Nord Corea: dopo la pandemia da COVID-19 riappare Kim Jong-un. Si prospetta la terza fase della diplomazia con gli Stati Uniti

Di Pierpaolo Piras

Seul. La pandemia da COVID-19 ha monopolizzato TV e giornali di tutto il mondo, annullando o quasi il notiziario della politica internazionale.

Ma questa non ha smesso di esistere e ancor meno di agire silenziosamente e liberamente, com’è suo solito.

Negli anni tra il 2017 e il 2019, la scena mondiale è stata ricca di eventi, animati in primis dalle turbolente relazioni tra Stati Uniti e Corea del Nord.

Una vecchia stretta di mano tra Kim e Trump

Indubbiamente, per tutti i media occidentali, l’esaltazione del conflitto fra i due Stati è stato un ottimo frangente adatto ad incrementare i propri indici di lettura e di ascolto.

Entrambi i leader erano desiderosi di drammatizzare teatralmente le reciproche posizioni.

Questo faceva agio di consensi presso la opinione pubblica.

Kim Jong-un, Presidente nordcoreano, spendeva magistralmente il suo tempo per porre il suo Paese al centro dell’attenzione mondiale mentre Donald Trump manifestava non meno aggressività.

Schematicamente, il dialogo – si fa per dire – tra le due parti si è articolato in due fasi.

La prima nel 2017 si è svolta in un succedersi tra la retorica tonitruante di Kim verso gli USA e il lancio ripetuto di missili verso il Mar del Giappone, tutto in diversa associazione e mirabile tempismo tra loro.

Il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump di converso rispondeva ogni volta a muso duro con il suo dileggio (“Little Rocket Man”) e toni urlati all’insegna del “Fire and fury”.

Il Presidente americano Donald Trump

Nella seconda stagione le relazioni tra i due sono sembrate piegate in una direzione più virtuosa.

Nel giugno 2018 si è giunti ad un incontro tre i due sfidanti, a Singapore. Tra sorrisi da un orecchio e l’altro e manifestazioni (apparentemente) affettuose il vertice si è chiuso con la promessa di rivedersi.

Trump poté addirittura affermare che: “Ora tutti possono sentirsi molto più sicuri del giorno in cui ho assunto il mio incarico”.

L’insuccesso di questo vertice si è palesato, nel febbraio 2019, nel secondo incontro di Hanoi. Qui, sono mancate persino le buone maniere: il vertice è terminato prematuramente senza neanche una dichiarazione congiunta.

Un incontro al confine tra Kim Jong-Un e il Presidente sud coreano Moon Jae-In

La colpa venne attribuita dallo stesso Kim ad alcuni suoi collaboratori, che pare siano stati fucilati al rientro in patria.

Ma, non finisce qui. Dopo qualche mese, Kim e Donald si sono rivisti a cavallo della zona smilitarizzata tra le due Coree. Le numerosissime foto di questo avvenimento storico sono state trasmesse e propagandate ovunque, in tutte le salse della propaganda e a tutte le ore.

Oggi, le beccate tra i due personaggi sembrano andate anch’esse in prolungata quarantena. Ma c’è poco da crederci. Il Governo nordcoreano ha avuto tutto il tempo di rifinire il potenziale nucleare e proseguire i lavori di rafforzamento di sicurezza presso le basi dei missili nucleari a lungo raggio.

La politica estera USA verso la Corea del Nord non è cambiata. Essa si basa fondamentalmente sull’esercizio di una forte pressione con mezzi economici, diplomatici e militari.

L’obiettivo primario è quello di non scatenare una guerra ma bensì portare il governo nord-coreano ad un tavolo di pace e lucrosa di vantaggi reciproci.

Sullo sfondo, per gli USA permane la “reductio ad unum” di tutte le componenti relazionali con la Corea del Nord, ovvero la neutralizzazione dell’arsenale nucleare e le sue basi.

Ad oggi, da un lato sono state “addolcite” le sanzioni attualmente vigenti allo scopo di favorire l’intesa diplomatica, dall’altro Kim si è così ulteriormente convinto che la pratica della sua politica aggressiva sia alla fin fine conveniente e produttiva a proteggere sia il territorio della Corea del Nord che il proprio regime con la sua famiglia.

Per il momento Kim continua a considerare il suo arsenale nucleare come il solo strumento di sopravvivenza e l’unica fonte di prestigio personale in seno alla comunità mondiale.

Kim Jong Un visita una fabbrica militare

I più eminenti protagonisti della grande politica non sono evidentemente riusciti a rasserenare Kim Jong-un e indirizzarlo verso un più salutare convincimento.

Per i suoi gesti e vocaboli, il leader nord-coreano appare spesso come una testa calda, un pazzo pericolosamente imprevedibile. Così piace descriverlo alla stampa occidentale e americana.

Ma all’atto pratico egli appare lucido e razionale nelle sue scelte e pantomime. Vuole essere aiutato in primis con viveri per la popolazione.

Sa che la esibizione pubblica dei grandi automezzi ruotati con gli enormi missili intercontinentali esercitano un intenso e convincente effetto propagandistico, fonte di grande orgoglio nazionale.

Lo stesso dicasi per la presenza nel palco d’onore dei generali insieme agli scienziati realizzatori dell’intero programma nucleare.

Per dimostrarsi moderno e professionale al passo coi tempi, il capo nord-coreano ha cambiato aspetto: nel suo discorso inaugurale del 2019 si è mostrato in giacca e cravatta di buona fattura in vece del lugubre giaccone in stile maoista.

Si fa poi inquadrare allegro e sorridente accanto a sua moglie in abiti eleganti.

Nell’ottica di Pyongyang, gli USA sono percepiti come un pericolo e reputano la politica internazionale statunitense volubile e inaffidabile, specie dopo il ritiro unilaterale degli Stati Uniti dal trattato sul nucleare iraniano del 2018.

Pur avendo argomentazioni a sostegno della propria insicurezza, Kim Jong-un, ha sperimentato e mantiene alcune certezze come la capacità di deterrente del suo apparato nucleare verso un attacco USA, la certezza che in siffatta crisi internazionale non verrebbe abbandonato dalla Cina (e forse anche da Mosca) e che gli stessi americani inibirebbero qualsiasi sviluppo di armamento nucleare in Corea del Sud e nel Giappone.

Molto probabilmente siamo alla vigilia di una terza fase.

Nel discorso alla Assemblea Suprema del Popolo dell’aprile 2019 il leader nord-coreano ha ribadito le sue intenzioni amichevoli verso Donald Trump e l’importanza del dialogo tra loro.

Ha anche detto con molta franchezza che nulla potrà essere deciso senza l’approvazione di Pyongyang.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Autore