Crisi Cina Popolare-Taiwan. Generale Giuseppe Morabito (NATO Defence College Foundation): “In caso di aggressione di Pechino sarà attivata una strategia difensiva denominata Porcospino”

ROMA. I rapporti, o meglio il clima di Guerra fredda tra Cina e Taiwan spesso riempe le pagine dei giornali nazionali e internazionali così come gli spazi televisivi.

Ma qual è la situazione, oggi? Report Difesa lo ha chiesto al Generale Giuseppe Morabito, membro del Direttorio della NATO Defence College Foundation di Roma.

Signor Generale, lei è stato recentemente a Taiwan. Come ha visto il Paese? 

Sono arrivato a Taipei, per la quinta volta, ospite del Ministero della Difesa taiwanese per partecipare al seminario accademico sugli studi di “Sicurezza internazionale e regionale” dopo un’assenza di tre anni a  causa del virus di Wuhan (o CV19 per non far innervosire Pechino).

Cinesi indossano con la mascherina

Passeggiando per Taipei ci si rende subito conto che la situazione è rimasta assolutamente tranquilla e balza all’occhio il fatto che le regole per contenere il  virus sono implementate in tutto il Paese in modo importante.

Il virus è stato contenuto dai taiwanesi in modo encomiabile e il governo continua a mantenere una vigile allerta e tutti, ma proprio tutti, i taiwanesi vestono la mascherina in ogni dove.

C’è la ragionevole preoccupazione che una nuova ondata della pandemia proveniente dalla Cina Popolare, come la precedente, potrebbe creare problemi alla società e all’economia dell’isola.

Curioso osservare che la colorata sfilata del “gay pride” in cui mi sono imbattuto nel centro di  Taipei  vedeva sia i partecipanti sia i curiosi spettatori rispettare nella totalità la regola di indossare il dispositivo di protezione individuale.

Come si potrebbe identificare la minaccia proveniente dalla Cina Popolare?

Taiwan è, senza ombra di dubbio, lo Stato che paga il prezzo maggiore dall’emergere come superpotenza dell’inizio del 21° secolo da parte della Cina Popolare.

La mappa di Taiwan e la distanza con la Cina Popolare

Nell’inarrestabile ascesa della Cina Popolare come superpotenza economica e militare, Taiwan, al momento, è l’unico Paese che vede a rischio la sua economia, i suoi traffici commerciali.

La minaccia, non velata, è quella di prendere il controllo dell’isola, dopo una cruenta occupazione.

Quanto precede deve far riflettere, dopo che Pechino ha dimostrato al mondo come agisce a Hong Kong e nelle aree dove c’è un’opposizione al suo regime comunista.

L’elezione, per la terza volta consecutiva, di Xi Jinping come Presidente della Cina Popolare, segna , poi, un brusco rallentamento a quella che era considerata la speranza di migliorare le relazioni tra Taipei e Pechino.

Il Presidente cinese, Xi Jinping

A Taiwan le “purghe” in corso, interne al Partito Comunista cinese, sono osservate con la massima attenzione anche per l’aspetto economico in quanto sono numerose le società taiwanesi che hanno investito nella Cina Popolare e vi producono per miliardi di dollari compresi i semiconduttori.

Nonostante questo, quando si passeggia nelle colorate vie di Taipei non si ha certo l’impressione di essere sotto attacco imminente,

Come un esperto militare ha affermato in questi giorni: A Taiwan non si vive come in Israele.

Il Ministero degli Esteri è attivo per far conoscere la situazione di Taiwan nel contesto internazionale e la sua permanente ingiusta esclusione dall’ONU e dalle sue Agenzie, anche sanitarie.

Pechino è attiva sul piano diplomatico per isolare Taipei.

Per tale opera di soft power la diplomazia è anche basata sulla capillare azione in tutti i Paesi del mondo delle sedi diplomatiche (Ambasciate e Consolati).

Dal 2022 la Cina Popolare ha superato, per numero, il dispositivo diplomatico USA : 280 sedi PRC – 275 sedi USA.

Cosa intende per soft power contro Taiwan?

Per non andare troppo lontano nel tempo, quest’anno ricorre il 30° anniversario della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC).

Mentre le ondate di caldo hanno colpito l’Europa e gli Stati Uniti e hanno innescato incendi boschivi a luglio e inondazioni da record hanno devastato il Pakistan ad agosto, ci è stato ricordato ancora una volta che i disastri causati da eventi meteorologici estremi stanno diventando più distruttivi e continuano a trascendere i confini nazionali.

