Al-Baghdadi è il Califfo dell’ISIS? Il suo scopo è un Califfato Universale su tutti i musulmani senza distinzioni geografiche

Di Giuseppe Santomartino*

Baghdad. Dopo l’ultima apparizione di al-Baghdadi di qualche giorno fa (la prima dopo quasi cinque anni) si è scatenata una rincorsa mediatica intorno a questo personaggio dall’indubbia “presa comunicativa” e che, insieme alla sua organizzazione, ha dimostrato di sapere usare (purtroppo ) con grande efficacia e maestria gli strumenti mediatici ed in particolare i social .

In molti articoli, note, interviste apparsi in questi giorni al-Baghdadi viene definito “Califfo dell’ISIS”, tale attribuzione appare quanto meno discutibile se non decisamente errata e rischia di dare un approccio analitico distorto all figura di al-Baghdadi ed alle sue valenze politiche, e vediamo perché.

Al-Baghdadi viene definito “Califfo dell’ISIS”

Come già dimostrato in un precedente articolo di approfondimento qui su Report Difesa (testata cui va il merito di promuovere e proporre, bandendo le facili e talvolta superficiali “aspettative mediatiche” , ai propri lettori specifici approfondimenti sui temi più alla ribalta) il nome ISIS ( e le sigle ad esso generalmente associate ISIL – Da’ish , quest ultimo erroneamente trascritto per lo più quale Daesh) non esiste più dal giugno 2014.

Questa data non è un irrilevante dettaglio. Fu proprio il 29 giugno 2014 che fece la sua ultima apparizione in occasione della diffusione del lungo messaggio (13 pagine, messaggio forse poco analizzato e capito in Occidente) che annunciava l’autoproclamazione del Califfato.

Abu Backr Al-Baghdadi nel suo discorso a Baghdad

In quel messaggio dopo una lunga premessa ricca (cosa tipica degli scritti jihadisti) di riferimenti coranici e di hadith (episodi e frasi attribuiti a Maometto) egli annunciava la costituzione di un Califfato ( il cui concetto sarà meglio esaminato nel brano successivo) e si autoproclamava Califfo, ma subito dopo tale passaggio annunciava il cambio nome da ISIS a IS; leggiamo testualmente

Accordingly (sulla base dell’autoproclamazione appena annunciata nello stesso messaggio ) the ‘Iraq and Sham’ in the name of the Islamic State ( che quindi fino a quel momento si chiamava ISIS – Islamic State in Iraq and Sham-Levante, da cui anche gli acronimi ISIL e in arabo Da’ish) is henceforth removed from all official deliberations and communications, and the official name is the Islamic State ( IS, senza alcuna altra specificazione geografica ) from the date of this declaration”.

E’ quindi chiaro che da quella data (giugno 2014) il nome ISIS non esiste più perché modificato in IS. E’ importante rilevare che tale modifca di nome fu fatta, come appena dimostrato, nello stesso documento in cui egli si autoproclamava Califfo (testualmente “Khalifah for the Muslims everywhere”) cioè Califfo per l’intera Ummah (Comunità Musulmana) ed eliminando , coerentemente col concetto califfale, la limitazione geografica (Iraq e Levante) insite nel vecchio nome ISIS-ISIL-Da’ish che avrebbe costituito, se mantenuta, una contraddizione con la sua pretesa califfale.

Al-Baghdadi mira ad un Califfato Universale su tutti i musulmani (“Muslims everywhere” come appunto indicato nel messaggio del giugno 2014) senza limitazioni geografiche. Definirlo quindi ‘Califfo dell’ISIS’ è quantomeno inappropriato, se non sbagliato, sia sotto il profilo formale che sostanziale.

Qual è il suo nome ?

