Gran Bretagna, nelle amministrative muore il bipartitismo conservatori-laburisti. Sorgono i liberal-democratici. Il tutto in vista delle europee

Di Pierpaolo Piras

Londra. Si sono concluse le elezioni amministrative dei “Councils”, tenutesi ieri, in gran parte della Gran Bretagna e già appare chiara la sonora sconfitta dei due maggiori e tradizionali partiti britannici: conservatore che perde 44 Councils e 1.334 seggi e, in minor misura, quello laburista (quasi 100).

Un seggio in Gran Bretagna

Le elezioni si sono svolte per la scelta dei rappresentanti di 248 Councils, 6 sindaci di città e 11 Councils della Irlanda del Nord.

Il maggior beneficiario politico della consultazione è il partito Liberal Democratico (in inglese Liberal Democrats, Lib Dems, d’ispirazione liberale, centrista ed europeista, sensibile ai valori dell’ambientalismo e proteso al sostegno di numerosi diritti civili), che guadagna 10 Councils e 676 seggi.

Salgono sensibilmente i verdi del partito “Greens”, mentre perde il partito indipendentista, UKIP (UK Independence Party), con un programma separatista dalla Unione Europea, ma orfano di Nigel Farage, suo fondatore ed europarlamentare.

Nigel Farage

Fa la sua comparsa il “Change Party”, costituito, a Westminster, da 7 parlamentari laburisti, staccatisi dal Labour Party e sostenitori di una doverosa appartenenza inglese all’Unione europea.

Già dai primi risultati, sia i conservatori che i laburisti hanno riconosciuto la grave insoddisfazione dell’elettorato britannico nei loro confronti, in ragione della Brexit.

La premier britannica Theresa May

Essi vengono accusati per la superficialità e l’ambiguità politica con le quali è stata affrontata la separazione del Regno Unito dall’Unione europea, senza tener conto della frontiera tra le due irlande, il rispetto delle autonomie gallese e scozzese, i nuovi contratti amministrativo-contabili con la UE, per citarne alcuni aspetti tra i più importanti.

La possibilità di attuare un secondo referendum, anche se a carattere consultivo, ha suscitato reazioni particolarmente accese nei numerosi “Councils” dei territori interni, in alcuni dei quali i voti per la “Brexit”, nel referendum del 2016, furono superiori al 60%.

Attualmente, i Lib Dems festeggiano il proprio successo rivolgendosi ai propri sostenitori in termini trionfalistici, e rilanciando quest’esito amministrativo rispetto alle elezioni generali del 2017, allorché i Tories e Labours dominarono il risultato, raggiungendo una somma superiore all’80%. Ora, gli stessi, hanno perso sia voti che seggi di un’ampia base di elettori.

Per i due partiti maggiori, l’esito delle prossime elezioni europee potrebbe peggiorare per la complessa necessità di doversi confrontare non più come nel tradizionale e semplificato sistema bipartitico, ma con forze politiche nuove, anche se minoritarie, come il “Brexit Party” (neofondato da Nigel Farage) ed il “Change UK”.

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