Di Annalisa Triggiano*
Roma. L’integrazione e la prospettiva di genere sono, da diversi anni a questa parte, temi di notevole importanza anche per il Comparto Difesa. Esse trovano oramai piena cittadinanza in molti documenti Ufficiali del Ministero. Nell’ambito, ad esempio, del cosiddetto Libro Bianco della Difesa (i) un ampio spazio è conferito al modello di Governance più adatto a garantire al meglio l’efficienza operativa delle Forze Armate. Ebbene, l’integrazione e il benessere del personale militare assumono piena dignità di obiettivo strategico.
Dunque, si profila una stretta correlazione tra razionalizzazione del modello organizzativo, miglioramento della Governance e cultura delle pari opportunità, sia pur compatibilmente con i rigidi parametri di bilancio.
Altrettanto rilevante mi sembra quanto emerge dalla lettura di un altro documento, il cosiddetto Piano della Performance della Difesa, aggiornato al biennio 2016-2018. Tale ultimo provvedimento ha, tuttavia, trovato attuazione completa solamente nel 2016, attraverso l’emanazione del D.P.R. 9 maggio 2016, n. 105. In particolare, le “Pari Opportunità” rientrano a pieno titolo tra le priorità del Ministero indicate nel documento in esame.
Quantomeno a livello programmatico, vi è dunque un’attenzione notevole del Ministero della Difesa ai temi dell’integrazione e delle pari opportunità. È da verificare, quanto sia stato fatto nel concreto, ripercorrendo le criticità che hanno portato all’ammissione delle Donne alla carriera militare, sulla base dei dati statistici ufficiali degli ultimi anni i quali – l’avvertenza è doverosa – al momento in cui si scrive risultano fermi al 2015.
Le donne nelle Forze Armate in Italia
Come è noto, il processo di integrazione nell’organizzazione monogenere per eccellenza, per dirla con il linguaggio classico dei sociologi, è iniziato con l’approvazione della legge delega del 20 ottobre 1999, n. 380. A quasi vent’anni dalla svolta, si evidenziano – a prescindere dall’ancora esigua percentuale femminile – situazioni di criticità strutturali dello Strumento militare che vale la pena di ricordare, in quanto ben evidenziate nel Libro Bianco della Difesa e consistenti, in particolare:
a) nell’età media piuttosto elevata del personale;
b) nei significativi sbilanciamenti nella ripartizione tra gradi e categorie del personale, derivanti dalla consistente contrazione complessiva del personale in servizio;
c) nell’eccessiva rigidità di sistema, che genera sproporzione tra ruoli non operativi e ruoli operativi;
d) nella mancanza di una ‘riserva operativa’ efficace, lacuna, questa, più volte evidenziata e rappresentata anche dai vertici NATO.
È appena il caso di ricordare che le donne, in Italia, sono entrate e restano nella vita professionale militare su base volontaria, come avviene in ogni Paese NATO in cui sono presenti.
L’apertura alle donne della carriera militare si è realizzata perché – sottolineano, ancora, a buon diritto, i sociologi – vi è stretta correlazione tra l’impiego delle donne nelle Forze Armate e l’efficacia dell’azione delle unità militari, specie in operazioni e missioni ‘non convenzionali’.
È proprio in quest’ottica, peraltro, che è stata approvata, all’unanimità, il 31 ottobre del 2000, la Risoluzione ONU 1325 su “Donne, Pace e Sicurezza”, la quale, nello specifico, ha sancito i seguenti quattro obiettivi strategici:
– riconoscere il ruolo fondamentale delle donne nella prevenzione e risoluzione dei conflitti;
– prevedere una maggiore partecipazione nei processi di mantenimento della pace e della sicurezza nazionale;
– adottare una “prospettiva di genere”, nel senso più sopra analizzato;
– formare il personale sui diritti delle donne (ii).
Se è vero che l’Italia è stata l’ultimo Paese in ambito NATO, sotto il profilo cronologico, ad adeguarsi a un sistema di reclutamento misto, è anche vero che ciò, diversamente da altre Nazioni, è avvenuto sin dal primo bando di concorso in assenza di limitazioni.
