Difesa, i fondi europei come strumento di integrazione nell’Unione

Di Annalisa Triggiano* 

Bruxelles. L’integrazione europea in materia di Difesa si presenta come in una fase più avanzata rispetto ad altri settori politico-economici in via di armonizzazione. Basti pensare, ad esempio, alla Cooperazione Strutturata Permanente (PeSCo) tesa a rafforzare la cooperazione in materia di difesa tra i 25 Stati membri dell’Unione Europea, i quali hanno deciso di farsi coinvolgere nell’iniziativa sviluppando congiuntamente capacità di difesa da mettere a disposizione di operazioni militari sotto l’egida dell’UE e formalmente istituita dal Consiglio Europeo l’11 dicembre 20171 (per attuare quanto già teorizzato, in linea astratta, nel Trattato di Lisbona, nel quale si prevedeva la possibilità di una più stretta collaborazione in forma strutturata e permanente tra gli Stati membri in tema di sicurezza e di difesa).

Bandiera dell’Europa sfila alla Festa del 2 Giugno a Roma

Da un punto di vista dei progetti e dunque delle risorse economiche erogate, in ambito PeSCo sono stati approvati sinora 17 progetti, alcuni dei quali vedono l’Italia impegnata in ruoli di coordinamento ed, in 4 di essi, nel ruolo di capofila2.

Da un punto di vista procedurale, l’elenco aggiornato dei Progetti PeSCo e dei relativi partecipanti, comprensivo di una seconda serie di Progetti, dovrebbe essere redatto entro il prossimo novembre.

Come si può osservare, in questa prima tornata di progetti di cooperazione approvati dal Consiglio Europeo, un posto di rilievo è dato al settore marittimo.

Tra i sei progetti tesi a sviluppare in via congiunta capacità militari, tre vanno annoverati in tale ambito. Il primo (Mas Mcm-Maritime semi Autonomous System for Mine Countermeasures) consiste nello sviluppo di nuovi sistemi cacciamine dal pilotaggio semi-autonomo.

Il secondo, guidato dall’Italia e con partecipati Grecia, Portogallo e Spagna, prevede lo sviluppo di una nuova piattaforma di protezione dei porti (Harbour&Maritime Surveillance and Protection-Harmspro). Il terzo tende alla creazione di nuove piattaforme per migliorare i servizi di pattugliamento e vede coinvolte la Grecia (leader), l’Italia, la Bulgaria, la Croazia, Cipro, l’Irlanda e la Spagna (Upgrade of Maritime Surveillance).

Come si può notare, nessun progetto, in ambito PeSCo, ha riguardato gli aerei che effettuano in volo rifornimento di carburante. Andrà pertanto verificato, come suggeriscono gli Analisti, se tale materia, sicuramente di notevole importanza, rientrerà nella seconda tornata di progetti3.

Ma la PeSCo non va certamente intesa come entità self standing: essa completa e potenzia anche altri strumenti.

In vista, ad esempio, del rafforzamento della capacità di reazione rapida dell’Unione Europea, il 22 giugno 2017 , i leader dell’Unione hanno inoltre, su un piano diverso, deciso di sostenere lo schieramento dei gruppi tattici come costo comune4.

Il finanziamento dei gruppi tattici sarà gestito, in via permanente, a livello dell’Unione Europea tramite il sistema ATHENA.

In realtà, ATHENA – uno strumento di finanziamento di spese comuni collegate a operazioni militari a carattere europeo, rientranti nella Common Security and Defence Policy (CSDP) – nasce molto prima, grazie a una Decisione del Consiglio Europeo, del 23 febbraio 2004, mediante la quale5 si sanciva, stabilmente, la nascita di un meccanismo capace di gestire da un punto di vista finanziario i costi comuni sostenuti dall’Unione per operazioni implicanti il dispiego di forze militari degli Stati per obiettivi di sicurezza comune. Attualmente, ad esempio, risultano finanziate da fondi ATHENA operazioni note come EUNAVFOR MED, EUFOR ALTHEA, EUTM Somalia.

