Jihadismo, Sayyid Qutb maître à penser dell’estremismo islamico contemporaneo

Di Giuseppe Santomartino*

Roma. Ogni credibile analisi e strategia di lotta al jihadismo non può prescindere dalla conoscenza dei fondamenti del pensiero islamico-radicale contemporaneo.

Perché è importante conoscere il pensiero dei teorici islamico-radicali?

Combattenti jihadisti

Il XXI secolo è stato sinora caratterizzato da una crescita costante, nonostante alcune apparenti battute d’arresto, del fenomeno del jihadismo  termine che, va detto subito, seppure molto diffuso, presenta varie criticità definitorie ed in ogni caso non va assolutamente riferito a tutto l’Islam).

Esso si ricollega, più in generale, al fenomeno dell’estremismo islamico, con tutte le sue varie declinazioni e devianze e che ha generato movimenti ed organizzazioni quali al-Qa‘ida, ISIS – ISIL – Da’ish (che nel 2014 ha cambiato nome in Islamic State – IS in coincidenza con l’autoproclamazione del Califfato), Boko Haram, ash-Shabaab ed altri numerosi gruppi con varie denominazioni e spesso con affiliazioni sia ad al-Qa‘ida che all’IS ex ISIS (Wilayat -province).

Purtroppo la maggior parte delle analisi di questo fenomeno si limitano in realtà a trattare le manifestazioni esterne e più eclatanti del jihadismo – attacchi terroristici, foreign fighters, proclami e video di notevole violenza ed altro ancora – e raramente analizzano le basi ideologiche del fenomeno e senza le quali il jihadismo non esisterebbe.

Molte trattazioni poi insistono nell’analizzare il fenomeno con categorie analitiche tradizionali – quali, ad esempio, statistiche sugli attentati, percentuali di territorio controllate dai movimenti jihadisti, finanziamenti, disponibilità di risorse militari e di combattenti-  trascurando di considerare l’arma più potente di tale fenomeno: il potere identitario.

Un potere mobilitante e, per certi aspetti, efficacemente apocalittico dell’ideologia di base. E’ infatti principalmente in virtù di tale “arma” ideologica, sapientemente veicolata sui media e sui social con le tecnologie disponibili, che il fenomeno ha creato gli epifenomeni dei foreign fighters, delle migliaia di radicalizzati in Occidente, delle varie Wilayat affiliate dall’Africa Occidentale all’Asia Centrale all’Indonesia e Filippine (vedi mappa sotto), degli attentati di “lupi solitari” in Occidente. E’ principalmente tale “arma” che fornisce al jihadismo una diffusa resilienza nonostante la varie sconfitte sul piano tecnico-militare.

La mappa dei foreign fighters (Fonte Worldwide Threat Assesment – US Intelligence Community – Gennaio 2019)

Ricorrendo ad una metafora medica potremmo dire che la maggior parte delle analisi prodotte sul jihadismo trattano in realtà i sintomi (attentati, foreign fighters ed altro) ancorchè gravi, più che la vera patologia (l’ideologia) che genera tali sintomi ed è intuitivo come questi approcci possano anche portare ad una remissione temporanea, e spesso solo apparente, dei sintomi ma non ad una seria terapia e meno che mai alla scomparsa della patologia che, proprio perchè non diagnosticata in maniera adeguata, nel frattempo potrebbe diffondersi con metastasi irreversibili.

Per arrivare ad una credibile “capacità” di contrasto alla patologia (il jihadismo) occorre quindi in primis procedere ad un corretto ed approfondito “sforzo diagnostico” cercando di prescindere dai sintomi e di andare alla vera natura primaria della patologia, ciò non può ottenersi che attraverso una analisi della ideologia che ha generato il jihadismo e più in generale l’estremismo islamico. Questo è lo scopo di queste brevi note.

A supporto dell’esigenza espressa con la metafora medica due autorevoli riferimenti :

  • la valutazione espressa dal Generale di Corpo d’Armata, Michael Nagata, comandante delle Forze USA in Medio Oriente, nel 2014 (anno della massima espansione dell’IS ex ISIS), in cui alla domanda su come si potesse sconfiggere l’IS ex ISIS affermava: “We do not understand the movement and until we do, we are not going to defeat it (…) We do not even understand the idea”.