La sola preclusione era costituita dall’art. 1, comma 6, della legge 380 del 1999, ove era prevista la definizione annuale, da parte del Ministero della Difesa, su proposta del Capo di Stato Maggiore della Difesa, delle specifiche aliquote massime di reclutamento del personale femminile.
Ma questa norma, costata peraltro all’Italia una procedura di infrazione da parte della Corte Europea, è stata abolita dall’art. 26 della ‘Legge Comunitaria’ n. 29 del 2006 (iii).
Le parole d’ordine, insomma, sono state gradualità e contenimento, quantomeno temporaneo, delle quote. In particolare gli impieghi nelle Forze Speciali e in quelle degli Incursori e Sommergibilisti erano precluse al personale femminile, in ragione, testualmente, del “costo proibitivo necessario a modificare i sottomarini in servizio per poter dare un’appropriata sistemazione alla componente femminile a bordo, così come l’elevatissimo livello dei requisiti fisici richiesti per le attività svolte dalle Forze Speciali”(iv).
Ricapitoliamo allora, sinteticamente, dati alla mano, i ‘numeri’ concreti dell’avvio di questa ‘rivoluzione’.
I primi bandi di concorso relativi al reclutamento misto nelle Accademie Militari dell’Esercito, Marina e Aeronautica sono stati pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale del 4 gennaio 2000.
L’adesione ai concorsi nelle Accademie, in quella occasione, è stata massiccia ed ha superato di gran lunga quella degli altri Paesi europei: l’Accademia Militare di Modena ha ricevuto 22.692 domande di cui il 54,91% da parte di donne (295 posti a disposizione), l’Accademia Navale di Livorno ha ricevuto 7.444 domande, di cui il 57,04% da donne (per 155 posti), l’Accademia Aeronautica di Pozzuoli 12.546 domande e la percentuale delle concorrenti è stata del 50,84% (per 136 posti) (v).
A una alta percentuale di domande di partecipazione, tuttavia, ha fatto da contrappeso – ma il dato è stato considerato, giustamente, fisiologico – uno scarso peso delle donne nell’organico complessivo Forze Armate: “today women constitute 0,1% (438 units) of the Italian Armed Forces” (vi).
Sempre stando al rapporto NATO qui citato, l’Esercito ha impiegato la maggioranza della forza femminile (0,2%, con 343 unità), seguito dalla Marina (0,1%, ovvero 50 unità), per poi passare all’Aeronautica (0,06%, pari a 50 unità) e, infine, i Carabinieri (0,04%, dunque sole 5 donne).
La superiorità, relativa, delle percentuali dell’Esercito si spiega anche in relazione al fatto che quest’ultimo, a differenza delle altre Forze Armate, ha deciso di aprire da subito tutte le categorie di reclutamento alle donne, bandendo anche concorsi straordinari per volontari in ferma breve triennale e agli inizi del 2001 le prime volontarie sono state già impiegate in missioni all’Estero.
A giustificare numeri, in definitiva, così esigui concorrevano sia i limiti imposti delle aliquote sia, probabilmente, il fatto che le donne sposate e quelle con prole erano legislativamente escluse dal bacino delle potenziali concorrenti.
Le prescrizioni sottoposte, in due riprese, al vaglio di costituzionalità erano contenute nel d.lgs. 24 del 2000.
Quanto al requisito dell’essere senza prole per potere arruolarsi nelle Forze Armate, esso è stato ritenuto incostituzionale con la sentenza della Corte Costituzionale del 24 luglio 2000, n. 332. Anche il nubilato ha cessato di essere requisito indispensabile per l’ammissione ai concorsi militari grazie a una pronuncia del Giudice delle Leggi (sentenza del 12 novembre 2002, n. 445).
In questo contesto di grandi cambiamenti si è inserita anche una importante Direttiva sull’Etica Militare, diramata dallo SMD nel 2002, nella quale si è preso atto della necessaria costruzione di un nuovo codice relazionale, che tenesse atto della complessa incipiente e nuova realtà.
Nella Direttiva in questione – mi sembra significativo sottolinearlo – i tempi non erano ancora sufficientemente maturi per l’adozione, esplicita, di una ‘prospettiva di genere’.
