Di Tiziana Ciavardini*
Roma. Quello che sta avvenendo nella Repubblica Islamica dell’Iran é senza precedenti. Dall’uccisione del Generale Qassem Soleimani e proclamazioni di vendetta, dalle ammissioni dell’abbattimento del Boeing ucraino PS752 sino alle contestazioni per aver mentito sulla vicenda, il clima nel Paese apre a nuove riflessioni.
I prossimi mesi potrebbero essere decisivi per futuro dell’Iran.
Dopo otto anni dall’ultima preghiera del venerdí l’Ayatollah Alí Khamenei ha parlato alla nazione dalla piú grande Moschea di Tehran, l’ultima volta era stata nel febbraio 2012, in occasione del 33° anniversario della rivoluzione islamica.
Nel sermone ha elogiato il Generale Soleimani, ucciso lo scorso 3 gennaio, definito dal Leader “il comandante più forte nella lotta al terrorismo nella regione”.
Un discorso in cui ha criticato aspramente gli Stati Uniti definendo Donald Trump un “clown” che finge di sostenere il popolo iraniano.
Secondo Khamenei l’assassinio di Qassem Soleimani in Iraq é stato un atto codardo da parte degli USA che non sono stati capaci di affrontarlo sul campo, ovvero sul suolo iraniano.
Quel giorno é stato il “giorno di Dio’”secondo Khamenei poiché con quell’assassinio gli americani hanno segnato l’inizio della loro fine.
Nel discorso ha parlato dell’attacco che l’Iran ha compiuto sulla base Ayn al-Asad in Iraq dove, si saprá solo dopo, sono stati feriti 11 soldati americani.
Parte del discorso ha enfatizzato l’affluenza ai funeral di Soleimani lasciando intendere che gli iraniani stanno seguendo il percorso del fondatore della Repubblica islamica, l’Ayatollah Ruhollah Khomeini.
In realtá non é proprio cosí. Seppur la grande affluenza ai funerali del Generale Soleimani abbia mostrato al resto del mondo una parte del popolo iraniano unita ed addolorata per il “valoroso guerriero”, i partecipanti ai funerale non necessariamente erano tutti sostenitori del Regime.
Aver colpito Soleimani, visto come “difensore dei confine iraniano” ha rappresentato per molti aver colpito un simbolo ed ha trasformato la rabbia in sentimento patriottico ed identitario.
Grande elogio inoltre é stato fatto da Khamenei ai Pasdaran, noti anche con il nome di base Ayn al-Asad, in Iraq dove, si saprá solo dopo, sono stati feriti 11 soldati americani.
Secondo Khamenei i Pasdaran “sono una organizzazione umanitaria, con valori umani” che cerca di aiutare le popolazioni oppresse nei Paesi vicini.
La Forza al Quds, di cui il Generale Soleimani, era a capo, é proprio una componente di questi militari.
Affermare che i Pasdaran siano una organizzazione umanitaria é davvero bizzarro se per “umanitario” intendiamo quelle azioni che intendono apportare un miglioramento alla condizione umana dal punto di vista economico, etico e sociale, filantropico.
I Pasdaran hanno un grandissimo potere nella Repubblica Islamica. Si occupano delle operazioni militari dell’Iran al di fuori dei propri confini nazionali e controllano una gran parte dell’economia iraniana.
Si stima che da un decimo a un terzo dell’economia iraniana sia proprio nelle loro mani, direttamente o attraverso società controllate.
In passato il Presidente iraniano Hassan Rouhani li aveva aspramente criticati definendoli un “governo armato”, che “spaventa” il settore pubblico.
E aveva definito il suo Governo come un “governo senza fucili” e i Pasdaran invece come “il governo coi fucili e con i media” avendo appunto ingerenze in vari campi come l’informazioni, le armi, il denaro, i giornali, le agenzie di stampa e molti altri ruoli di potere.
