Guardia di Finanza e Polizia di Stato: operazione “Affari di Famiglia”. Il clan camorristico dei Senese colpito da 28 arresti. Sequestrati beni da 15 milioni di euro

Di Fabio Mattei e Michele Toschi

Roma. È scattata nelle prime ore di oggi una vasta operazione, denominata “Affari di Famiglia”, condotta dai finanzieri del Nucleo Speciale Polizia Valutaria e dagli agenti della Squadra Mobile di Roma i quali, coordinati da altre unità operative della Guardia di Finanza e della Polizia di Stato, hanno assestato un duro colpo al clan camorristico dei Senese eseguendo 28 ordinanze di custodia cautelare (delle quali 16 in carcere), nei confronti di altrettanti esponenti e fiancheggiatori del suddetto clan, nonché eseguendo un sequestro preventivo di beni per un valore che supera i 15 milioni di euro.

L’importante operazione, coordinata dalla locale Direzione Distrettuale Antimafia (DDA), ha fatto piena luce sulle attività illecite realizzate non solo nella Capitale dai Senese, e che ora vedono i ventotto soggetti tratti in arresto indagati a vario titolo per i reati di estorsione, usura, trasferimento fraudolento di valori, autoriciclaggio e reimpiego di proventi illeciti, peraltro aggravati dall’aver agito con metodo mafioso agevolando in tal modo quella che è definita la galassia criminale della camorra campana e che in questo particolare caso, partendo dalle zone di origine, dagli anni ‘80 si è man mano “delocalizzata” a Roma e nel Lazio come in altre regioni italiane.

Il clan dei Senese, originario di Napoli e storicamente collegato al potente clan dei Moccia di Afragola, è stato per lungo tempo retto da Michele Senese (alias “Michele o’pazz”), attualmente detenuto nel carcere di Catanzaro dove sta scontando una condanna perché ritenuto il mandante dell’omicidio di Giuseppe Carlino (meglio conosciuto come il “boss della Maranella”), freddato in un sanguinoso agguato avvenuto nel 2001 a Torvaianica (Roma).

La Capitale ed il suo circondario, infatti, erano divenuti il centro nevralgico degli affari del clan; un terreno fertile ove reinvestire i capitali illeciti provenienti dalle loro attività criminali (traffico di sostanze stupefacenti in primis), andando così negli anni ad insinuarsi nell’ampio tessuto economico della città.

Secondo quanto appurato dagli investigatori della Guardia di Finanza e della Polizia di Stato, che in questa lunga quanto complessa indagine hanno messo sul campo le loro migliori competenze investigative nonché i più moderni mezzi tecnici a loro disposizione, Michele Senese – pur assoggettato ad una rigida carcerazione – era riuscito comunque ad impartire ordini nonché a delineare le strategie criminali del clan, in particolare su come “ripulire” e far “fruttare” il fiume di denaro proveniente dalle loro attività delinquenziali, nonostante i vertici del sodalizio risultassero incapienti e privi di reddito.

Ecco dunque che i Senese ed i loro affiliati mettevano in modo diversificate condotte illecite che, più in dettaglio, prevedevano consegne di denaro contante in favore di imprenditori collusi con il riconoscimento di un sostanzioso tasso d’interesse (anche del 10% mensile), con l’aggiunta di altri eventuali “benefit” quali soggiorni in località turistiche, pagamento di spese mediche, assunzioni di loro “cumparielli” e mantenimenti per le famiglie dei detenuti.

Come nei più classici “cliché” illeciti, dove c’è riciclare ingenti somme di denaro sporco, non mancava poi l’interposizione di prestanome ai quali intestare la titolarità di attività economiche al fine di eludere la normativa anti-riciclaggio; soggetti questi che venivano peraltro cambiati di frequente con ripetute cessioni di quote societarie.

Con tali sistemi, Michele Senese e suo figlio Vincenzo hanno dato avvio a consistenti investimenti nel settore del commercio auto, in quello dell’abbigliamento, della ristorazione e della produzione casearia, non mancando però di concedere ancora prestiti “a strozzo” con tassi d’interesse insostenibili per i loro malcapitati debitori i quali, in caso di ritardo nei pagamenti, venivano senza mezzi termini minacciati di morte nonché costretti a finanziare viaggi di piacere in favore dei loro usurai e finanche “prestare”, ovviamente in maniera forzosa, automobili di loro proprietà.

Oltre all’accertamento delle pesanti responsabilità penali ascritte in capo agli arrestati, minuziosa è stata anche la ricostruzione e l’individuazione dell’enorme patrimonio derivato dalle molteplici attività di riciclaggio condotte dal suddetto clan camorristico e che, nel caso specifico, sono costituite da un complesso aziendale di 10 società con sedi a Roma, Verona, Milano, Brescia, Bergamo. Frosinone e Latina, oltre a 5 unità immobiliari site tra Milano e Napoli nonché un’imbarcazione da diporto.

 

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