Guardia di Finanza: Messina, finte residenze in Italia e finti stati d’indigenza per ottenere l’assegno sociale. Scoperti 7 indebiti percettori e disposti sequestri per oltre 200.000 euro

Di Massimo Giardinieri

Messina. Ammonta ad oltre 200.000 euro la somma che i finanzieri del Comando Provinciale di Messina hanno sequestrato – su disposizione del GIP del Tribunale peloritano – nei confronti di sette soggetti di origini siciliane, ritenuti responsabili di aver per anni indebitamente percepito il c.d. “assegno sociale” erogato dall’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale (INPS).

Le indagini condotte dai finanzieri del Comando Provinciale di Messina – Compagnia di Taormina, si sono infatti rivolte nel settore operativo della ricerca, prevenzione e repressione delle violazioni commesse in danno del bilancio dello Stato, delle Regioni, degli Enti locali nonché dell’Unione europea, e si sono avvalse d’una mirata attività di analisi finalizzata ad intercettare indebite percezioni di prestazioni previdenziali come quella di cui sopra.

Più nel del dettaglio, trattandosi di una misura di sostentamento finanziario destinata a persone versano in condizioni economiche oggettivamente disagiate, i controlli dei finanzieri si sono rivolti verso l’effettiva presenza di previsti requisiti reddituali nonché di quelli anagrafici, questo perché il beneficio in parola è destinato ai cittadini italiani di età superiore ai 66 anni e 7 mesi,  oltre che aventi stabile e continuativa dimora nel territorio italiano da almeno 10 anni, fattore questo che esclude automaticamente dal beneficio chi soggiorna all’estero per lunghi periodi.

Grifo blu, simbolo della Guardia di Finanza

Proprio sulla base di tali fattori, e marcatamente su quello dell’effettiva residenza in territorio nazionale, si è infatti focalizzata l’attenzione degli investigatori i quali hanno così cominciato a selezionare una serie di individui che presentavano al riguardo significativi “profili di rischio”.

Da questi riscontri sono così saltati fuori diversi soggetti i quali, solo formalmente, risultavano essere rientrati in Italia da Paesi dell’Est Europa e del Sud America, ma che avevano intanto ottenuto la residenza in piccoli Comuni del Messinese in virtù della quale, nel giro di pochi mesi, hanno così potuto presentare l’istanza per l’ottenimento del suddetto beneficio.

Come però emerso nel corso dell’indagine tale stratagemma altro non era che un fittizio trasferimento della propria residenza in Italia, chiaramente funzionale ad accedere alla prestazione previdenziale di cui sopra non appena raggiunta l’età minima richiesta.

Tra le casistiche fraudolente scoperte dalle fiamme gialle ne sono emerse alcune veramente paradossali come quella di mantenere la residenza presso abitazioni di fatto mai abitate pur dimorando stabilmente in Sud America, l’essere iscritti alle liste dei medici di base della zona senza mai essere stati visitati una sola volta, gli acquisti documentati di medicinali presso le locali farmacie che però venivano effettuati da persone compiacenti in possesso delle tessere sanitarie dei “residenti” in questione, la finta separazione legale dal coniuge per rientrare nei parametri reddituali richiesti e finanche l’omissione della propria professione di architetto ancora esercitata.

Fatti salvi i provvedimenti giudiziari che scaturiranno dai successivi stati di giudizio, per l’Autorità Giudiziaria inquirente il quadro probatorio emerso a carico degli stessi indagati restituisce una realtà ben diversa da quella che questi volevano dimostrare e che – proprio attraverso l’uso di false dichiarazioni come quelle sopra descritte – puntava evidentemente a trarre in inganno l’INPS consentendo agli stessi di intascare – dal 2016 al 2021 – somme alle quali non avevano alcun diritto e che il GIP del Tribunale di Messina quantifica esattamente in 203.653 euro, importo su cui ha conseguentemente ordinato un sequestro c.d. “per equivalente” di beni e disponibilità finanziarie a carico dei responsabili.

 

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