Di Pierpaolo Piras
Roma. La pandemia da COVID-19 ha esordito nei Paesi occidentali con effetti tuttora devastanti.
Mettendo drammaticamente a nudo, in Italia e non solo, la carenza di test diagnostici, mascherine, ventilatori polmonari, letti di terapia intensiva e persino di guanti.
Il tutto è stato frutto dell’irresponsabile gestione sanitaria da parte di una classe politica di tutti segni e colori che ha creduto di tagliare le risorse (da noi circa 37 miliardi di euro negli ultimi 10 anni) depauperando pericolosamente l’assistenza nel territorio e la capacità di ricovero degli ospedali.
Ora l’epidemia ha iniziato a dilagare dai Paesi ricchi e sviluppati, più in grado di affrontare le difficoltà ed il pericolo clinico, a quelli meno sviluppati del Terzo Mondo. Qui l’effetto potrebbe risultare deflagrante.
Se ne vedono già le prime avvisaglie in Brasile dove i morti si contano a numerose migliaia mentre la profilassi presso la popolazione è tuttora assente.
E’ doverosa la premessa che di questo Coronavirus, finora sopravvissuto solo nel mondo animale, non sappiamo alcunché sulla sua costituzione, comportamento e sensibilità ai molteplici rimedi terapeutici attualmente in sperimentazione.
Non conosciamo ancora se esso avrà un’evoluzione stagionale e in quale modo potrebbe essere influenzato dal clima ed umidità atmosferica, né la diffusione nella società.
In questa parte maggioritaria ed economicamente depressa del mondo, la raccolta dati sanitari è resa difficile dalla mancanza di strutture apposite nel territorio, rendendo l’assistenza gravemente inadeguata.
Con i lavoratori che dovrebbero contare solo sul proprio già scarso o scarsissimo reddito familiare e con l’eventuale chiusura (lockdown) della vita sociale ed economica.
Il risultato avrebbe un costo inimmaginabile con un numero insondabile di morti.
La frequente assenza di Uffici di Stato Civile rende impossibile la valutazione della diffusione epidemica.
Le differenze con i Paesi prosperi si vedono anche in altri fattori di rischio come l’obesità, il diabete, l’ipertensione e l’età anziana che potrebbero favorire i più poveri.
Detto in breve, al solo fine di evitare la scomparsa di milioni di persone, le organizzazioni internazionali (ONU ecc) o i singoli Stati devono agire con estrema urgenza allestendo adeguati finanziamenti per l’acquisto di materiale sanitario compreso quello atto a proteggere il personale di soccorso e ventilatori polmonari per agevolare l’assistenza nei reparti di terapia intensiva.
Data la gravità della sfida e per la scarsità di risorse, sarebbe ancora più opportuno identificare sia gli individui già infettati che i conviventi e le persone venute a contatto con loro.
Questa strategia sarebbe enormemente meno costosa e ridurrebbe alquanto il ricorso all’assistenza ospedaliera.
Piu tardi con la scoperta di un vaccino e di farmaci antivirali la minaccia del COVID ridurrebbe sensibilmente l’impatto e la letalità del virus sulla società.
Che altro si potrebbe fare da subito?
In primo luogo, supportare i Paesi in via di sviluppo con risorse finanziarie d’emergenza in un percorso che le assicuri un virtuoso utilizzo tenendole al riparo dalla spaventosa corruzione che in questi posti è facile riscontrare.
In secundis, tutelare tutte le attività legate all’agricoltura al fine di prevenire la scarsità di cibo che sicuramente avverrebbe a seguito della chiusura del dinamismo economico-sociale.
E ancora, mantenere viva la capacità di produrre in loco sia le trasformazioni degli alimenti che dei rimedi sanitari in modo da non doverli importare.
Non in ultimo, attivare, laddove fosse assente, il commercio online (e-commerce) per fronteggiare l’assenza delle vendite nelle strade per via dei divieti di circolazione: quindi migliorare l’accesso ad internet e rendere i prezzi maggiormente accessibili.
Al fine di rendere tollerabile l’onere del debito dei Paesi con un reddito al di sotto del livello di povertà, è già all’esame delle Nazioni Unite la possibilità di annullare del tutto questi obblighi con l’estero secondo la prima considerazione che a questo mondo dobbiamo vivere tutti.
© RIPRODUZIONE RISERVATA