Le aliquote massime di personale femminile sono state abolite nel 2006 ed è interessante innanzitutto verificare, sulla scorta dei dati ufficiali a nostra disposizione, l’impatto immediato del venir meno della restrizione. Le fonti consultate per la raccolta e l’analisi dei dati sono costituite dalle Relazioni Parlamentari sullo stato della disciplina militare e dell’organizzazione delle Forze Armate, reperite, anno per anno, all’indirizzo internet istituzionale del Senato della Repubblica.
Consideriamo, allora, le percentuali del 2007.
La Relazione dell’anno in questione ci presenta un personale femminile “in lieve ma costante aumento, sia per quanto riguarda gli Ufficiali, Sottufficiali e Truppa, sia per quanto concerne le Allieve delle Accademie e delle Scuole Marescialli. Tale personale ha dimostrato di essere fortemente motivato riuscendo ad integrarsi nei diversi ambienti lavorativi ed in contesti operativi di particolare rilievo” (vii).
Al 30 settembre 2007, l’Esercito contava 6.722 donne, la Marina 1447, l’Aeronautica 509 e i Carabinieri 943, per un totale del personale femminile di 9621 unità.
Alla data del 31 dicembre 2008 la consistenza numerica del personale femminile constava di 8396 unità, suddivise in 829 Ufficiali, 565 Sottufficiali, 7002 Militari di Truppa.
Se si guarda alla suddivisione per singola Forza Armata, l’Esercito detiene il primato con 5373 unità, seguito dalla Marina (1462), dai Carabinieri (951) e infine l’Aeronautica (610) (Viii). Va inoltre sottolineato che nell’anno in questione sono state reclutate 3.428 unità su 27597 posti complessivi messi a concorso. Nell’anno in questione, infine, si segnalavano 6 casi di molestie sessuali.
L’anno 2009 ha segnato una svolta notevole per l’integrazione delle donne nelle Forze Armate, poiché dall’anno accademico 2009-2010 (ix) sono state reclutate allieve anche presso le Scuole Militari. Il dato, considerato giustamente dagli Studiosi come un «fatto simbolico rilevante» merita di essere certamente sottolineato anche perché i numeri delle aspiranti collegiali, come dimostrano alcune recenti indagini, risultano tuttora in grande crescita. L’arruolamento era stato escluso sia per problemi infrastrutturali, che impedivano un avvio ‘interforze’, sia perché non si disponeva appieno di personale di inquadramento di sesso femminile.
Questi, allora, i numeri complessivi (x): la forza femminile globale, al 31 dicembre 2008, ammontava a 10206 unità, di cui, per gradi, 846 Ufficiali, 646 Sottufficiali, 8714 Militari di Truppa.
Se si guarda alla suddivisione per Arma: 6760 unità nell’Esercito, 1663 nella Marina, 1077 nei Carabinieri e 706 nell’Aeronautica. Un deciso passo in avanti, insomma, rispetto all’anno precedente. Considerando i dati del reclutamento, nell’anno in esame sono state arruolate 3784 unità femminili su 24790 posti a concorso.
A questi dati si possono aggiungere, come anticipato, quelli relativi al secondo semestre del 2009. che ha visto l’esordio delle donne come allieve frequentanti a pieno titolo delle Scuole Militari, con un totale di 53 allieve così suddivise:
11 alla Nunziatella, 13 alla Teuliè, 9 al Collegio Morosini e 20 alla Scuola Douhet.
Numeri ancora in crescita considerando l’anno 2010 (xi), caratterizzato, peraltro, dalla importante entrata in vigore del Codice dell’Ordinamento Militare (d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66).
A dieci anni dall’ingresso delle donne nelle Forze armate, questa era la situazione numerica: al 31 dicembre 2010, si registravano 10802 unità. di cui, per gradi 957 Ufficiali, 727 Sottufficiali, 9118 Militari di Truppa.
