Di Pierpaolo Piras
Berlino. La conferenza di Mosca di lunedì scorso può essere considerata come un fallimento.
Dopo la recente entrata in vigore di un cessate il fuoco in Libia e sotto la mediazione di Putin, Presidente della Russia, la presenza di Recep Tayyip Erdogan ed i due principali contendenti libici, Fayez Al Serraj, leader libico riconosciuto dall’ONU, e il Generale Khalifa Haftar, che controlla gran parte dell’Est e del Sud della Libia, non hanno raggiunto alcun accordo.
I principali punti all’ordine del giorno erano il ritiro dei rispettivi militari dalle strade e vie urbane, porre il territorio sotto il controllo neutrale dell’ONU ed eventualmente della Russia, il cessate il fuoco tra tutte le parti ed infine la collaborativa ricerca di una soluzione politica del conflitto per via diplomatica.
Attualmente è stato osservato solo il cessate il fuoco, anche se sono numerose le accusa reciproche di violazioni.
L’incontro è stato rinviato a domenica prossima in una seconda conferenza mediatrice, convocata a Berlino.
Angela Merkel, cancelliera della Germania, aspira da tempo ad assumere un ruolo importante nella pacificazione permanente del conflitto libico.
Emmanuel Macron, Capo di Stato francese, mette già le mani avanti sottolineando che l’accordo tra le parti deve essere “credibile, sostenibile e verificabile”.
La Merkel, oltre alle parti in guerra, Haftar e Serraj, ha invitato Erdogan, Vladimir Putin ed il nostro presidente del Consiglio, Giuseppe Conte.
Confermata in queste ore la presenza di Mike Pompeo, Segretario di Stato USA e dei rappresentanti di Regno Unito, Francia, Cina, Emirati Arabi Uniti, Turchia, Egitto e Algeria. Saranno presenti anche rappresentanti dell’Unione Europea, Unione Africana e la Lega Araba.
Intanto, il nostro presidente Conte ha incontrato in queste ore, ad Ankara, il Presidente turco Erdogan e a Il Cairo quello egiziano, Abdel Al Sisi.
La soluzione del conflitto libico richiede davvero una mediazione urgente che faccia cessare le sofferenze e vittime che finora ha procurato a tutta la popolazione.
La Libia è ricchissima di enormi giacimenti di petrolio, di ottima qualità.
È caduta nel caos totale fin da quando le forze della NATO, con ruolo prevalente della Francia, hanno rovesciato Muhammar Gheddafi nell’ottobre del 2011, dopo 42 anni di governo dittatoriale..
Dopo nove anni di sanguinoso conflitto civile, è occupato da numerose milizie, per lo più a struttura e ideologia di stampo tribale (specie nel territorio meridionale del Fezzan) che almeno nominalmente ma scarsamente affidabili, appoggiano i due contendenti, anche con istituzioni parallele.
Non poche sono le speranze per il prossimo vertice di Berlino. Non solo per la vasta e potente partecipazione diplomatica: un po’ tutti affermano un certo ottimismo.
A Berlino il primo obiettivo sarà ottenere un accordo che tenga fuori le grandi potenze straniere dal conflitto.
Poi bisognerà tener conto che la Libia è la principale porta d’ingresso dei migranti verso l’Europa, in particolare verso l’Italia. L’Europa ha tutta l’intenzione di pacificare quell’area per alleviare le tensioni politiche in tutto il blocco europeo
La Russia ha mantenuto rapporti diplomatici tra entrambe le parti in conflitto, ma è stata accusata di esercitare una guerra per procura tramite l’impiego di mercenari.
La diplomazia italiana è in posizione di attesa, conscia che nel ribollente calderone libico si agitano ancora sentimenti ed azioni poco affidabili e sincere.
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