Anche la comunicazione satellitare per soggetti governativi è al centro di un importante progetto di ricerca europeo: l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) ha infatti affidato ad Airbus la costruzione di un dimostratore tecnologico dell’European Governmental Satellite Communications (GOVSATCOM), un sistema che permetterà, una volta in funzione, un mutuo scambio di capacità satellitare tra gli Stati Membri.

Il satellite sarà lanciato, verosimilmente, nel 2020. Dal punto di vista qui rilevante, quello finanziario, il progetto è stato finanziato dall’ESA in collaborazione con l’Agenzia di Difesa Europea (EDA) e con la Commissione Europea.

Al progetto partecipano 14 Stati Membri dell’Unione: Austria, Belgio, Estonia, Francia, Germania, Grecia, Italia, Lituania, Lussemburgo, Polonia, Portogallo, Spagna, Svezia e Regno Unito, oltre alla Norvegia. Naturalmente, il successo dell’iniziativa si misurerà anche in base alla capacità dei singoli partecipanti di plasmarne le caratteristiche senza duplicare le tecnologie già adoperate su base nazionale o bilaterale dai Paesi stessi.

Per quanto riguarda, invece, l’intenzione di concretizzare un fondo europeo per la Difesa è stata, per la prima volta, esternata dal presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker due anni fa, nel suo discorso del 2016 sullo stato dell’Unione6.

Il varo del Fondo Europeo di Difesa risale al 30 novembre 2016, data della presentazione, da parte della Commissione Europea, del Piano d’Azione Europeo in materia di Difesa, nel quale si sottolineava come un Fondo europeo per la difesa e altre iniziative fossero in grado di rendere più efficiente la spesa degli Stati membri per le capacità di difesa comuni, rafforzare la sicurezza dei cittadini europei e promuovere una base industriale competitiva e innovativa. L’iniziativa, allo stato embrionale, è stata poi accolta con favore dai leader dell’Unione in occasione del Consiglio europeo del dicembre 2016.

A livello strettamente istituzionale il cammino del Fondo Europeo è transitato prima attraverso una delibera del Consiglio Europeo del 15 dicembre 20167 per poi giungere al lancio definitivo, da parte della Commissione Europea, il 7 giugno 2017, con un proprio comunicato accompagnato da una proposta di Regolamento inerente, in particolare, allo specifico settore della Difesa Industriale.

Nella comunicazione la Commissione ha rilevato che l’UE a 28 membri investe nella difesa il 1,34% del PIL (rispetto all’obiettivo del 2% fissato in ambito NATO); oltre l’ 80% degli appalti nel settore della difesa sono a livello nazionale; oltre il 90% dei fondi per la ricerca tecnologica per la difesa sono a livello nazionale; l’Europa conta 178 sistemi d’arma diversi, rispetto ai 30 degli Stati uniti.

Il settore europeo della difesa risente di un basso livello di investimenti ed è caratterizzato dalla frammentazione lungo i confini nazionali, che determina il persistere da un lato, di duplicazioni e dall’altro, di carenze strutturali.

La cooperazione transfrontaliera può contribuire a sfruttare maggiormente gli effetti di scala riducendo le duplicazioni e consentendo lo sviluppo dei prodotti e delle tecnologie necessari; la mancanza di coordinamento e di coerenza tra gli Stati membri, oltre a costituire un’importante fonte di costi per il bilancio nazionale e ad ostacolare in modo significativo l’attuazione della politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC), è fonte di svantaggio competitivo per l’industria europea della difesa rispetto alle sue controparti internazionali. L’evidenza di queste criticità ha indotto la Commissione Europea ad andare avanti nel progetto del Fondo.