Né i Paesi sviluppati né quelli in via di sviluppo possono sfuggire alla crisi climatica. È necessaria un’azione per il clima più ambiziosa per salvare il nostro pianeta prima che sia troppo tardi.

Taiwan, in qualità di attore responsabile nella comunità internazionale ha chiesto inutilmente alle Nazioni di tutto il mondo di sostenere la sua partecipazione alla 27^ Sessione della Conferenza che si terrà dal 6 al 18 novembre a Sharm el-Sheikh, in Egitto.

Anche se Taiwan sperava di contribuire in modo più sostanziale alla comunità internazionale l’opposizione di Pechino ha fatto si che nessuno da Taipei sarà presente.

E come si è arrivati a tutto questo? C’è forse una logica dietro?

Ufficialmente la Repubblica di Cina è stata fondata nel 1912 in territorio cinese continentale.

A quel tempo, l’isola di Taiwan era sotto il dominio coloniale giapponese a seguito del Trattato di Shimonoseki del 1895, con il quale l’impero Qing cedette Taiwan al Giappone.

Il governo della Repubblica Democratica di Cina iniziò ad esercitare la giurisdizione su Taiwan nel 1945 dopo che la resa del Giappone alla fine della Seconda Guerra Mondiale.

Il governo della Repubblica di Cina si trasferì a Taiwan nel 1949 mentre si combatteva la guerra civile con il Partito Comunista cinese.

Da allora, il governo della Repubblica di Cina ha continuato ad esercitare la giurisdizione effettiva sull’isola principale di Taiwan e su un certo numero di isole periferiche.

Pe quanto precede, la Repubblica di Cina – Taiwan e la Cina Popolare sono sempre state ciascuna sotto un governo diverso.

Quindi, le autorità di Pechino (Partito Comunista cinese) non hanno mai esercitato la sovranità su Taiwan o su altre isole amministrate da Taipei.

Questo è un dato di fatto storico e  incontrovertibile! Trovare una logica è possibile solo nell’ottica espansionistica del Partito Comunista cinese e nella necessità di Pechino di controllare il mercato mondiale dei semiconduttori.

La Festa nazionale di Taiwan commemora l’inizio della rivolta di Wuchang in Cina: il 10 ottobre 1911.

Un’immagine post rivolta di Wuchang

La rivoluzione pose fine alla dinastia Ching (Qing), creata dai Manciù nel 1644.

L’insurrezione portò all’istituzione della Repubblica di Cina, il 1° gennaio 1912.

L’autorità e il controllo della corte Ching erano diminuiti dall’inizio del XIX secolo e all’inizio del XX secolo la Cina era diventata vulnerabile alle influenze giapponesi e occidentali.

L’insoddisfazione per tali circostanze diede vita a una ribellione nazionalista guidata da Sun Yatsen.

L’insurrezione di Wuchang ebbe successo e scatenò rivolte in altre città della Cina.

Sun Yatsen è stato nominato Presidente ad interim della neonata Repubblica dopo l’inevitabile crollo dei Manciù.

Sun Yatsen, nominato Presidente ad interim della neonata Repubblica dopo l’inevitabile crollo dei Manciù

Dopo la guerra civile cinese, la Repubblica di Cina (ROC) perse il controllo della Cina continentale a causa della rivoluzione comunista e fu “costretta” sull’isola di Taiwan nel 1949.

Si parla tanto, a tutti i livelli, della guerra in corso tra Russia e Ucraina? Anche a Taiwan è argomento di dibattito politico e tra l’opinione pubblica?

Il Presidente taiwanese, Tsai Ing-wen, una donna determinata e amatissima dal suo popolo (è stata rieletta per un secondo mandato dopo i successi ottenuti).

Tsai Ing-wen, Presidente di Taiwan

Quando ho avuto l’onore di incontrarla, ha parlato di “empatia per l’Ucraina” e confermato l’attenzione del suo Paese a quanto avviene in Europa per trarne le opportune indicazioni sia politiche sia militari.

Dalle sue affermazioni traspare che Taipei sta facendo un grande sforzo economico per essere pronta, con le sue Forze Armate, a difendere il suo sistema democratico in caso di aggressione.

C’è la fondata certezza che, se venisse attaccato, il popolo taiwanese resisterebbe “fino all’ultimo uomo (e donna)” e in tal senso si sta agendo per far capire anche  alle giovani generazioni il livello della minaccia e accertarsi che abbiano chiari i valori della democrazia e della libertà di espressione.