Complessivamente, l’Esercito raggruppa 6887 unità, seguito dalla Marina con 1820, infine Carabinieri con 1317 e Aeronautica con 778. Se si guarda al reclutamento, le donne reclutate sono state 3074 unità su 26566 posti totali. Nella Relazione, inoltre, viene sottolineato un dato interessante relativo alla progressione di carriera. Il grado più elevato raggiunto da una donna nelle Forze Armate, aggiornato all’anno in questione, è quello di Maggiore e per quanto concerne «la possibilità delle donne di raggiungere la dirigenza […] secondo una proiezione teorica il primo Ufficiale donna sarà valutato per l’avanzamento al grado di Colonnello tra circa 14 anni».
Al 31 dicembre 2011, secondo la Relazione parlamentare, risultavano in servizio 11776 donne: 1055 Ufficiali,
868 Sottufficiali, 9853 Militari di Truppa.
L’Esercito contava 7516 unità di sesso femminile, la Marina 1864, i Carabinieri 1524 e l’Aeronautica 872. Considerando il reclutamento, sono state reclutate 3112 donne su 23238 posti disponibili, con una percentuale di immissione intorno al 14%. L’anno in questione si caratterizza, tuttavia, anche per il dato percentuale comunque significativo dell’incremento dei casi di molestie sessuali (12 casi denunciati, contro i 5 dell’anno precedente (xii).
L’anno 2012 si è caratterizzato per una lieve flessione del numero totale delle donne impiegate nelle Forze Armate: si annoveravano, infatti, 11108 unità, così suddivise per gradi 1118 Ufficiali, 1057 Sottufficiali, 8933 Militari di Truppa.
La distribuzione per Arma era la seguente: 6689 militano nell’Esercito, 1890 nella Marina, seguita dai Carabinieri (1553 unità) e dall’Aeronautica (976). Sono state reclutate 2389 donne su 16557 posti, pari circa al 14,43%. Mi sembra rimarchevole l’effetto della ‘spending review’ anche sul numero di posti messi a concorso, sensibilmente calato rispetto agli anni precedenti.
L’impatto della contrazione della spesa publica (xiii) si è avvertito anche per quello che riguarda la situazione generale del 2013, sia pure con effetti limitati, come riporta la Relazione, alla riduzione quantitativa degli organici (xiv).
La presenza femminile al 31 dicembre 2013 era la seguente: 11183 unità, di cui: 1185 Ufficiali, 1157 Sottufficiali,
8841 Militari di Truppa, così suddivise: l’Esercito annovera 6299 elementi, la Marina 1940, seguita a breve distanza dai Carabinieri (1852) e infine l’Aeronautica (1092 unità). Da un punto di vista della disciplina, l’anno in questione fa comunque registrare quattro casi di molestie sessuali e altrettanti di stalking.
La Relazione, infine, conferma la proiezione per cui il primo ufficiale donna a poter essere valutato per l’avanzamento al grado di Colonnello dovrà attendere 11 anni.
Vengo, allora, ai dati elencati nelle Relazioni più recenti a nostra disposizione, quella del 2014 (xv) e quella del 2015.
Da un punto di vista della consistenza numerica complessiva, il 2014 non si discosta molto dall’anno precedente, facendo registrare 11189 unità femminili in servizio: 1290 Ufficiali, 1252 Sottufficiali, 8647 Militari di Truppa, così ripartite: 6402 nell’Esercito, 2030 nella Marina, 1655 nei Carabinieri, e 1102 nell’Aeronautica.
Nell’anno in questione sono state reclutate, inoltre, 2586 donne, su 19362 immesse a fronte di 21377 posti messi a concorso, con una percentuale del 13%. Si sono registrati, inoltre, 3 casi di molestie sessuali e 1 di stalking (xvi).
Sostanzialmente invariati i dati ufficiali del 2015, gli ultimi a nostra disposizione in ordine di tempo, che per completare e attualizzare la ricerca possono essere confrontati con quelli ufficiali della NATO.
Il 2015 è stato caratterizzato dalla Redazione del Libro Bianco e dalla prosecuzione dall’opera di contenimento della spesa pubblica per il riordino, in senso numericamente riduttivo, delle Forze Armate.