Il nome di nascita è Ibrahim Awwad al-Badri, successivamente ha preso il nome- alias di Abu Bakr al-Baghdadi al-Quraishi al-Samarrai, in quest ultimo nome vanno osservate due cose rimportanti, l’alias Abu Bakr (nome del primo califfo ben guidato, primo successore di Maometto e considerato il miglior Califfo mai esistito, nome quindi dal forte potere evocativo nella tradizione musulmana), al-Quraishi (nome che avrebbe assunto e che implica la pretesa di appartenere alla tribù dei Quraish, la tribù di Maometto, requisito necessario per poter aspirare alla nomina a Califfo, sulla sua reale appartenenza alla tribù dei Quraish sussistono ovviamente notevoli perplessità), al-Samarrai è il suo luogo di nascita ed al-Baghdadi il suo legame alla capitale irachena anch’essa dal potere evocativo per la figura califfale essendo stata sede di uno dei più importanti califfati islamici. Insomma già nella scelta dell’alias egli ha dimostrato una notevole abilità comunicativa verso l ecumene islamico spesso non compreso in Occidente e di efficace promozione della propria immagine.

Che significa Califfo ?

La parola Khalifah (Califfo) in arabo deriva dalla radice trilittera k, l f- Tale radice indica il concetto di vicariato, sostituzione, una ambiguità definitoria che, come osserva anche il famoso islamologo Bernard Lewis nel suo testo fondamentale ‘The Political Language of Islam’, ha avuto poi un significativo impatto nelle interpretazioni che si sono succedute nei secoli circa tale funzione.

Un’accettabile definizione del termine Califfo può essere la seguente “Successore di Maometto, poi ‘Capo della Comunità chiamato Amir al-Muu’miniin, ossia Emiro dei Credenti, e più tardi Imam, guida temporale e spirituale dell’Impero Musulmano”(Sourdel Thomine, Vocabolario dell’Islam). Come si vede quindi nei secoli su tale termine si sono intrecciate quattro funzioni in parte sovrapponibili o contigue e ciò ha creato e crea ancora notevoli ambiguità interpretative.

Il termine khalifah viene utilizzato due volte nel Corano in riferimento ad Adamo e Davide definiti quali ‘vicari’ di Dio sulla Terra, ma in nessuno dei due casi vengono attribuite valenze politiche. Tali valenze sono state acquisite de facto dalle figure califfali dopo la morte di Maometto.

La posizione califfale ha avuto quindi varie vicissitudini storiche. L’ultima figura califfale era incardinata nell’Impero Ottomano, ma non è ritenuta da molti una vera e piena funzione califfale e fu abolita dopo la caduta dell’Impero Ottomano nel 1924 con una decisione che suscitò non poca delusione ed amarezza nel mondo islamico.

Da allora. nel sentimento comune islamico, specie negli ambienti più legati alla tradizione, si è creata una sorta di aspettativa per una ricostituzione di una figura califfale che al-Baghdadi ha saputo cogliere ed , in qualche modo, soddisfare.

Dal 1924 e per quasi un secolo nessuno, neanche Osama bin Laden ha più osato appropriarsi di tale titolo se non appunto, come detto prima, al-Bagdadi nel 2014.

Osama Bin Laden

Il potere evocativo e mobilitante dell’idea di Califfato

Una grossa capacità da riconoscere ( purtroppo) ad al-Baghdadi è stata la sua abilità nell’appropriarsi e nell’usare il simbolo califfale per suscitare gli effetti evocativi e mobilitanti che spiegano, fra l’altro, in gran parte gli epifenomeni associati all IS ex ISIS quali i Foreign Fighters; i Wilayat, province affiliate all IS ex ISIS che in questi ultimi anni si sono consolidati dall’Africa sub-sahariana  Islamic State West Africa Province – ISWAP che ha quasi del tutto assorbito Boko Haram), al Medio Oriente, all’Asia Centrale, all’Afghanistan ( ove opera in particolare l’Islamic State in Khorasan – ISK ), all’Indonesia, alle Filippine; le decine di migliaia di soggetti cosiddetti ‘radicalizzati’ in Europa ; i tragici attentati rivendicati.