Scopo dichiarato del Fondo, fin dalla sua istituzione, è stato infatti quello di coordinare, integrare e amplificare gli investimenti nazionali per la ricerca nel settore della difesa, nello sviluppo di prototipi e nell’acquisizione di tecnologie e materiali di difesa. Più nello specifico, il Fondo è stato istituito per finanziare la ricerca tecnologica e co-finanziare, a determinate condizioni, le acquisizioni militari in progetti che vedano la partecipazione di almeno tre Stati dell’UE. Da un punto di vista più prettamente tecnico-giuridico, la istituzione del Fondo Europeo per la Difesa trova un suo fondamento principalmente nell’art. 173 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE)8.

Testualmente, “The European Defence Fund is intended as an instrument to foster the competitiveness and innovativeness of the European defence technological and industrial base thereby contributing to the EU’s strategic autonomy. It aims to trigger cooperative programmes that would not happen without an EU contribution and, by supporting research and development activities, to provide the necessary incentives to boost cooperation at each stage of the industrial cycle9.

I concetti chiave sono, da una parte, l’incremento della competitività e della innovazione della base tecnologica e industriale della Difesa Europea rispetto al patrimonio dei singoli Stati e, dall’altra, il Fondo Europeo ambisce a contribuire a una sempre crescente autonomia strategica dell’intera Unione.

La cooperazione. si legge nella proposta di Regolamento, rende le attività di ricerca e sviluppo molto più efficaci di quanto non lo sarebbero senza il contributo dei Fondi Europei.

Da un punto di vista procedurale, il Fondo Europeo è stato varato, nella sua prima versione, secondo un “two step approach”.

La prima sezione del fondo (RESEARCH) denominata “Azione Preparatoria sulla Ricerca in materia di Difesa (PADR)”, è stata varata dalla Commissione Europea come prima tipologia di sperimentazione di cooperazione europea nella Difesa, prevista per gli anni 2017-2019. E’ stata dedicata alla ricerca, ossia alla concessione di sovvenzioni a favore di progetti di ricerca collaborativa in tecnologie e prodotti per la difesa innovativi, a valere interamente sul bilancio dell’UE e relativi a settori prioritari precedentemente concordati dagli Stati membri, dall’elettronica ai metamateriali, dai software cifrati alla robotica. Per la sezione ricerca sono stati stanziati finanziamenti pari a 90 milioni di euro fino alla fine del 2019, di cui 25 milioni per il 2017 (mentre la Commissione ha proposto di stanziare 500 milioni di euro l’anno dopo il 2020).

Nell’aprile 2017 è stata avviata l’azione preparatoria sulla ricerca in materia di difesa. Tale azione ha iniziato a produrre i primi risultati concreti con la firma delle prime convenzioni di sovvenzione nel 2018, ma tutti i progetti sono ancora in corso. Le stime ufficiali10 evidenziano che le risposte agli inviti del 2017 provengono da un’ampia area geografica: soggetti provenienti da 25 Stati membri dell’UE e dalla Norvegia; elevato è stato anche il numero dei richiedenti unici: 187 in totale.

Nei progetti selezionati per il finanziamento rientrano partecipanti da 17 Stati membri dell’Unione Europea. Per quanto riguarda la tipologia dei richiedenti, le proposte comprendono il settore privato, la piccola e la grande industria, le Piccole e medie imprese (PMI), Enti pubblici, Centri di ricerca ed Università.

La percentuale di coinvolgimento delle PMI nelle proposte raggiunge il 30 %, sebbene l’azione preparatoria sulla ricerca in materia di difesa non imponga norme rigorose per loro partecipazione. Tale tasso si è mantenuto nei progetti selezionati per il finanziamento, ai quali le Piccole e medie imprese hanno partecipato al 32 %, per una percentuale del bilancio pari al 14 %.

Questi dati indicano che gli inviti a presentare proposte nel primo anno dell’azione preparatoria sulla ricerca in materia di difesa hanno ricevuto una risposta adeguata e hanno suscitato un forte interesse da parte del settore. Da tale buon tasso di risposta pare possibile trarre la conclusione preliminare che siano state affrontate tematiche pertinenti in materia di difesa che hanno risvegliato l’interesse del settore.