Scendiamo nel dettaglio dei dati e possiamo osservare che al 31 dicembre 2015, le Forze Armate e l’Arma dei Carabinieri hanno registrato la presenza di 11.895 unità (incluse le Allieve delle Scuole Militari) così ripartite: 1.340 Ufficiali, 1.374 Sottufficiali, 9.181 Sovrintendenti, graduati, militari di truppa ed allieve.
Nell’anno 2015, sono state reclutate 2.158 donne su 19.881 posti messi a concorso, a fronte di 35.161 domande presentate. Il dato esprime una percentuale di immissione di personale femminile intorno all’11% di tutto il personale reclutato, sostanzialmente in linea con il dato riferito al 2014, quando i posti messi a concorso erano tuttavia circa 1500 in più di quelli del 2015.
Nel dettaglio, nell’Esercito militano 6402 donne, su un totale di Forza Armata di 98089 unità e dunque una percentuale del 6,28%. Nella Marina Militare si registra la presenza complessiva di 2157 donne (comprese le Capitanerie di Porto), su un totale di Forza Armata di 40952 unità e quindi una percentuale rispetto alla consistenza totale del 5,51%.
L’Aeronautica Militare consta, complessivamente, di 1255 unità femminili su un totale di 41284 in servizio (pari al 3,04%). Per quanto riguarda i Carabinieri, le donne sono 2220 su 99550 (pari al 2,23%). Su un totale di Forze Armate di 279865 unità, le donne ne costituiscono, in definitiva, il 4,25%.
Se si guarda, poi, alle percentuali relative al personale reclutato nel 2015, sono state reclutate 2158 donne, a fronte di 35161 domande femminili presentate e di 19881 posti messi a concorso.
A questo punto, e con riferimento particolare ai dati appena citati, è possibile una comparazione di più vasto respiro e più ampia portata con i dati disponibili in ambito Nato, condensati nel recente rapporto Nato sulla condizione femminile negli Stati Membri e partners (xvii).
In primo luogo, occorre riflettere sul dato più generale, costituito sulla media delle donne in servizio attivo in area Nato nell’anno 2015, pari a una percentuale del 10,8% che costituisce – secondo il Rapporto – il dato più elevato raggiunto negli ultimi 16 anni.
Quali Paesi, allora, si collocano al di sopra, o al di sotto, di questa percentuale media?
Il Paese con il più alto numero percentuale di donne in servizio attivo è l’Ungheria (20%), seguita dalla Lettonia (16.2%), dalla Slovenia (16.1%), dalla Grecia (15.5%) con gli Stati Uniti (15.5%).
l’Italia, in questo contesto, sinteticamente richiamato, si pone tuttora molto al di sotto della media NATO, con il 4.1% (a fronte, per citare solo i più vicini geograficamente, di Paesi come Spagna e Portogallo che si attestano, rispettivamente, al 12.5 e all’11%).
Dove le statistiche sono più favorevoli all’Italia – sempre se poste a confronto con l’Area NATO – è nel settore delle Applications, perché le percentuali di domande di concorso provenienti da donne, se commisurate al totale dei posti disponibili per concorso collocano l’Italia al 20.6%.
Altra percentuale che vede l’Italia in una posizione di rilievo in ambito NATO riguarda le Reservist Women: il nostro Paese si attesta al 14.2%, a fronte di una media dell’8,4%(gli Stati Uniti occupano la prima posizione con una percentuale del 19%).
È interessante anche considerare la distribuzione del personale femminile tra le Forze Armate in ambito NATO. Come si è constatato, in Italia – anche perché i numeri dei posti messi a bando sono i più alti – la presenza delle donne nell’Esercito supera di gran lunga quella delle altre Forze Armate. Ebbene, anche nell’area NATO i dati sono, su scala naturalmente più larga, confermati: il 49% delle donne in servizio milita nell’Esercito, il 21% in altri Corpi, il 12% nella Marina e il 18% nell’Aeronautica.
Le aree di impiego ove la componente femminile è maggiormente presente riguardano, per lo più, i ruoli tecnico-logistici (18,9%). Infine, le percentuali NATO sul grado ricoperto dalle donne in servizio nel 2015 mostrano che il 28,8% di esse riveste il ruolo di Ufficiale, mentre il 71,2% milita in gradi inferiori. Infine – e sempre stando al Rapporto NATO qui all’esame – nel 2015 risulta che il 15,4 dei Paesi membri NATO prevede posizioni di carriera e Reparti preclusi alle donne.
