Turchia, la volontà di Ankara di mettere le mani sulle risorse energetiche del Kurdistan

Di Pierpaolo Piras

Ankara. Negli ultimi giorni, le Forze Armate turche hanno sviluppato una violenta operazione militare nei territori nord-orientali della Siria contro un un’alleanza delle milizie curde, vigenti nell’area.

L’area del Kurdistan

Cronologicamente, l’offensiva turca è iniziata subito dopo l’annuncio di Donald Trump, Presidente degli USA, di ritiro delle truppe statunitensi, presenti nella zona di confine, come presidio contro le forze islamiste radicali, militarmente attive in quelle realtà presidio del sedicente “Stato Islamico”.

Il Presidente Trump

Consideriamo le motivazioni principali dell’attacco turco:

  • La Turchia considera storicamente le milizie curde alla stregua di qualsiasi gruppo terroristico e pertanto da annientare senza possibilità di mediazione positiva.
  • Il Governo turco ha dichiarato che l’obbiettivo primario è la costituzione di una “zona sicura”, libera da combattenti curdi e profonda 32 km in territorio siriano, dove ipotizza di insediare fino a due milioni di profughi siriani, attualmente rifugiati in Turchia.
  • Le risorse petrolifere son al centro del problema, anche se in pochi ne parlano
  • L’Anatolia costituisce la zona di transito di tutti gli oleodotti che alimentano l’Europa e le coste del Mediterraneo.

Attualmente la guerra infuria con l’utilizzo di forze terrestri ed aeree, senza riguardi sia per la società civile che per i centri di soccorso e gli ospedali.

Continua il martirio del popolo curdo (circa 30 milioni in tutto) sempre strumentalizzato dalle grandi potenze, locali e non, privo di una patria ma suddiviso tra quattro Stati: Iraq, Siria, Iran e Turchia.

E disposto strategicamente tra il Mar Nero ed il Mar Caspio.

L’area geografica da essi occupata (Kurdistan) è ricca di petrolio e di gas combustibile. Che gli Stati suddetti considerano come irrinunciabile risorsa economica a favore del proprio bilancio statale.

Le ricerche hanno riscontrato giacimenti petrolifere per miliardi di metri cubi dei quali circa un terzo è compreso nei territori abitati dai curdi.

La ricchezza petrolifera e di gas naturale del Kurdistan rende preziose queste terre anche per i maggiori consumatori dell’oro nero come i Paesi europei, USA e tutti gli altri Stati industrializzati, sparsi nel mondo.

Se l’intero Kurdistan fosse uno Stato indipendente si classificherebbe al decimo posto al mondo, subito dopo la Libia.

Il Kurdistan e le risorse petrolifere sono strategicamente legati. Ecco perché, negli ultimi anni, gli Stati Uniti hanno appoggiato le forze curde (peshmerga) nella loro ultima guerra contro i miliziani dell’ISIS .

Pur considerando i cospicui giacimenti del Kurdistan ancora da trivellare, la forma più organizzata di sfruttamento estrattivo sta nel Kurdistan iracheno, nella città di Erbil, dove, a seguito della caduta di Saddam Hussein, è stata costituita la Regione Autonoma del Kurdistan, con a capo il Partito autonomista curdo KRG.

Non è un caso che dal 2007, le grandi multinazionali del petrolio come Chevron, Exxon Mobile, Total ed altre, abbiano aperto e reso operativi i propri uffici ad Erbil.

La città di Erbil

Ancora più significativa è l’attivazione (2014) di un nuovo gasdotto che collega il campo petrolifero di Khurmala, a Sud di Erbil, con i porti del Mediterraneo, passando il Kurdistan turco, per poi raggiungere la destinazione finale nei porti europei.

La Turchia occupa una posizione del tutto singolare, trovandosi sulle vie di transito degli oleodotti e dei gasdotti provenienti dalla Russia, Turkmenistan, Iran, Iraq ed altri meno importanti, alcuni dei quali sono già pienamente attivi.

Ancora, la Turchia assume un’importanza cruciale per la proprietà geografica di costituire la migliore base d’accesso al Mediterraneo per quei Paesi con circa il 70% delle riserve, oggi conosciute, del gas e petrolio mondiali.

Altri dati analoghi suggeriscono diverse interpretazioni sul costosissimo attacco turco contro i curdi dell’enclave nordorientale siriana.

Può Ankara permettere che le pipeline provenienti dall’Est possano essere interrotte in quanto passanti per il territorio curdo?

Alcuni anziani curdi

Tecnicamente è un pericolo reale visto lo stato perennemente conflittuale esistente tra Recep Tayyp Erdogan, Presidente della Turchia e la popolosa etnia curdo-turca.

La politica internazionale dovrà trovare una risposta pacificatrice a questa ed analoghe domande.

Visti i conflittuali precedenti politici di quest’area, resa importante solo dall’abbondanza del petrolio, ed alla luce del tragico destino finale del popolo curdo, storicamente deciso dalle maggiori potenze europee al termine delle due Guerre mondiali, il caloroso invito rivolto alla Turchia dalle maggiori potenze europee, di cessare le ostilità ed interrompere le forniture di armi, appaiono uno straordinario esempio di ipocrisia da dare in pasto ad un’opinione pubblica, erroneamente ritenuta come credulona.

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