Per capire tali dinamiche appare utile un brano di uno dei massimi esperti dell’Islam Politico, il Prof. Massimo Campanini

Il Califfato mantiene un’attrattiva per i musulmani nella misura in cui è il simbolo e la nostalgia della potenza e della grandezza dell’Islam, quando l’Islam (secolo VIII – XII) era all’apice della sua potenza culturale e civile e dominava sull’ Eurasia. Un po’ come da noi rimpiangere la grandezza dei greci e dei romani. Ma l’idea del Califfato in sé ha un altro elemento importante: l’universalismo (…) Per tradizione il Califfato è sempre stato la concretizzazione politica della umma, almeno sul piano ideale. Ciò ne giustifica il potenziale mobilitante.

Va detto che al-Baghdadi si ispira ad un modello califfale dei Primi 4 Califfi Ben Guidati (i primi califfi dopo Maometto) e non a caso ha scelto, come detto sopra, quale alias Abu Bakr, che è il nome del primo Califfo dopo Maometto ( appunto Abu Bakr) ritenuto nella tradizione musulmana ancor oggi il miglior Califfo mai esistito.

Tale scelta ha contribuito a far sì che l ‘autoproclamazione a Califfo di al-Baghdadi avesse una presa evocativa e forse anche apocalittica molto efficace su tanti musulmani (anche se la grande maggioranza dei musulmani, come vedremo in seguito, non lo riconosce affatto quale Califfo né ne condivide le idee) per certi aspetti difficilmente comprensibile al di fuori del mondo islamico.

Requisiti richiesti al Califfo e critiche circa la legittimità islamologica dell’autoproclamazione di al-Baghdadi.

E’ interessante notare che nell’Islam le teorie intorno alla figura califfale si sono consolidate solo nel XI e XII secolo e quindi alcuni secoli dopo la nascita dell’Islam, ad opera di alcuni importanti studiosi .

Il principale autore che ha sistematizzato i termini della figura califfale è stato al-Mawardi (XI secolo) nella sua opera ‘Al-Akham al-Sultaniyya’ (Le Istituzioni del potere) che costituisce ancora un testo fondamentale nella scienza politica dell’Islam.

Egli pone il Califfo al vertice dello Stato Islamico (posizione sapientemente ripresa in toto da al-Baghdadi) ma pone cinque requisiti per accedere a tale posizione :

  • Essere maschio, pubere, libero (non schiavo), sano di corpo e di mente,

  • Appartenere alla tribù dei Quraish (la tribù di Maometto ),

  • Essere dotto in scienze religiose, essere cioè ulema,

  • Essere in grado di guidare gli eserciti in battaglia,

  • Essere eletto per libera scelta della Comunità attraverso i propri rappresentanti che sono poi gli ulema stessi.

Importante poi il contributo di Ibn Arabi (XII secolo) che, in uno studio sull’auctoritas politica islamica, individua dieci requisiti necessari per l’attribuzione dell’autorità califfale di cui:

  • sei costituzionali: essere adulto, in possesso delle facoltà razionali, essere un uomo libero e quindi non uno schiavo, maschio, appartenere alla tribù dei Quraish ( la tribù di Maometto); avere udito e vista sani.

  • quattro acquisiti: ardimento, adeguatezza al compito, conoscenza, timor di Dio.

Tali requisiti vanno interpretati nella loro valenza spirituale oltre che fisica (ad esempio la vista e udito per sapere ascoltare e guardare la verità).

Ibn Arabi mette poi particolare enfasi sull’esigenza che nell’Islam non vi possano essere due Califfi (secondo un detto del Profeta “Se due Califfi ricevono giuramento di fedeltà, uno dei due sia messo a morte”).

E’ evidente quindi la potenziale portata eversiva derivante dalla bay’a (atto di giuramento verso il Califfo che alcuni musulmani avrebbero espresso, anche senza particolare formalizzazioni, verso al-Baghdadi).

In un’interpretazione radicale ciò potrebbe portare a disconoscere ogni altra forma di autorità e spiega in parte anche il fenomeno dei Foreign Fighters.