Sotto quest’aspetto, tuttavia, emergono dati rassicuranti: il nostro Paese ha al giorno d’oggi raggiunto un livello di integrazione pressochè totale, venendo le donne reclutate, e impiegate, in tutti i Reparti, ivi compresi quelli più impegnativi da un punto di vista dell’addestramento fisico, quali ad esempio la Brigata Folgore o le flotte di sommergibili, prima, come si è osservato, preclusi. Quali, allora, le criticità emerse a quasi 18 anni dall’arruolamento delle prime donne? Quali le iniziative specifiche intraprese, o da intraprendere, anche sotto l’egida programmatica di Organismi e Istituzioni sovranazionali?
Mi sembra interessante, al fine di tentare quantomeno di svolgere qualche riflessione personale su questi interrogativi, accennare innanzitutto ad alcuni passaggi contenuti in un recentissimo documento programmatico approvato dal Consiglio d’Europa il 21 giugno 2016 e trasmesso al Senato della Repubblica il 1 luglio 2016 (xviii).
L’art. 2 stigmatizza il fatto che, in generale, e lo si è constatato poco sopra, «nonostante gli eserciti europei siano diventati gradualmente più ricettivi al reclutamento delle donne negli ultimi decenni, le donne continuano a essere ancora in minoranza nei ruoli militari, soprattutto nei gradi più alti».
E alla luce di quanto ho segnalato in precedenza, mi sembra significativo riflettere sul punto 6.2.4 della Risoluzione, il quale raccomanda agli Stati Membri che ne siano ancora di privi, come l’Italia, di «creare e sostenere il funzionamento di reti di donne militari».
Ulteriori indicazioni programmatiche, alle quali è senza dubbio interessante accennare, provengono dalla LXI Sessione della Commissione delle Nazioni Unite sulla condizione femminile (CSW), tenutasi a New York dal 13 al 24 marzo 2017 (xix).
All’Italia, in particolare, è stato riconosciuto con plauso l’impegno nelle iniziative in materia di partecipazione femminile alla vita imprenditoriale. Più in particolare, tuttavia, il Ministero della Difesa ha sottolineato che «il valore aggiunto apportato dalle donne alle missioni umanitarie e a quelle condotte in vari teatri di operazioni, anche mediante la realizzazione dei progetti CIMIC di cooperazione militare-civile, si rivelato di cruciale importanza in quanto elemento catalizzatore per l’empowerment delle donne.
Appare oramai chiaro che la presenza delle donne nelle Forze Armate è, oggi, una realtà in via di stabilizzazione per quello che riguarda le policies di organizzazione. Sebbene lungo tutto il primo decennio di reclutamento (e oramai siamo giunti quasi alla conclusione del secondo) si sia assistito a un positivo e progressivo abbattimento di tutte le limitazioni all’arruolamento, si lamenta ancora, da parte degli studiosi, la mancanza di programmi specifici incentrati sul gender, e di mentoring finalizzati all’empowerment femminile.
Ma, in questo senso, la creazione di una ‘Rete’ di supporto (se non istituzionale, quantomeno riconosciuta dalle Istituzioni) alle donne in servizio potrebbe costituire un ulteriore incentivo all’arruolamento, e rappresenterebbe una risposta vincente, una sfida da cogliere.
Anche in questo caso, l’osservazione delle esperienze estere potrebbe portare, se ben sfruttata, a risultati proficui.
Alludo, in particolare, tra le moltissime operanti negli USA, alla Rete SWAN-Service Women’s Action, fondata nel 2007 con l’obiettivo ambizioso di diventare «the Nation’s most influential and effective Network of Service Women” (xx).
