegna per la sua abolizione nel mondo

5 Di fatto, invece, anche le condanne all’ergastolo sono puramente virtuali. Da tempo non si hanno notizie di detenuti deceduti in carcere perché sono stati detenuti fino al termine della loro vita naturale

6  Il regime previsto dall’art. 41 bis della legge 354/1975 (Ordinamento penitenziario) consente al Ministro della Giustizia di sospendere le normali regole di trattamento penitenziario e porre forti limiti e condizioni ai diritti dei detenuti incarcerati per delitti di criminalità organizzata, terrorismo, eversione, riduzione in schiavitù e tratta delle persone, sfruttamento della prostituzione minorile, delitti sessuali e pedo-pornografia, sequestro di persona, associazione per spaccio di stupefacenti, ecc., al fine di impedire il verificarsi di delitti e disordini anche fuori dagli istituti penitenziari.

Tra le misure possibili si ricordano l’isolamento, l’ora d’aria limitata, sorveglianza costante, limitazione dei colloqui, censura della corrispondenza in uscita ed in entrata, limitazione delle possibilità di spesa, esclusione dalle rappresentanza (!!!)

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