Il primo progetto di ricerca finanziato dal Fondo Europeo per la Difesa nella sezione PADR è stato, a fine 2017, il Progetto PYTHIA11. Coordinato dalla Società italiana Engineering Ingegneria Informatica S.p.A., ha coinvolto partner provenienti da diversi Paesi – Bulgaria, Francia, Italia, Polonia, Romania e Regno Unito – e ha ricevuto un contributo Ue pari a un milione di euro. Nello specifico, scopo del progetto è analizzare gli ultimi sviluppi nel campo delle tecnologie per la Difesa.

In ambito PADR, il settore marittimo ha assunto, come era prevedibile, notevole rilievo: tra i progetti, infatti, sostenuti dal Fondo figura anche Ocean 2020 (Open Cooperation for European mAritime AwareNess, guidato da Leonardo).

Il progetto tende a migliorare le operazioni di sorveglianza marittima, per compiti di intelligence sia nel Mediterraneo che nel Baltico. Vi partecipano i Ministeri della Difesa di Estonia, Francia, Grecia, Italia, Lituania, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Spagna e Svezia, con partner industriali e Centri di Ricerca (tra cui l’italiano IAI). Il costo del progetto è di circa 35 milioni di euro. Rilevante, in questo progetto, è anche il ruolo del think tank fondato da Altiero Spinelli, al quale spetterà un compito di monitoraggio sull’avanzamento del progetto e di elaborazione di policies.

Ma l’Italia è coinvolta anche in altri progetti:

  • GOSSRA, che ha come finalità di progetto fare in modo che gli elementi dei sistemi complessi portati dai soldati funzionino di concerto (sensori, occhiali digitali). I Partners provengono, oltre che dall’Italia, da Germania, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Spagna e Svezia.

  • VESTLIFE, che ha come obiettivo la realizzazione di indumenti protettivi ultraleggeri per la fanteria. I Partners, in questo caso, provengono, oltre che dall’Italia, dalla Finlandia, dai Paesi Bassi, dal Portogallo e dalla Spagna.

 La seconda sezione del Fondo (CAPABILITY) concede incentivi agli Stati membri affinché cooperino nello sviluppo congiunto e nell’acquisizione di tecnologie e materiali di difesa attraverso il cofinanziamento a titolo del bilancio dell’UE e il sostegno pratico della Commissione.

In questo secondo caso si prevede il lancio di un vero e proprio piano industriale, a sua volta denominato EDIDP (Programma Europeo di Sviluppo del settore Industriale della Difesa), per il periodo 2019-2020, del valore di 500 milioni di euro, entrambi inglobati nel più ampio Quadro Pluriennale Finanziario (2021-2027).

In sintesi, se l’ambito ‘ricerca’, pur nella fase embrionale PADR, appare abbastanza avviato, anche lo stesso EDIDP al suo esordio rappresenta una fase embrionale della parte ‘capacità’, che necessiterà di limature e perfezionamenti.

Il grafico che segue (fonte: Commissione Europea) sintetizza meglio quanto illustrato:

Il 13 giugno scorso12 la Commissione ha proposto di stanziare la cifra di 13 miliardi di euro per giungere a un Fondo pienamente integrato. Si è proposta, in particolare, una dotazione di bilancio per il Fondo di 13 miliardi di euro per il periodo 2021-2027, di cui 8,9 miliardi di euro per le azioni di sviluppo e 4,1 miliardi di euro per le azioni di ricerca.

Il 3 luglio scorso, in seduta plenaria13, il Parlamento Europeo ha approvato in via definitiva, e non senza qualche disguido lungo il cammino di approvazione14, il regolamento del Programma Europeo di Sviluppo del Settore Industriale della Difesa. La discussione e la approvazione di questo piano aprono così la strada alla versione ‘aggiornata’ e tendenzialmente definitiva del Fondo Europeo per la Difesa, destinata ad avere vigore a far data dal 1 gennaio 2021.

