Di Pierpaolo Piras
Washington. Dopo la visita, insolitamente lunga, di quattro giorni, terminata martedì scorso, Il “legame incrollabile” tra Giappone ed USA viene ribadito verso Donald Trump, presidente degli Stati Uniti, nello sfarzoso cerimoniale della sala dorata Akasaka State Guest House di Tokyo, dall’ imperatore Naruhito, in carica dal 1° maggio scorso, e dal primo ministro giapponese, Shinzo Abe.
Già dalle prime dichiarazioni, Trump ha lodato l’opera di mediazione che Tokyo sta esercitando presso il governo della Corea del Nord che, recentemente, ha eseguito altri lanci missilistici. Trump comunica di non essere preoccupato ma che, anzi, “molte cose buone verranno con la Corea del Nord”, nonostante l’argomento sia stato una recente fonte di polemica con John Bolton, Consigliere USA della Sicurezza Nazionale.
La primaria questione, incombente sul vertice, è rappresentata dalla minaccia del presidente Trump di applicare pesanti dazi sul commercio tra i due Paesi al fine di pareggiare l’attuale squilibrio commerciale, specie nel settore degli autoveicoli, di ogni genere. A poco è servita la rassicurazione di Abe, il quale starebbe perseguendo un accordo del tipo “Win-Win” con vantaggi reciproci.
In aggiunta, Donald Trump ha ribadito di non sentirsi in alcun modo vincolato al laborioso e storicamente conflittuale, trattato sul libero commercio dell’area dell’Oceano Pacifico, TPP (Trans-Pacific Partnership), dal quale si è sostanzialmente separato nel 2018.

Trump e l’Imperatore del Giappone
Questa disputa commerciale viene in un momento critico per la crescita sui grandi numeri della economia cinese, che, a latere, ha determinato la rimodulazione ed il calo degli altri mercati, sia nell’area TTP che nel resto del mondo.
Mentre persistono le preoccupazioni sulla posizione aggressiva di Trump sul commercio, uno dei timori è se le relazioni USA-Giappone potrebbero entrare in un periodo di tensione dopo anni di relazioni calorose.
L’opinione e la volontà comuni è quella di impedire che gli interessi commerciali ledano o, peggio, interrompano l’alleanza USA-Giappone.
Nelle menti dei governanti e della pubblica opinione giapponesi, il Giappone è percepito come un partner troppo prezioso per gli Stati Uniti da poter alienare incautamente, specie in un momento come quello attuale nel quale gli USA affrontano un mondo mutevole, mentre Paesi forti e determinati come Cina, Russia, Turchia, Arabia Saudita, Iran e Corea del Nord, agiscono assertivamente per l’affermazione delle proprie strategie sulla scena globale.
D’altra parte, nell’attuale assetto geopolitico, dove i rapporti tra Washington e gli alleati americani tradizionali, specie in Europa, si sono sfilacciati, il Giappone si è affermato come l’unico alleato più importante per gli Stati Uniti nella regione, e probabilmente nel mondo.
Anche la politica internazionale USA è cambiata: esempio simbolico a questo riguardo è la confusione che ha regnato nel Gruppo dei Sette (sette nazioni con la ricchezza netta più importante al mondo) da quando Trump è diventato presidente.
Si è notato un calo del senso di cameratismo tra le democrazie industriali più avanzate del mondo, a causa del rinnovato approccio di “America First” di Trump e dello stile negoziale a somma zero.
Anziché vedere gli alleati come amici fidati per far avanzare interessi reciproci e affrontare problemi globali, Trump li ha accusati, talvolta a ragione, di essere degli opportunisti che approfittano della ricchezza dell’America.
Inizialmente, gli alleati tradizionali sono stati di sorpresa, portando poi alla freddezza nei rapporti.
Il Giappone è stata l’unica eccezione, dove le positive relazioni personali sono state proficuamente accompagnate e supportate anche a livello istituzionale, amministrativo e di società civile.
Uno dei risultati più concreti è stato la piena applicazione del “Trattato di Mutua Cooperazione e Sicurezza”, stipulato, in primis, nel settembre 1951 tra il Giappone e gli Stati Uniti.
Gli Stati Uniti continueranno a costituire una solida garanzia della sicurezza del Giappone, grazie al deterrente strategico rappresentato dalle proprie forze armate anfibie, navali, aeree e terrestri in un vastissimo teatro di conflittualità esteso all’area del mare cinese meridionale ed in quella, più ampia ed interposta tra i due oceani, Indiano e Pacifico, proprio quella dove è massima l’attenzione della Cina per la realizzazione della “Via della Seta”, intesa per mare e dove , già oggi, provoca le acque territoriali nipponiche, nelle contestate isole Senkaku..
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