Industria petrolifera, serve un più forte ruolo della diplomazia a sostegno degli investimenti in Paesi a forte criticità bellica o politica

Di Michele Marsiglia*

Padova. Ho sempre interpretato il mio ruolo nel presiedere un’Organizzazione petrolifera internazionale come la FederPetroli Italia e, nel curare le aziende nei mercati e nelle relazioni istituzionali internazionali, come una forma di lavoro da affiancare ad un continuo ed aggiornato studio degli usi e costumi, dei modi, delle dinamiche di vita, religiose e storiche, potendo così meglio interloquire e rapportarmi con eleganza istituzionale, nei confronti di terzi soggetti o istituzioni estere, non trascurando quell’elemento chiamato ‘rispetto’, il tutto accompagnato da una passione per il proprio lavoro.

Michele Marsiglia, presidente di FederPetroli

Oggi per ben delineare, commentare ed analizzare una situazione delicata come quella che negli ultimi giorni è agli occhi di tutti, parlo di Libia, di Sudan e di altre location di importanza fondamentale per il settore energetico.

Libia, l’Eden del petrolio

E, più in particolare petrolifero, è importante conoscere nella totalità della materia tutte le colonne portanti di un mondo, di uno Stato e delle forze che sostengono ed aiutano le nostre aziende nel dialogare ed esercitare la propria attività, in diversi Paesi con criticità belliche o con regimi politici diversi da quelli dove viviamo, se parliamo delle democrazie europee.

Oltre alle strutture organizzative di ogni singola azienda che opera in un Paese o mercato estero ed alle risorse umane disponibili, ruolo centrale lo riveste in primis il canale diplomatico e della rete di politica estera che il Paese di origine ha con quello ospitante.

Il “ponte istituzionale” che lega un business, un agreement o qualsiasi forma di cooperazione-bilaterale dovrebbe e uso un condizionale non a caso, dovrebbe sempre essere tutelata e seguita dalla diplomazia internazionale, questo permetterebbe alle aziende di muoversi in Paesi esteri con difficile cultura ed ordinamento politico nonché costituzionale o di regime, in una tranquillità maggiore, stabilendo e concordando una road-map congiunta nei piani di azione da seguire.

La lacuna più grande è proprio questa, la mancanza spesso di quando sopra accennato, la mancanza di riferimenti istituzionali e decisionali precisi che, abbandonano l’industria più produttiva in una fase di disagio economico commerciale dopo aver sostenuto investimenti in quel determinato Stato.

Sono evidenza oggettiva le nostre aziende in Libia, in Iran, in altre location del Medio Oriente o in zone del Continente africano dove lo sviluppo industriale inizia adesso e, dove ci si trova in mondi che sono lontani dalle culture avanzate e fortemente industrializzate dell’Europa.

Altra dinamica di grande importanza è la religione. Il Medio Oriente è per noi dell’indotto petrolifero o meglio denominato dell’Oil & Gas un Eldorado che è detentore e custode di immense riserve di petrolio e di gas nel sottosuolo, dove lo sviluppo di un giacimento petrolifero ha costi totalmente diversi da zone europee o italiane, essendo la morfologia e la conformazione degli strati del sottosuolo di favorevole formazione di idrocarburi.

Pozzi petroliferi in Libia

Però un variabile spesso e potrei dire il più delle volte trattata con leggerezza e superficialità è proprio la componente religiosa.

Nonostante le diverse fedi che convivono in altri continenti e Paesi, l’Islam è religione dominante in gran parte della zona mediorientale, seppur divisa in vari correnti tra sunniti, sciiti e wahabiti.

Non bisogna però dimenticare che i capi religiosi così come gli Ayatollah in Iran o altri partiti politici libanesi come Hezbollah, o movimenti palestinesi come Hamas e meglio le diverse fazioni libiche, seppur considerati da parte della comunità internazionale organizzazioni terroristiche o che violano i diritti umani o altre capi di accusa che non è nostro compito analizzare e giudicare, per noi sono riferimenti che compongono il Governo, il Parlamento o sono parti decisionali di quel determinato luogo, quartiere, zona, territorio dove dovrà essere costruito un oleodotto, perforato un pozzo o meglio concluso un Accordo di importanza strategica.

Il leader di Hamas, Yehiyeh Sinwar

Il rispetto delle culture, degli usi e dei costumi nonché della fede religiosa per noi è di importante, a maggior ragione che molti Paesi del Medio Oriente gestiscono la propria vita e l’educazione civica attraverso la Legge islamica o meglio chiamata Sharia, che è un vero codice deontologico di vita per alcuni popoli mediorientali, comune denominatore di tutte le attività del vivere e lavorare di quel luogo.

Mi soffermo ancora con qualche parola sul tema religioso, volendo significare e sensibilizzare i lettori sull’attenzione che l’Italia in primis e altri Paesi di comune linea e condotta di politica dovrebbero prestare. Siamo tutti indignanti, sconvolti e tanti altri aggettivi quando apprendiamo notizie negative in merito a paesi lontani.

Spesso la preoccupazione è focalizzata, anche dagli organi istituzionali competenti sul se vi siano connazionali o no, questo determina l’interesse e la preoccupazione su quell’attentato rivendicato da sigle islamiche come il DAESH o se non vi è presenza di connazionali, non c’è motivo di preoccupazione e l’attenzione viene distolta su altro.

Ricordiamoci che il comportamento di un Stato, è uno specchio che proietta, con rilevanza maggiore, la situazione nell’altro Paese, fomentando anche con giudizi e commenti inopportuni da parte di rappresentanti istituzionali privi di cultura storica e di esperienza estera, a nascita di odio a che si trasforma spesso in un boomerang umano, lavorativo, aziendale e di mancata ospitalità.

Generalizzare non è stato mai indice di cultura ma di ignoranza, quel non sapere, non conoscere, non voler apprendere e saper avere una visione oggettiva delle cose.

E’ vero anche che le nostre attività in Paesi difficili non potrebbero però esistere senza il supporto e la protezione della componente militare e dei servizi di sicurezza e di intelligence che, costantemente monitorano e analizzano quanto a noi di intorno per prevenire qualsiasi forma di disagio altamente negativo.

Sono eccellenza per l’Italia la missione in Libano del Comando UNIFIL, in Mozambico, in Iran, in Afganistan, in Libia, in Kuwait ed in tanti altri Stati, dove da una parte intervengono gli alti Corpi militari e in un comportamento apparentemente indifferente e silenzioso lavorano i Servizi di Intelligence.

Mezzi UNIFIL in Libano

Anche qui però, non è un segreto che la diligenza di comportamento di alcuni membri in servizio dei Servizi di sicurezza esterna di un Paese abbiamo affiancato altre organizzazioni di uguale scopo ed obiettivo, danneggiando il sistema dello Stato di origine.

Il nome dell’Italia molte volte, come negli ultimi anni è associato a dossier che non hanno nulla di risolto ma che hanno associato il nostro Paese in un connubio tra Servizi Segreti, politica e diplomazia che più che aiuto hanno creato solo una macchia indelebile a livello internazionale, sottovalutando e non analizzando le complicate dinamiche e variabili nella difficile ma meravigliosa Terra del Medio Oriente.

*Presidente FederPetroli Italia (Federazione Internazionale del Settore Petrolifero)

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Autore