Il Parlamento Europeo ha approvato in via definitiva il regolamento del Programma Europeo di Sviluppo del Settore Industriale della Difesa

Queste saranno le caratteristiche tecnico-giuridiche ufficiali delineate per il nuovo Fondo15:

  • saranno finanziati progetti che contribuiscono a rendere l’UE più sicura e che corrispondono alle priorità concordate dagli Stati membri nel quadro della politica di sicurezza e di difesa comune e di altre organizzazioni regionali e internazionali, come la NATO;

  • risultano ammissibili solo i progetti collaborativi che coinvolgono almeno 3 partecipanti provenienti da altrettanti  Stati membri;

  • l’UE cofinanzierà lo sviluppo di prototipi comuni solo qualora gli Stati membri si impegnino ad acquistare il prodotto finale;

  • la partecipazione transfrontaliera di PMI e mid-cap è fortemente incoraggiata aumentando i tassi di finanziamento, favorendo i progetti realizzati da consorzi che comprendono le PMI e, se necessario, pubblicando bandi specifici;

  • viene promossa la cosiddetta innovazione dirompente, con il 5% dei finanziamenti destinati alla tecnologia di rottura e ai materiali innovativi che consentono all’UE di rafforzare la propria leadership tecnologica a lungo termine;

  • i progetti di cooperazione strutturata permanente, se ammissibili, possono ricevere un’ulteriore maggiorazione del cofinanziamento del 10%, ma il finanziamento non è automatico.

Non va dimenticato, in tale complesso procedimento di finanziamento, il ruolo dell’Agenzia Europea per la Difesa (EDA) la quale, da un punto di vista istituzionale, in argomento è deputata alla pubblicazione degli inviti a presentare proposte sulla ricerca in materia di difesa. Inoltre, gli obiettivi strategici del Fondo – sempre stando al Regolamento approvato a luglio – potranno essere perseguiti anche attraverso gli strumenti finanziari e le garanzie di bilancio fornite dal Fondo InvestEU16.

Nell’ambito del piano di attuazione della Strategia globale in materia di sicurezza e difesa (EUGS) si è poi prevista l’istituzione di una procedura di revisione coordinata annuale sulla difesa (CARD) da parte degli Stati membri, volta a promuovere lo sviluppo delle capacità ovviando alle carenze, e garantire la coerenza dei piani di spesa nazionali.

L’obiettivo è quello di aiutare gli Stati membri a sincronizzare i loro bilanci per la difesa, a pianificare insieme i loro investimenti futuri e a evitare duplicazioni. La CARD è stata avviata in una fase sperimentale a partire dall’autunno 2017, sulla base di una decisione del Consiglio europeo del 18 maggio 2017 e con l’obiettivo di consolidare la procedura in modo stabile a partire dall’autunno del 2019.

La CARD è coordinata dall’EDA e incaricata di presentare una relazione al Consiglio dell’UE, sulla base dei contatti bilaterali con ciascuno Stato membro. Dunque, vi dovrebbe essere una piena convergenza tra CARD, PeSCo e Fondo Europeo per la Difesa. Ciò, tuttavia, renderebbe necessaria una adesione obbligatoria alla CARD per i membri della PeSCo. Allo stato, però, i membri hanno solo espresso un consenso a supportare il meccanismo in questione, all’interno delle singole normative nazionali.

Un discorso sui fondi europei in materia di difesa non può tuttavia dirsi sufficientemente esaustivo senza considerare anche alcuni strumenti ad esso complementari, come lo Strumento Europeo per la Pace (European Peace Facility)17.

