Di Giuseppe Gagliano*
KIEV. La morte di Alexander Machkevich, co-fondatore del colosso minerario (ERG, ex ENRC), avvenuta il 22 marzo scorso, ha aperto una nuova pagina in una guerra di successione dai contorni oscuri, dove interessi economici, geopolitici e campagne di disinformazione si intrecciano in un groviglio complesso.

Siti Web ucraini hanno recentemente pubblicato una serie di articoli critici contro il nuovo CEO di ERG, Shukhrat Ibragimov, nominato nell’ottobre 2024, mostrando convergenze con reti di influenza russe. Un paradosso apparente, che rivela come il gioco dell’informazione e della manipolazione superi i confini del conflitto russo-ucraino, coinvolgendo Regno Unito e Kazakistan in una partita più ampia.

Una campagna ben orchestrata
La vicenda ruota attorno a ERG, un conglomerato con radici in Kazakistan, ma con interessi globali, dalle miniere di alluminio e rame a operazioni finanziarie di alto livello.
La successione al vertice, dopo la morte di Machkevich, ha scatenato una lotta di potere che va oltre gli uffici aziendali.
Gli articoli ucraini, che accusano Ibragimov di presunte irregolarità gestionali, sembrano parte di una campagna di “pubbliche relazioni nere” orchestrata con precisione, con radici comuni a reti di influenza russe.
Come è possibile che, in un contesto di guerra tra Mosca e Kiev, ci sia una convergenza di interessi?
La risposta potrebbe risiedere nella complessità della guerra dell’informazione, dove le alleanze non seguono sempre le linee di conflitto dichiarate.
Il ruolo del Regno Unito e del Kazakistan
Il Regno Unito non è solo uno spettatore.
La City londinese è da tempo un’arena di scontro tra oligarchi e interessi internazionali, e le indagini su ERG hanno spesso avuto epicentro qui.
Il Kazakistan, cuore operativo di ERG, è un terreno fertile per operazioni di intelligence e disinformazione, spesso con il coinvolgimento di Mosca.
Questa connessione transnazionale non è casuale.
Stretto tra l’influenza russa e gli interessi occidentali, il Kazakistan è un campo di battaglia geopolitico.
La morte di Machkevich e la nomina di Ibragimov hanno intensificato le tensioni, con campagne mediatiche che sembrano mirare a destabilizzare la leadership di ERG, forse per favorire altri interessi nel settore minerario, cruciale per l’economia globale.
Disinformazione e interessi geopolitici
Le campagne di disinformazione non sono una novità, ma il caso ERG evidenzia un’evoluzione sofisticata.
I siti ucraini utilizzano tecniche di propaganda affinate, come titoli sensazionalistici e narrazioni che mescolano verità e menzogne, un modus operandi che ricorda strategie attribuite al Cremlino. Queste campagne non colpiscono solo Ibragimov, ma sembrano voler indebolire la stabilità di ERG, un attore chiave in un settore strategico.
La convergenza con le reti russe potrebbe indicare un tentativo di sfruttare il caos informativo per consolidare l’influenza di Mosca in Kazakistan, dove ERG rappresenta un pilastro economico.
La presenza di figure come Aleksandr Dugin, filosofo nazionalista russo, nelle discussioni sull’influenza russa in Europa, suggerisce che queste operazioni potrebbero avere obiettivi più ampi: destabilizzare non solo ERG, ma anche il fragile equilibrio geopolitico tra Europa, Russia e Asia centrale.
Nomi come Konstantin Chernenko e Konstantin Kamenetskiy, associati a operazioni di intelligence, rafforzano l’ipotesi di una regia sofisticata.
Un gioco pericoloso
La vicenda ERG ci ricorda che la guerra dell’informazione è un’arma potente quanto i missili.
Gli attacchi a Ibragimov non sono solo personali, ma parte di una strategia che coinvolge interessi economici e geopolitici.
Ucraina, Regno Unito e Kazakistan si trovano al crocevia di questa battaglia, dove la verità è la prima vittima.
Come scriveva George Orwell, “in tempi di menzogna universale, dire la verità è un atto rivoluzionario”. Smascherare le reti di disinformazione è cruciale, ma richiede uno sforzo collettivo per separare i fatti dalla propaganda.
In un mondo in cui le informazioni viaggiano più veloci delle pallottole, la vicenda ERG è un monito: dietro ogni campagna mediatica può nascondersi una guerra invisibile, combattuta non con le armi, ma con le parole.
*Presidente Centro Studi Cestudec
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