Polizia locale, i virtuosismi della sicurezza a Milano. Parla il comandante Marco Ciacci: “Alle richieste dei cittadini diamo giuste risposte”

Milano (dal nostro inviato). La storia della Polizia locale milanese inizia il 4 ottobre 1860, quando 50 agenti della Pubblica Sorveglianza Urbana fanno, per la prima volta, la loro apparizione nelle strade di Milano.

I cittadini sono subito attratti da questa elegante divisa blù, dal vistoso cappello a cilindro, da un bastone canna d’india e dai guanti neri. La pistola era nascosta sotto la giacca per non urtare la sensibilità dei milanesi. La gente li accolse molto bene e da allora coniò, per loro l’appellativo di “Ghisa”.

Le origini di questo soprannome nn sono molto chiare. Potrebbe derivare dalla loro stazza fisica o dal cilindro del cappello che appunto ricordava il tubo della stufa di ghisa. O ancora il caschetto che più tardi sarà adottato come copricapo che, seppure in sughero e stoffa, faceva pensare ad un elmo d metallo.

In tutti questi lunghissimi anni, la Polizia Locale meneghina ha rafforzato, in uomini e mezzi, le sue capacità professionali.

Oggi ha un organico di circa 3 mila tra agenti ed ufficiali. Opera 365 giorni l’anno, per 24 ore su quattro turni. Il personale è ripartito tra i 9 Comandi di zona che coincidono con i Municipi e tanti, diversi servizi specialistici.

L’occhio elettronico è fatto da oltre 2 mila telecamere, considerate le più efficienti e tecnologicamente avanzate d’Europa. La sala operativa gestisce, ogni anno, circa 300 mila richieste d’intervento.

 

Agenti della Polizia locale di Milano

 

Non solo gestione del traffico, per i Ghisa. Ma anche sicurezza urbana, tutela delle fasce più deboli della popolazione, controlli nei cantieri, tutela dell’ambiente, del patrimonio artistico e del territorio.

Sono impiegati anche in indagini, in collaborazione con la Procura della Repubblica, per reati quali l’omissione di soccorso, investigazioni che hanno risvolti nazionali ed internazionali.

Al comando della Polizia Locale del capoluogo lombardo c’è Marco Ciacci, bolzanino, 47 anni con un lungo passato come funzionario e dirigente della Polizia di Stato.

Marco Ciacci, comandante della Polizia locale di Milano

Con Report Difesa entriamo, per la prima volta, nel mondo delle Polizie locali. Ed iniziamo proprio da quella milanese. Seguiranno Roma, Napoli ed altre città.

Comandante Ciacci, lei per anni è stato funzionario e dirigente della Polizia di Stato ed oggi comanda la Polizia locale. Che differenze ha riscontrato tra queste due Polizie?

A prima vista sembra che non ce ne siano. In realtà, queste differenze ci sono. La Polizia locale, oggi, secondo me ha un ruolo di prossimità e di effettiva presenza sul territorio che è qualificante e privilegiata. Le Polizie nazionali hanno un’attenzione su tematiche importanti, quali ad esempio il terrorismo, ma non solo. In un clima di sinergie, le Polizie locali hanno appunto un contatto sempre maggiore con il territorio, visto che nascono come controllo delle strade e presidio della viabilità. Sono compiti che svolgono ancora. Soprattutto qui a Milano dove abbiamo un modello organizzativo particolare.

Quale?

I compiti della Polizia stradale sono svolti dalla Polizia locale.

Ma vi occupate anche di altro, giusto?

Si. Ci occupiamo anche di microcriminalità, di decoro urbano, di vivibilità della città. Ci siamo dovuti attrezzare per affrontare queste nuove tematiche che prima erano lasciate alla Polizia di Stato ed ai Carabinieri . Oggi abbiamo un occhio privilegiato di amministrazione, di sicurezza e vivibilità urbana che rende il nostro lavoro profondamente diverso rispetto agli obiettivi, alla sensibilità, ai rapporti con i cittadini, con l’amministrazione comunale.

Se le facessi una domanda da talk show: Milano quanto è sicura?

E’ una città molto sicura. Forse è privilegiata rispetto ad altre città perchè ha un impianto di sicurezza che funziona e bene. E’ anche una città che pretende molto e da sempre. Per cui alcuni fenomeni sono più sentiti visto che si intende, sempre più, migliorare ogni singola zona, ogni singolo quartiere per la vivibilità ed il decoro. In modo da rendere Milano una città sempre più ricca, anche dal punto di vista della sicurezza. Magari la cosiddetta sicurezza percepita non va di pari passo con il nostro lavoro ma è comunque una richiesta dei cittadini, verso i quali dobbiamo dare giuste risposte.

Tra l’Assessorato alle Politiche sociali e quello alla Polizia locale c’è una stretta collaborazione? Penso alla questione dell’emergenza abitativa, ai senzatetto ed ad altre criticità di una grande città.

Certo. Ci sono piani di intervento comuni. Ad esempio proprio sui senzatetto interveniamo con le Politiche sociali e con attori privati che concorrono alla gestione di questo fenomeno. Abbiamo squadre congiunte dove ci diamo, reciprocamente, assistenza. In rari casi diventa una questione di polizia. Diamo il nostro contributo affinchè l’intervento sociale sia più pregnante.

Sulla questione degli sgomberi di edifici occupati abusivamente, nel rispetto della circolare del Viminale, come opera la Polizia locale milanese?

Abbiamo un protocollo per i presidi di edilizia pubblica. C’è una grande collaborazione tra noi e la Polizia di Stato. Abbiamo anche un piano per interventi in caso ci sia flagranza di reato. Interveniamo per evitare che ci siano altre occupazioni. Per quanto riguarda la completa pianificazione degli interventi è compito della Prefettura con la quale, periodicamente, si decidono gli interventi da fare.