Proposto dall’Alto Rappresentante dell’Unione europea per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini, è un fondo off budget da finanziare dai singoli Stati membri in relazione al PIL di ciascuno di essi, stimato in 10.5 miliardi di euro per le annualità 2021-2027. Lo strumento in questione dovrebbe incorporare sia il meccanismo ATHENA sia l’African Peace Facility e conseguire tre obiettivi

Federica Mogherini, Alto rappresentante dell’Unione europea per gli Affari esteri e la politica di sicurezza

1) coprire i costi comuni delle operazioni militari;

2) contribuire a operazioni militari di pace anche condotte da altri Attori internazionali;

3) supportare Paesi terzi nelle infrastrutture e negli equipaggiamenti militari.

Il 25 giugno scorso il Consiglio Europeo ha “preso nota” di questa proposta, in vista di una discussione futura, che in sintesi è progettata per finanziare le missioni della politica di sicurezza e difesa comune (CSDP) in Paesi esterni all’Unione.

Ancora, il recente Regolamento propone una sinergia del Fondo anche con un altro programma specifico ma non militare, quello attuativo di Orizzonte Europa-HORIZON 2020, con un’attenzione particolare alle applicazioni civili di quest’ultimo, al fine di evitare inutili duplicazioni e garantire un vicendevole arricchimento tra la ricerca civile e quella del settore Difesa.

Infine, anche se con una importanza marginale, i fondi strutturali e d’investimento europei (SIE) possono essere utilizzati dagli Stati membri nel settore della difesa purché essi contribuiscano agli obiettivi dei fondi in questione, al fine di i) cofinanziare progetti di investimento produttivo e ii) sostenere la modernizzazione delle catene di approvvigionamento della difesa. Le industrie della difesa possono contribuire alla realizzazione delle finalità e degli obiettivi fissati nell’ambito dei fondi SIE, ad esempio quelli di promozione dello sviluppo dell’economia regionale, che rappresenta un importante moltiplicatore degli investimenti per le competenze, l’occupazione e lo sviluppo tecnologico ed economico.

Gli investimenti nel settore della difesa che contribuiscono allo sviluppo regionale ai sensi dell’articolo 174 del TFUE possono beneficiare di aiuti a finalità regionale. Il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) può finanziare le attività di difesa e quelle dual-use nei campi della ricerca e dell’innovazione nell’ambito di una strategia di specializzazione intelligente (a livello nazionale o regionale).

Qualche riflessione conclusiva

La necessità di investire in capacità strategiche è divenuta perno della cooperazione europea in materia di Difesa. Un’Unione con maggiori capacità di difesa richiede l’acquisizione, lo sviluppo e il mantenimento congiunti, da parte degli Stati membri, dell’intera gamma di capacità terrestri, aeree, spaziali e marittime.

La strategia globale per la politica estera e di sicurezza dell’Unione europea ha individuato una serie di settori prioritari in materia di capacità di difesa nei quali l’Europa è chiamata a investire e sviluppare approcci collaborativi: intelligence, sorveglianza e ricognizione, sistemi aerei a pilotaggio remoto, comunicazioni satellitari, accesso autonomo allo spazio e osservazione terrestre permanente; capacità militari di punta, compresi i facilitatori strategici, nonché quelle necessarie a garantire la cybersicurezza e la sicurezza marittima. Molti progetti europei si sono già avviati in questa direzione e come si è mostrato, la sicurezza marittima ha assunto da subito un ruolo prioritario negli investimenti di ricerca.

Resta però al momento fuori dal Fondo Europeo per la Difesa la progettazione dei velivoli a pilotaggio remoto: Francia, Germania, Italia e Spagna hanno deciso, già nel Maggio 2015, di unire le loro forze attraverso il lancio del programma Eurodrone, aperto anche all’adesione di altri Stati UE, teso a garantire la disponibilità di un nuovo drone per le Forze Armate di produzione europea a partire dal 2025.

Lo scorso aprile, in occasione dell’ILA Berlin Show, è stato per la prima volta mostrato in pubblico il prototipo in scala reale del drone denominato MALE-RPAS Program (European Medium Altitude Long-Endurance Remotely Piloted Aircraft)18. Sul punto va notato che il Progetto in questione avrebbe, in astratto, i requisiti per rientrare nell’EDIDP – capability window.