Non bisogna, comunque, far passare in secondo piano che la Cina Popolare, la quale ha rapporti economici con tutti i Paesi della regione e gli stessi sono molto più coinvolgenti di quelli, ad esempio, tra  la Russia e il resto di Europa, prima dell’aggressione, non solo per le forniture di idrocarburi.

Mantenere la stabilità dei rapporti economici potrebbe giocare la sua parte in caso di aggressione ordinata dal Presidente Xi Jinping.

Dobbiamo pensare che la questione economica sia al centro di questo scontro tra la Cina e Taiwan? Per questo motivo ha nominato i semiconduttori? 

Taiwan è uno dei più grandi produttori di semiconduttori mondiali non sono quantitativamente ma qualitativamente.

L’attenzione di Pechino nei confronti di Taipei non è quindi solo dovuta a ragioni storico/politiche e alla posizione strategica dell’isola che controlla i commerci marittimi che passano nello Stretto di Taiwan ma anche, se non soprattutto, al fatto che la produzione di semiconduttori sull’isola è basilare per l’economia industriale mondiale.

Gli USA supervisionano le società taiwanesi produttrici e hanno “concordato” che Taiwan non esporti verso la Cina Popolare, per alcun motivo, materiali che potrebbero essere utilizzati nella fabbricazione di armamenti.

Inoltre, e a titolo di esempio, Apple produce la grande parte dei telefoni e computer  che “funzionano con il suo sistema operativo” in Cina Popolare utilizzando tecnologia “made in Taiwan”.

In breve, il valore dei microchip – sono delle minuscole placche di silicio e  questi piccolissimi oggetti sono costituiti da semiconduttori realizzati soprattutto in silicio – nell’economia moderna ha accresciuto la capacità di influenza di Taiwan, grazie al know-how che l’isola detiene, mettendola ancora di più al centro degli interessi delle principali economie mondiali.

Come detto, i semiconduttori sono parte vitale dei dispositivi elettronici come, per esempio, gli smartphone.

Per azzardare una proporzione  attualissima, il gas russo sta all’economia europea come i microchip stanno all’economia mondiale.

In caso di aggressione cinese, quale potrebbe essere la strategia di difesa di Taiwan? 

Come già indicato il governo taiwanese sta impegnando energie e fondi per consolidare il suo sistema di difesa.

Un momento di un’esercitazione a Taiwan nel 2020

Taiwan è grande 36 mila chilometri (il paragone con la Sardegna che con i suoi  24 chilometri quadrati  esattamente due terzi di Taiwan è ottimale anche per la distanza dal Continente, la Madrepatria come i taiwanesi chiamano la Cina Popolare) ed ha una popolazione di più di 23 milioni di abitanti.

Su questa superficie densamente abitata le Forze Armate possono, in caso di mobilitazione, arrivare ad almeno due milioni di unità a vario livello di addestramento e certamente tutte le Forze Armate taiwanesi godono del non celato supporto americano sia per quanto ha tratto l’addestramento a livello strategico/operativo sia per gli armamenti avanzati e la relativa logistica.

La strategia difensiva ora attuata da Taipei è quella denominata “Porcupine’ (Porcospino).

In estrema sintesi si vuole far intender ad un eventuale aggressore che le perdite umane e di mezzi che subirebbe non corrisponderebbero mai ai vantaggi ottenuti.

Inoltre, la forte urbanizzazione, la densità abitativa e le difficoltà di attraversamento del territorio (estese risaie, montagne e percorsi obbligati) danno, a fronte della possibilità di impiego delle moderne armi anticarro e antiaeree (oggi ottimamente utilizzate dall’Esercito ucraino) un forte vantaggio a chi difende un territorio da lui ben conosciuto e ha l’appoggio incondizionato della popolazione civile.

Il Presidente XI potrebbe far seguire alle minacce il completamento di un apparato militare di attacco che le garantisca, a suo parere, il successo in caso di ostilità.

Quanto precede prevede sia costi notevoli sia tempo e sviluppo di conoscenza strategica. XI sa bene che un attacco fallimentare segnerebbe la fine della sua ascesa politica e uno smacco per la Cina Popolare tutta, anche sul piano politico ed economico internazionale.

Alcuni analisti prevedono che non si tratti di sapere “se” ma solo di “quando” e ipotizzano che tra 5 anni al prossimo congresso del Partito Comunista il presidente XI si presenti “ad aggressione avvenuta”. Vedremo …ma spero di no.

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