  • una recente pubblicazione dell’OASIS la cui introduzione ha un titolo molto significativo: “Jihadismo e sfida culturale… quella minaccia che fatichiamo a comprendere” (1)

LA NASCITA DEL PENSIERO JIHADISTA

Il pensiero jihadista contemporaneo nasce nella metà del XX secolo ma affonda le proprie radici nel pensiero islamico-radicale che nella sua globalità non coincide necessariamente con il jihadismo.

Esso si sviluppa sin dai primi secoli dell’Islam e trova i propri snodi più significativi in Ibn Hanbal (fondatore e della scuola hanbalita, una delle più conservatrici fra le quattro scuole giuridiche islamiche), in Ibn Taymiyya (XIII secolo), nel wahabbismo del XVIII secolo (diventato poi dottrina ufficiale del Regno Saudita), nel pensiero salafita, con Jamal al-Diin al-Afghani ed il suo discepolo Muhammad Abduh (importanti teorici del XIX secolo), nella dottrina dei Fratelli Musulmani (movimento creato dall’egiziano Hasan al-Banna negli anni ’20 del XX secolo).

Ma la svolta decisiva del pensiero islamico-radicale, che ha poi portato alle devianze jihadiste che oggi conosciamo, inizia nella metà del XX secolo con l’indo-pakistano Abu ‘Ala al-Mawdudi (primo teorico ad introdurre nell’età contemporanea il concetto di Stato Islamico) ma soprattutto con l’egiziano Sayyid Qutb.

Le basi teoriche poste da questi due ideologi, entrambi considerati, seppure con controverse valutazioni, i principali maître à penser del pensiero politco islamico-radicale contemporaneo, hanno poi generato ulteriori devianze verso il pensiero jihadista attraverso personaggi quali Abdullah ‘Azzam (palestinese, il principale artefice delle resistenza antisovietica in Afghanistan, poi vero ideologo di al-Qa‘ida e inventore dello stesso nome), Abu Mus’ab Setmarian al-Suri (siriano ma con cittadinanza spagnola, definito the architect of global jihad’), Abu Muhammad al-Maqdisi (giordano, il teorico più citato negli scritti dell’Islam radicale), Abu Bakr Naji (nom de guerre dell’autore, la cui identità non risulta mai ben accertata, del fondamentale testo jihadista Management of Chaos).

A sinistra Abdullah ‘Azzam

E’ da rilevare come questi nomi appena citati siano poco noti al grande pubblico, nonostante il loro contributo sul piano ideologico sia stato di gran lunga superiore a quelli di personaggi più noti quali Osama bin Laden, Ayman al-Zawahiri, Abu Mu’sab al-Zarqawi e l’autoproclamato Califfo dell’IS ex ISIS, Abu Bakr al-Baghdadi.

SAYYID QUTB

Ibrahim Husayn Shadhili Sayyid Qutb nacque a Musha (Egitto) nel 1906, fino ai 40 anni fu essenzialmente un intellettuale laico, letterato e funzionario del Ministero dell’Istruzione egiziano.

Il suo interesse verso i temi politici si manifestò solo dopo questa età. Il suo primo libro ‘’La giustizia sociale nell’Islam‘’ del 1949 esprimeva posizioni politicamente moderate. La sua adesione al movimento dei Fratelli Musulmani avvenne solo dal 1951.

Una svolta significativa della sua vita si ebbe nel 1948 quando fu inviato negli USA per studiare il sistema educativo americano (all’epoca il Governo egiziano era impegnato in vasti programmi di modernizzazione nei vari settori).

Bene, fu proprio dall’incontro (o forse impatto) con la società ed il modello di vita americano che Qutb cominciò a maturare una profonda coscienza critica verso la società ed il modello di vita occidentale che lui percepiva senza valori morali ma basato solo su interessi materiali e poco attento alla vera giustizia sociale.

Fu anche molto critico verso la “promiscuità sessuale” che egli affermava di aver trovato negli USA. Altra sua opera importante è ‘’La battaglia fra Islam e capitalismo’’ del 1952, pochi mesi prima del colpo di stato di Nasser, in cui “delinea i tratti di un sistema sociale, economico e politico che dipinge come alternativo e migliore rispetto al capitalismo e al comunismo: la terza via dell’Islam’’ (2).