Milano come si sta organizzando per l’applicazione del decreto legge 113 del 2018?

Stiamo già vedendo alcune cose effettive ad esempio nella lotta al parcheggio abusivo. Un fenomeno che qui a Milano esiste e che più volte abbiamo cercato di reprimere con controlli serrati. Ora abbiamo uno strumento in più. Per evitare i ricorsi sarà utile calibrare l’azione. Stiamo anche ragionando su strumenti quali il DASPO. Stiamo anche finendo di raccogliere dati sulle principali criticità dei quartieri, dove poi fare interventi mirati. L’effettività la vedremo nel tempo.

Ci sono scambi di dati sui veicoli tra la Polizia locale e quella nazionale?

Sì, da tempo. Come Polizia locale abbiamo un sistema che ci consente di fare una prima verifica sul veicolo e nel caso chiediamo il supporto alla sala operativa della Questura. Il decreto di cui parlavamo prima favorisce questo interscambio di informazioni che sono alla base del controllo del territorio. Un controllo determinante per il nostro lavoro e per il futuro, perchè vanno ad arricchire le banche dati da utilizzare nel caso di sia la commissione di reati per avere informazioni in più da condividere in un sistema sicurezza.

Un nostro operatore è presente, quotidianamente, nella sala operativa della Questura e funge da punto di contatto tra noi e la Polizia di Stato. Abbiamo anche un canale indiretto ma comunque veloce con l’Arma dei Carabinieri. E’ un virtuosismo tutto milanese che sta funzionando bene.

Comandante, come esiste “un’intelligence” nelle Forze di Polizia sarà possibile crearla nelle Polizie locali?

Credo che il patrimonio informativo oggi, solo a livello amministrativo, posseduto dalla Polizia locale sia preziosissimo. Spesso di parla di banche dati a livello di comuni, di banche date connesse, condivise. Credo che già quando si avrà una banca dati strutturata su attività amministrative proprie della Polizia locale sarà già un lavoro “indiretto” di intelligence strategico. Più sarà interconnesso con le altre Forze di Polizia più sarà vincente.

Così come è auspicabile avere una Rete dei Comuni per un interscambio di dati amministrativi.

Un’attività convinta Polizia locale e Carabinieri

Che tipo di armamento hanno in dotazione i vostri agenti?

Siamo molto impegnati in attività di trattamento sanitario obbligatorio, per il quale sono previsti sistemi di protezione individuale per fronteggiare, in maniera sicura, eventuali aggressioni. Sistemi che servono a proteggere l’operatore stesso am anche la persona che deve essere contenuta. Più che un vero e proprio armamento si tratta di sistemi che servono ad abbassare al guardia. Abbiamo in dotazione un’arma corta individuale e per alcuni servizi i nostri agenti utilizzano giubbotti antiproiettile. Stiamo per attivare delle body cam che serviranno a disincentivare eventuali aggressioni verso i nostri operatori. Oltre a documentare l’eventuale commissione di reati, le body cam servono ad abbassare l’aggressività delle persone. E’ chiaro che saranno utilizzate, laddove servano. Nel rispetto del decreto 113 sperimenteremo l’utilizzo del Taser. Si tratta di un presidio che già fa abbassare sempre eventuali comportamenti aggressivi.

Più che ad un armamento vero e proprio penso che sia utile avere strumenti come questi.

Per quanto riguarda l’addestramento, che corsi vengono fatti?

Vengono fatti corsi di tecniche operative. Nella nostra Scuola con istruttori bravissimi vengono tenuti corsi basici o di richiamo per utilizzo di tecniche di impiego di questi presidi. Per il tiro ogni sei mesi ci sono corsi di aggiornamento.

Utilizzate droni?

Li abbiamo presi e stiamo formando i piloti. Attendiamo che l’ENAC (Ente nazionale aviazione civile) ci rilasci le licenze per poterli utilizzare in impiego operativo. Stiamo valutando se usarli per rilevare incidenti stradali e per fare controlli urbanistici. Il volo operativo di un drone in una città crea problemi di impiego. Uno strumento di cui stiamo ancora pensando come utilizzarlo al meglio.

Che bilancio può trarre dall’anno appena concluso?

Siamo preoccupati tantissimo di quanto avviene nel trasporto pubblico che è alla base della vivibilità della nostra città. Abbiamo un nucleo che si occupa di questo. Così come abbiamo nuclei di contrasto al lavoro nero, agli abusi edilizi. All’abusivismo commerciale, ai writers. Controlliamo le popolazioni nomadi che arrivano sul nostro territorio.

Abbiamo unità specialistiche che si occupano di microcriminalità per prevenire piccoli furti che seppure di modesta entità però disincentivano il turismo e l’utilizzo della città da parte delle persone.

E cerchiamo di eliminare lo spaccio di droga davanti le scuole con unità specialistiche di cinofili e di nostri ufficiali ed agenti. Abbiamo anche unità impegnate nella protezione degli animali, delle donne e dei minori da abusi. Altre unità si occupano del contrasto all’abusivismo dei taxi.

Non dimentichiamo i vigili di quartiere. Usiamo poco unità che si occupano di indagini vere e proprie.

Tutto questo è una caratteristica di Milano? Come mai questi risultati?

Sì. Ci viene chiesto di avere expertise su tante cose. Ma il nostro core business resta la sicurezza stradale. Nel 2017 abbiamo avuto una cinquantina di morti ed oltre 10 mila feriti da incidenti stradali. La città va sempre presidiata e per farlo abbiamo bisogno di personale tecnico di altissima professionalità.

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