Non appare esagerato ritenere che tale vincolo di obbedienza esclusiva al Califfo possa valere anche su soggetti cosiddetti radicalizzati in Europa che si sentano in qualche modo attratti dall’ideale califfale proposto da al-Baghdadi e portarli a disconoscere ogni altra autorità nel paese di cui hanno la cittadinanza ovvero in cui si trovano.

Sulla base dei requisiti sopra indicati sin dal 2014 sono state espresse, da ulema, studiosi , organi istituzionali del mondo islamico forti critiche ed accuse di illegittimità all’autoproclamazione di al-Baghdadi.

I rilievi di illegittimità riguardano in parte i dubbi sulla genuinità della sua appartenenza alla tribù di Maometto (i Quraish , nonostante, come già detto, egli si sia premunito di aggiungere al suo nome anche al-Quraish che indicherebbe la sua appartenenza a tale tribù), i dubbi sulla reale portata della sua preparazione in scienze religiose (le biografie più attendibili gli attribuiscono solo una laurea in Studi Coranici nell’Università Saddam di Baghdad, che molti non ritengono sufficiente per tale posizione di vertice), il metodo poco trasparente con cui egli sarebbe stato eletto ed il fatto che la stragrande maggioranza della Comunità Musulmana non abbia avuto alcun rappresentante in questa elezione.

Ma esiste poi un altro elemento importante di illegittimità della sua pretesa califfale e deriva dal fatto che il percorso politico e militare seguito da al-Baghdadi negli anni ha di fatto lacerato pesantemente e tragicamente la Comunità Musulmana, sia nei confronti della minoranza sciita sia nella gran parte dei sunniti contrari allo Stato Islamico, creando di fatto una situazione di fitna ( discordia, anarchia) nella stessa Comunità, tale esito è ritenuto una colpa inaccettabile per un aspirante Califfo ( Capo della Comunità musulmana).

Va peraltro rilevato che nel lungo messaggio di autoproclamazione del 2014 sopra citato al-Baghdadi, che non è certo uno sprovveduto, inserisce varie considerazioni, anche con puntuali riferimenti islamologici, tese a ‘neutralizzare’ sul nascere queste critiche ed a rafforzare la legittimità della sua pretesa califfale.

Sempre il Prof. Campanini in una sua intervista del 2014 all’indomani dell’autoproclamazione a Califfo di al-Baghdadi, ed a conclusione di una articolata disamina, fornisce un giudizio lapidario

Questa necessaria ricostruzione storica dimostra in maniera evidente che le pretese del califfato del jihadista al-Baghdadi sono largamente illegittime e infondate”.

In conclusione, si può affermare che una delle possibili forme di contrasto, non certo l’unica, verso l’autoproclamato califfato di al-Baghdadi, e tutto l’impianto jihadista ed islamista connesso, potrebbe basarsi proprio sulla denuncia di legittimità, e proprio sotto il profilo islamologico, di tale proclamazione, ciò demolirebbe alla base la stessa ragion d’essere e la credibilità dell’Islamic State e di ogni sua emanazione e potrebbe in ogni caso fornire un valido strumento di contrasto alla (purtroppo) efficace propaganda mediatica di al-Baghdadi e della sua organizzazione.

Contrastare quindi l’IS ex ISIS e la pretesa califfale di al-Baghdadi sul terreno in cui esso è più efficace: la propaganda evocativa su base islamologica.

Ciò potrebbe poi avere anche una significativa valenza anche ai fini delle attività di prevenzione e contrasto alla radicalizzazione di cui si hanno ormai migliaia di casi anche in Europa e che costituisce una delle principali minacce, seppure potenziali, sul piano terroristico e di progressivo spostamento su posizioni sempre più estremiste su quella parte della Comunità Musulmana che potrebbe risultare più ‘vulnerabile’ nei confronti di tale propaganda.

*Generale di Divisione dell’Esercito (Aus). Dottore in Scienze Politiche a indirizzo Islamico presso l’Istituto Universitario Orientale di Napoli

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