La sua svolta in chiave politico radicale si manifestò dopo il suo arresto nel 1954, avvenuto nel contesto della repressione avviata da Nasser contro i Fratelli Musulmani (che avevano inizialmente appoggiato la sua ascesa nel 1952) e fu espressa in particolare con il libro “Pietre miliari sulla via”, scritto appunto in carcere. Passò gli ultimi dodici anni della sua vita in prigione, tranne pochi mesi di libertà negli anni ’60.

Arrestato di nuovo nel 1965, nel quadro di un ulteriore inasprimento della repressione nasseriana contro la Fratellanza Musulmana, venne poi giustiziato nel 1966.

Ibrahim Husayn Shadhili Sayyid Qutb in carcere

IL PENSIERO E LE INFLUENZE SUL JIHADISMO

Come afferma il professor Massimo Campanini, uno dei massimi esperti del pensiero islamico, nelle sue opere, Qutb “probabilmente ha rappresentato il maggior sforzo di formulare una concezione globale, totalizzante dell’Islam, raggiungendo l’apice della complessità e dell’articolazione del pensiero e della prassi politica radicale” (3).

Esso quindi non si presta a facili sintesi – e, per questo si rimanda anche alla bibliografia in materia – ma gli elementi fondamentali possono cosi riepilogarsi:

  • sostanziale fallimento dell’Occidente, del capitalismo e del socialismo (è bene ricordare che siamo nel periodo anni ’50 – inizi anni ’60) sul piano etico e politico-sociale
  • concetto di jahiliyya, difficile da tradurre, che implica un ibrido di situazione di ignoranza e rifiuto dei principi veri dell’Islam, di cui sarebbe vittima il mondo contemporaneo (incluso quello musulmano)
  • fondamentale importanza del concetto di tawhid (unicità di Dio) che, ben al di là dell’aspetto teologico, presenta rilevanti valenze sociali, giuridiche e politiche e che porta ad affermare l’unicità del Creato e quindi a respingere ogni idea di separazione fra gli ambiti religiosi, socio-politici ed etici; l’importanza di tali valenze del tawhid è forse uno degli aspetti meno capiti nelle analisi occidentali di tutto il pensiero islamico-radicale
  • riconoscimento dell‘unica Sovranità Suprema (al- hakimiyya al-‘alia) a Dio (Allah), conseguenza del concetto del tawhid, che porta all’ aspirazione della costituzione di uno Stato Islamico. Qutb, affermando un concetto fondamentale del pensiero islamico-radicale, ritiene che la sovranità non possa che risalire a Dio e quindi il potere politico non può che essere totalmente ed integralmente espresso ed esercitato in nome di Dio, diversamente si ricadrebbe nel concetto, già menzionato, appunto di jahiliyya; è evidente come ciò comporti il rifiuto di ogni sistema democratico-parlamentare o dittatoriale o di monarchia assolutista,
  • esigenza di recuperare la centralità dell’Islam nella realtà politica, istituzionale, culturale e sociale
  • Islam diin haraki ovvero Islam come religione movimentista intenta alla correzione del sistema politico vigente (4afflitto appunto da una diffusa jahiliyya
  • obbligo della ribellione, anche con lo strumento del jihad, contro i governi (anche sedicenti musulmani) che non si ispirino alla vera Shari’a.

Per Qutb è quindi necessario procedere ad una lotta tesa a restaurare i veri ed originali principi dell’Islam ma nell’ottica dei concetti sopra enunciati.

In tale quadro, il pensatore riprende ed in qualche modo fa evolvere il concetto di jihad (erroneamente e superficialmente tradotto quale  guerra santa).

La revisione del concetto di jihad di Qutb costituisce uno degli elementi fondamentali del suo pensiero. Per Qutb “la liceità del combattimento assume indubbiamente toni estremisti” (5). Al riguardo egli afferma l’esigenza di un jihad  combattuto con la spada accanto a quello combattuto con la propaganda e che non si può limitare ad una guerra difensiva, un (jihad inteso quindi non solo quale azione difensiva) .

Un importante passaggio per capire il pensiero di Qutb viene da David Cook in cui si legge “Qutb clearly arrogates the right to interfere anywhere in the world in which Muslims are not allowed to proclaim Islam freely; the traditional elements of jihad, such as expanding the territory of Islam or even defending its borders, do not seem to interest him”. (6) E’ quindi una interpretazione del jihad diversa, certamente più complessa di quella generalmente attribuita in Occidente.

Lo studio e le interpretazioni del pensiero di Qutb costituiscono uno degli argomenti più dibattuti, controversi e complessi nelle analisi del pensiero politico islamico contemporaneo.