Il drone europeo MALE

Il velivolo verrà infatti sviluppato da tre Società (Airbus Defence&Space, Dassault Aviation e Leonardo) in quattro Stati membri. E anche da un punto di vista degli obiettivi, il progetto mira e evitare duplicazioni negli sforzi economici di progettazione che i singoli Stati avrebbero incontrato operando da soli, assicurando, nel contempo, una posizione di preminenza dell’Unione nella tecnologia dei droni di sorveglianza. Anche sotto il profilo temporale, il lancio dell’EDIDP è previsto per il 2019 mentre il primo prototipo dovrebbe volare entro il 2023. Al momento, tuttavia, non vi sono iniziative in tal senso.

Senza investimenti duraturi nella difesa, in definitiva, l’industria europea rischia di non disporre delle capacità tecnologiche per costruire la prossima generazione di capacità critiche di difesa. Inevitabilmente tutto ciò inciderà sull’autonomia strategica dell’Unione e sulla sua capacità di agire come garante della sicurezza. La sfida per i Paesi dell’Unione sarà far coesistere in equilibrio il livello politico-strategico con quello militare-industriale, non solo rispetto alle capacità militari fin qui ritenute prioritarie. Come recentemente è stato sottolineato, “the foundations of a European Defence Union have been established, but its effectiveness will depend on sustained member state engagement, an increase in ambition, and subsequent compliance19.

1 http://www.consilium.europa.eu/it/press/press-releases/2017/12/11/defence-cooperation-pesco-25-member-states-participating/

2 http://www.consilium.europa.eu/it/policies/defence-security/

3 www.iai.it

4 http://www.consilium.europa.eu/it/policies/defence-security/

5 2004/197/CFSP. Ulteriori dettagli all’indirizzo https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/PDF/?uri=OJ:JOL_2015_084_R_0006&qid=1427824153272&from=EN

6 https://ec.europa.eu/commission/priorities/state-union-speeches/state-union-2016_en.

7 http://www.consilium.europa.eu/media/21929/15-euco-conclusions-final.pdf.

8 Combinato, tuttavia, agli artt. seguenti 182, 183 e 188.

9 https://ec.europa.eu/commission/sites/beta-political/files/budget-may2018-eu-defence-fund-regulation_en.pdf.

10 https://eur-lex.europa.eu/resource.html?uri=cellar:03540883-6efd-11e8-9483-01aa75ed71a1.0004.02/DOC_1&format=PDF

11 http://europa.eu/rapid/press-release_MEX-17-5421_en.htm http://europa.eu/rapid/press-release_MEX-17-5421_en.htm

12 http://europa.eu/rapid/press-release_IP-18-4121_it.htm

13 https://ec.europa.eu/italy/news/20180703_PE_approva_accordo_EDIDP_it

14 Cfr. le riflessioni di S. Pioppi, in http://formiche.net/2018/05/difesa-europea-consiglio/

15 http://europa.eu/rapid/press-release_IP-18-4121_it.htm.

16 Per saperne di più, cfr. http://europa.eu/rapid/press-release_MEMO-18-4010_en.htm.

17 https://eeas.europa.eu/headquarters/headquarters-homepage/46794/new-european-peace-facility-boost-eu-action-security-and-defence_en. Dal medesimo sito è tratta la grafica riportata nel testo.

18 https://www.airbus.com/newsroom/press-releases/en/2018/04/Airbus-Dassault-Aviation-and-Leonardo-European-MALE-programme.html

19 N. Koenig, Security and Defence: A Glass Half Full, july 2018, https://www.feps-europe.eu/component/attachments/attachments.html?task=download&id=101

 

*Assegnista di Ricerca Università degli Studi di Salerno, ex Ricercatrice CEMISS

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