GRAFICI ESPLICATIVI E RIEPILOGATIVI
Arruolamento femminile per Gradi
Anno | Ufficiali | Sottufficiali | Militari truppa | |
2008 |
829 |
565 |
7002 |
|
2009 |
846 |
646 |
8714 |
|
2010 |
957 |
727 |
9118 |
|
2011 |
1055 |
868 |
9853 |
|
2012 |
1118 |
1057 |
8933 |
|
2013 |
1185 |
1157 |
8841 |
|
2014 |
1290 |
1252 |
8647 |
|
2015 |
1340 |
1374 |
9181 |
Arruolamento femminile per le Forze Armate
Anno | Esercito | Marina | Aeronautica | Carabinieri | Totale Forze Armate consistenza femminile |
2007 |
6722 |
1447 |
509 |
943 |
9621 |
2008 |
5373 |
1462 |
610 |
951 |
8396 |
2009 |
6760 |
1663 |
706 |
1077 |
10206 |
2010 |
6887 |
1820 |
778 |
1317 |
10802 |
2011 |
7516 |
1864 |
872 |
1524 |
11776 |
2012 |
6689 |
1890 |
976 |
1553 |
11108 |
2013 |
6299 |
1940 |
1092 |
1852 |
11183 |
2014 |
6402 |
2030 |
1102 |
1655 |
11189 |
2015 |
6402 |
2157 |
1255 |
2220 |
11895 |
Fonte: Rielaborazione personale dei dati Parlamentari
ihttp://www.difesa.it/Amministrazionetrasparente/bilandife/Documents/Bilancio2014/01_DPP_2014_2016.pdf.
ii Vale la pena sottolineare che il tema è stato oggetto di indagine anche nel recentissimo P. Sartori-A. Scilla, Women and Peace Operations: the Achievement of the Italian Mission in Herat, in IAI Working Papers, 23, maggio 2017 (www.iai.it).
iii Poi trasposta nell’art. 639 del d.lgs. 66/2010.
iv http://www.difesa.it/Primo_Piano/Documents/Approfondimenti/DIFESA_cap_10_%20le%20donne_B15new-14set.pdf., 11.
v Fonte: Approfondimento del Ministero della Difesa, 2001: http://www.difesa.it/Content/ServizioFemminile/Pagine/default.aspx
vi Dati tratti da NATO, Committee on Women in the NATO Forces, 25th Anniversary, Year in Review 2001, Special Edition, 51. Il rapporto è stato consultato all’indirizzo web: http://www.nato.int/ims/2001/win/win-2001.pdf
vii Relazione sullo stato della disciplina militare e dell’organizzazione delle Forze Armate, anno 2007, 15 (estratto da www.senato.it).
viii Relazione sullo stato della disciplina militare e dell’organizzazione delle Forze Armate, anno 2008, 17 (estratto da www.senato.it).
ix http://www.ilgiornale.it/news/ragazze-invadono-scuole-militari.html-
x Relazione sullo stato della disciplina militare e dell’organizzazione delle Forze Armate, anno 2009, 26 ss. (estratto da www.senato.it).
xi Relazione sullo stato della disciplina militare e dell’organizzazione delle Forze Armate, anno 2010, 18 ss. (estratto da www.senato.it).
xii Relazione sullo stato della disciplina militare e dell’organizzazione delle Forze Armate, anno 2011, 9 ss. (estratto da www.senato.it)
xiii Cfr. D.P.R. 12 febbraio 2013, n. 95.
xiv Relazione sullo stato della disciplina militare e dell’organizzazione delle Forze Armate, anno 2013, 10 ss. (estratto da www.senato.it)
xv Senato della Repubblica, Relazione sullo stato della disciplina militare e dell’organizzazione delle Forze Armate, anno 2014, 18 ss. (estratto da www.senato.it)
xvi I dati, in sé considerati, sono assai più contenuti rispetto al caso, ad esempio, delle denunce pervenute alle Autorità Giudiziarie negli USA: cfr. quanto rilevato da F. Farina, Donne nelle forze armate, cit., 123 ss.
xvii NATO, Summary of the National Reports of NATO Members and Partner Nations to the NATO Committee on Gender Perspectives, 2015, reperibile al sito istituzionale www.nato.int
xviii www.senato.it.
xix www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/01009221.pdf.
xx www.servicewomen.org/who-we-are.
*Avvocato e dottore di ricerca, già collaboratrice del Ce.Mi. SS.
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