Molti autori vedono gli esiti nel suo pensiero dividersi sostanzialmente in due filoni principali: uno di natura decisamente più moderata e “conciliante” e l’altro invece basato in particolare sulle sue ultime opere in carcere, orientato su interpretazioni decisamente più radicali e con alcune tendenze estreme, a cui si sarebbero poi ispirati i movimenti islamici più estremisti e violenti (risultano evidente le connessioni di taluni aspetti del suo pensiero con l’obiettivo strategico dell’IS ex ISIS di pervenire, anche attraverso il jihad, ad uno Stato Islamico con contorni indefiniti ma certo non limitati al solo Medio Oriente come la diffusa presenza di gruppi affiliati in Africa ed Asia Centrale purtroppo dimostra).

Uno degli esempi più rilevanti di quest’ultimo orientamento arriva a definire Qutb, in maniera forse eccessiva, quale il “filosofo del terrore islamico” (7) . Degna di nota l’opera di diffusione del pensiero di Qutb svolta dal fratello Muhammad Qutb che ebbe fra i propri discepoli anche un certo Al-Zawahiri (8), considerato attuale leader di al-Qa‘ida.

Oggi poi si parla anche di “qutbismo”, movimenti o organizzazioni ‘’qutbiste’’ o addirittura ‘’post-qutbiste’’ dando però a tali termini dei significati tutt’altro che univoc,i seppure in una generalizzata valenza estremistica che tenderebbe a sostituire il termine jihadismo col termine qutbismo.

Lo stesso Movimento dei Fratelli Musulmani ha avuto delle posizioni un po’ ondivaghe circa l’interpretazione del pensiero di Qutb privilegiando , anche per un certo opportunismo politico, per lo più le valenze meno estremiste.

L’influenza del pensiero di Qutb nei decenni successivi alla sua morte sull’Islam politico-radicale resta comunque di assoluto rilievo. Autorevole conferma viene da una analisi del 2006 del Combat Terrorism Center USA di Westpoint, in cui Qutb viene definito il teorico “most influential” del jihadismo (9).

Tale influenza risulta poi particolarmente evidente in vari personaggi dell’estremismo islamico fra i quali Umar abd al-Rahman (lo sceicco cieco considerato la mente dell’attentato al World Trade Center nel 1993 ), Ayman al -Zawahiri già braccio destro di Osama bin Laden ed attualmente considerato leader di al Qa‘ida), Abdullah ‘ Azzam e Abu Mus’ab al-Suri ( già sopra citati e considerati, il primo il vero ideologo di al-Qa‘ida ed il secondo the architect of  Global Jihad).

Abu Mus’ab al-Suri , l’architetto del jihadismo globale

Per concludere appare utile ricordare le valutazioni di Renzo Guolo, sociologo dell’Islam, che ha definito Qutb “l’ideologo che più ha influenzato l’ala radicale dell’Islam politico”(10) e di William Polk che lo ha definito “the philosopher of the Islamic Revolution” (11).

NOTE BIBLIOGRAFICHE

1  A.V.: La galassia fondamentalista tra jihad armato e partecipazione politca, Fond OASIS, Intr. A. Plebani.

2  M. Picchi: Sayyid Qutb . La battaglia tra Islam e capitalismo , Marcianum Press , Venezia, 2016.

3  M. Campanini: L’alternativa islamica B. Mondadori, 2012.

4  G. Iacovino: La Fratellanza Musulmana, Atlante Geopolitico del Mediterraneo, ISP S.Pio V, 2012.

5  M. Campanini: L’alternativa islamica , B. Mondadori, 2012.

6  D. Cook: Understanding Jihad,Univ. of California Press, 2015.

7  P. Berman: The Philospher of the Islamic Terror,New York time magazine , 23 marzo 2003.

8  C. Tawil: Brothers in Arms (titolo originario Al-Qa’ida wa Akhawatuha) – SAQI , London , 2010.

9  CTC USMA, Westpoint, Militant Ideology Atlas , 2006

10  R. Guolo: Sociologia dell’Islam. Religione e politica, Mondadori, 2016.

11  W.Polk: Sayyid Qutb Fundamentalism and Abu Bakr Naji Jihadism, www.williampolk.com

 

*Generale Divisione Esercito (Aus), laureato in Scienze Politiche indirizzo islamico presso Istituto Universitario Orientale di Napoli

 

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