Questione dazi, la stampa franco-tedesca attacca Trump. Ma il Presidente è amato nel suo Paese

Di Pierpaolo Piras

Washington. Ultimamente il Presidente Usa, Donald Trump ha comunicato agli organi di stampa che verranno applicati particolari ed elevati dazi (steep tariffs) del 25% all’acciaio ed il 10% all’ alluminio importato. Tale dispositivo varrà, dalla settimana prossima per i Paesi del “NAFTA”, Comunità Europea, Canada e Messico.

Il Presidente Usa, Donald Trump

La stampa finge di sbalordirsi, anche se l’intenzione di The Donald era più che sbandierata durante la lunga campagna elettorale presidenziale.

La stampa europea, specie quella franco-tedesca, non perde, ancora una volta, l’occasione di presentarlo come un sopraffattore economico, capace solo di agire contro il resto del mondo.

Negli USA, dove il legame con gli elettori e, più in generale, con l’opinione pubblica è molto più stretto e vincolante che in Europa, appare del tutto scontato che il Presidente adotti ogni misura capace di frenare la perdita di milioni di posti di lavoro degli workers, determinati dalla concorrenza cinese – dove i salari sono bassissimi ed i diritti sindacali, come in ogni Paese comunista, sono inesistenti – o europea, il tutto in assenza di un accordo comune.

“Le nostre industrie di acciaio e alluminio (e molte altre) sono state decimate da decenni di commercio sleale e cattiva politica con paesi di tutto il mondo. Non dobbiamo permettere che il nostro paese, le aziende e i lavoratori siano sfruttati più a lungo”. Sono state queste le parole che Trump ha pronunciato apertis verbis verso i cittadini americani ed ai soggetti commerciali internazionali.

Canada, Messico, Germania e Corea del Sud sono stati i maggiori fornitori di acciaio verso gli Stati Uniti nel 2017, mentre Russia, Canada ed Emirati Arabi Uniti hanno esportato negli USA la quota maggiore di alluminio nel 2016.

In tale diatriba si nota, però, la presenza di un certo fair play. Si usano toni risentiti ma placidi e smussati. Nessuna rissa tra “gallinacei”.

Questa è la situazione ereditata dai consiglieri pro-commercio di Trump. Gary D. Cohn, il direttore del National Economic Council, ed altri, tra cui il segretario alla Difesa Jim Mattis e Rob Porter che non trascurano l’aspetto diplomatico per limitare la portata delle misure. Dalla loro c’è il fatto che anche l’Unione europea pratica dazi (variabili secondo generi merceologici e quantità) sulla importazione dai Paesi non comunitari con pagamento effettuato alla prima dogana d’entrata. Di questo la stampa europea ne parla poco o niente.

Le intenzioni di Trump sono esplicitamente espresse nella frase: “We’re bringing it all back” (riporteremo le cose così come stavano prima).

Egli ha dato inconsapevolmente, un insegnamento a tutti coloro i quali pensano di poter andare meglio solo se da soli ed indipendenti.

L’Europa, e pertanto anche l’Italia, potrà in questo frangente contrattare un accordo (che tutti i sentori presagiscono a breve) solo se grande,unita e quindi potente. In caso contrario la speculazione internazionale penetrerebbe speculativamente l’economia dei singoli come un coltello nella crema.

L’Unione Europea è sicuramente un opportunità politica, anche sotto il profilo internazionale ma è, tale vicenda sui dazi lo dimostra, un’insopprimibile necessità.

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