Affermare dunque che i Pasdaran siano una organizzazione umanitaria é una vera e propria offesa nei confronti di chi in Iran e fuori si batte per la realizzazione dei diritti civili e di tutti quei diritti negati come, per dirne solo una la libertá di espressione totalmente inesistente.
Riferendosi proprio alle proteste dei giovani iraniani la Guida Suprema ha accusato i manifestanti di essere “manipolati dalla potenze straniere” che vogliono approfittare del disastro del Boeing ucraino per mettere in secondo piano l’uccisione di Soleimani.
In realtá sa benissimo la Guida Suprema dell’Iran, che le proteste sarebbero ricominciate appena terminato il lutto per Soleimani perché la richiesta del popolo é sempre la stessa da anni: maggiori libertá.
Le proteste nelle prossime settimane cresceranno e malgrado le forze militari iraniane continueranno ad uccidere i manifestanti come nello scorso norvembre 2019 in cui persero la vita circa 1.500 persone, i giovani iraniani continueranno nella loro volontá di abbattere o quantomeno di destabilizzare il Regime iraniano.
Il problema che si pone ora, per quanto impensabile non consiste nel rovesciamento del regime ma chi sostituire a quel regime.
L’attuale sistema totalitario gioca infatti proprio sul fatto di non avere un forte avversario con cui competere. I manifestanti sanno esattamente cosa non vogliono, ma non sanno chi mettere al posto di quel regime.
In 40 anni ha pensato solo a come mantenere le ideologie della Rivoluzione, anche con la forza, senza pensare che prima o poi quel sistema sarebbe diventato obsoleto e si sarebbe rivoltato contro se stesso.
In questi anni il Regime ha sempre tolto, senza mai accordare qualche libertá, senza nemmeno concedere l’illusione di un cambiamento.
Quel cambiamento, anche piccolo e minoritario che oggi avrebbe giocato un ruolo importante. Oggi avrebbe potuto contare sul sostegno di una grande parte della popolazione e invece si ritrova un popolo diviso in cui una gran parte é pronto ad ascoltare le sollecitazioni trumpiane invece che il proprio Leader.
Una parte di popolo che preferisce credere piú alle illusioni americane che non alle certezze di un Regime. Certezze che si sintetizzano nella violazione di ogni diritto esempio lampante l’impossibilitá di mostrare il proprio dissenso.
Il Regime lo sa che al momento le alternative alla Repubblica islamica sono inesistenti e quantomai deboli. Una data importante sará quella del prossimo febbraio in cui ci saranno le elezioni parlamentari, ma vista l’esclusione di molti candidati riformisti, l’esito non potrá che essere a favore dei conservatori.
Nel momento in cui dovesse cadere il Regime chi potrebbe prendere le redini di un Paese complesso e complicate di 80 milioni di abitanti? Da mesi sentiamo durante le proteste i manifestanti cantare slogan a favore dell’ex principe ereditario, Reza Pahlavi, figlio di Mohammad Reza Shah Pahlavi.
Mi chiedo che tipo di democrazia potrebbe apportare al Paese? E se quella democrazia non fosse solo un’illusione per trasformarsi poi in monarchia una volta sul territorio iraniano? Davvero quel popolo é pronto per passare da una teocrazia a una monarchia?
L’altra figura di cui si parla, ma solo al di fuori dell’Iran é quella di Maryam Radjavi, presidente del Consiglio Nazionale della Resistenza iraniana e moglie del capo dei Mojahedin Massoud Radjavi nemici giurati del regime iraniano e sicuramente non amati in Iran, quindi con deboli se non inesistenti possibilitá di governare nel Paese.
Sicuramente l’Iran dovrá superare grandi sfide all’interno e al di fuori del Paese augurandoci che la forte identitá e le sue peculiari caratteristiche che lo hanno reso unico e magnificente, non vadano mai perdute nel tempo di oggi che tutto massifica e livella, ma che, anzi, su tale specificità, possano gettarsi basi nuove e solide.
Basi scevre dall’oscurantismo che ha sepolto l’oro della sua plurimillenaria storia.
*Antropologa culturale