Immigrazione clandestina, la Guardia di Finanza di Roma arresta 10 persone. Scoperti tre dipendenti comunali che per 50-100 euro emettevano certificati di residenza falsi

Roma. Il Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza di Roma, su richiesta della locale Procura della Repubblica, ha eseguito un’ordinanza emessa dal GIP (Giudice per le indagini preliminari) del Tribunale capitolino che ha imposto una misura cautelare personale nei confronti di 13 persone.

Operazione della Guardia di Finanza contro l’immigrazione clandestina

Quattro sono stati condotti in carcere, 6 agli arresti domiciliari e 3 agli obblighi di presentazione alla Polizia giudiziaria.

Tutte sono gravemente indiziate, a vario titolo, di associazione per delinquere, corruzione, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e falso.

Le indagini hanno consentito di far emergere l’operatività su Roma (in particolare, presso la circoscrizione del V Municipio) di uno strutturato e collaudato sodalizio criminale, composto da soggetti di nazionalità bengalese, finalizzato a favorire – a scopo di profitto – la permanenza illegale sul territorio italiano per lo più di propri connazionali, violando i presupposti giuridici per il rilascio e/o il rinnovo dei permessi di soggiorno.

I Finanzieri hanno ricostruito la rete con attività di intercettazioni telefoniche ed ambientali, appostamenti ed osservazione.

Sono così riusciti a individuare specifici ruoli e responsabilità, tra cui il contributo attivo di 9 cittadini bengalesi costituenti una vera e propria “agenzia di fatto”, con il compito di “reclutare” la clientela interessata a concludere pratiche amministrative presso l’Anagrafe comunale di Roma con un tariffario variabile tra gli 80 e gli 800 euro complessivi.

Inoltre, sono stati gestiti i successivi appuntamenti presso il Municipio, dove venivano ritirati i relativi certificati di residenza e occuparsi delle “questioni” relative agli immobili utilizzati.

Una di queste persone, titolare di un’attività di assistenza fiscale, era deputato all’accensione e alla cessazione di partite IVA, nonché al rilascio di dichiarazioni fiscali fittizie.

La GdF ha scoperto che tre dipendenti dell’Anagrafe capitolina dietro compensi variabili generalmente tra i 50 e i 100 euro per ogni pratica evasa – emettevano certificati di residenza falsi o rilasciavano (anche in bianco, da utilizzare a seconda delle necessità) prenotazioni per appuntamenti in assenza di ragioni di urgenza.

Una dei dipendenti comunali, secondo le indagini, ha proseguito nell’attività corruttiva, anche se trasferita ad altro incarico, mantenendo contatti con gli organizzatori al di fuori del Municipio (con reiterati incontri in locali pubblici, quali bar) utilizzando spesso nelle conversazioni tra loro la messaggistica Whatsapp.

Sono stati anche coinvolti nell’inchiesta due italiani, proprietari di immobili nella Capitale, che si erano resi disponibili a redigere contratti d’affitto o di comodato d’uso con persone che poi effettivamente non vi abitavano.

Oppure attestavano, in modo fittizio, dichiarazioni di ospitalità. In un caso, uno degli appartamenti è stato locato a 17 cittadini extra-comunitari, con offerte di ospitalità dell’alloggio ad altri 32 stranieri.

I proprietari degli immobili venivano spesso “istruiti” sulle dichiarazioni da rendere al vigile urbano in caso di controllo.

I pagamenti illeciti all’organizzazione per le “pratiche” evase avvenivano per lo più in denaro contante oppure attraverso ricariche su carte postpay.

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