Di Valeria Fraquelli
Washington. Dopo lo scandalo degli hacker russi che avrebbero rese pubbliche le mail della candidata democratica Hillary Clinton allo scopo di screditarla e permettere a Donald Trump di vincere le elezioni presidenziali, il cosiddetto Russiagate, nelle Agenzie di intelligence statunitensi si è scatenato un vero e proprio terremoto.
I sospetti che Trump e la sua squadra di governo siano in qualche modo implicati o anche complici dei russi – si dice anche che sia stato lo stesso Presidente a pagare i russi perché rubassero le mai private della sua avversaria elettorale – hanno creato un vespaio di polemiche a Washington e alcuni senatori democratici vorrebbero chiedere l’empeachment per l’inquilino della Casa Bianca.
James Comey, direttore dell’FBI è stato licenziato da Trump forse proprio perché si sarebbe rifiutato di chiudere un occhio sui rapporti tra il primo consigliere per la sicurezza nazionale nominato da Trump, il Generale Michael Flynn, e alcuni alti vertici russi con i quali avrebbe anche scambiato informazioni strettamente riservate. Dal licenziamento di Comey è emersa la figura di Christopher Wray che mercoledì scorso è stato nominato direttore dell’FBI dal Presidente in persona, in quanto giudicato un uomo dalle grandi qualità e con tutti i requisiti giusti per guidare la più grande agenzia della sicurezza statunitense in un periodo così delicato.
Christopher Wray è una figura di alto livello che ha lavorato per il Dipartimento della Giustizia per molti anni contribuendo con profitto a tanti successi della legge contro la criminalità di qualsiasi tipo. Si è occupato molto anche di contrastare la corruzione senza paura di colpire anche i potenti di turno; ha sempre svolto il suo lavoro in maniera coscienziosa e attenta ed è sempre stato molto scrupoloso nell’analizzare ogni minimo dettaglio utile per le sue indagini.Trump

Christopher Wray è il nuovo direttore dell’FBI.
Lavorando per il Dipartimento di Giustizia, Wray ha avuto modo di collaborare parecchie volte con l’FBI e ne conosce molto bene il funzionamento; sa come comportarsi e sa come gestire tutte le inchieste aperte, anche le più delicate.
Ha dimostrato una grande capacità di saper gestire ogni situazione, anche quelle più scomode, con molta discrezione e ha idee molto chiare su come impostare il suo lavoro direttore di una delle più grandi e prestigiose agenzie di intellligence a livello mondiale.
Si è occupato in prima persona di alcune delle più importanti indagini ed inchieste che hanno fatto la storia degli Stati Uniti portando alla luce scandali che hanno avuto grandi ripercussioni sulla politica e sull’economia statunitensi.
Dopo i tragici fatti dell’11 settembre 2001 si è occupato dell’inchiesta che mirava a stabilire le responsabilità di quegli attentati che a New York e Washington sono costati la vita a migliaia di persone innocenti; ha scavato a fondo ed ha collaborato con le forze anti terrorismo per stabilire le connessioni tra terrorismo e l’alta finanza di alcuni Paesi medio orientali. Il suo scopo era sapere da dove arrivassero i terroristi e dove avessero preso il denaro necessario alla preparazione si attacchi tanto clamorosi.
Dal 2003 al 2005 è stato a capo della Task Force che ha investigato sul caso della bancarotta fraudolenta del colosso Enron; l’inchiesta da lui condotta ha rivelato come i dirigenti dell’azienda avessero trovato il modo di occultare milioni di dollari in paradisi fiscali e anche l’esistenza di un grosso sistema di corruzione.
Il deputato repubblicano Patrick Meehan, della Pennsylvania, lo ha definito un uomo con grande carisma e grande humour, molto calmo e metodico, adatto a guidare l’FBI in questo periodo di caos e tensione tra Casa Bianca e intelligence.
Wray è anche stato per un lungo periodo capo dei consiglieri legali del governatore del New Jersey Chris Christie, repubblicano di ferro e fedele sostenitore del Presidente Trump fin dall’inizio della campagna elettorale che lo ha portato alla Casa Bianca.
Anche lo stesso Wray è un grande sostenitore di Trump e non lo ha mai nascosto, ma adesso deve dimostrare che saprà rendere l’agenzia federale che si appresta a guidare davvero indipendente dalle scelte del potere esecutivo e questa sarà la sfida più grande, soprattutto perché Donald Trump ha un carattere molto decisionista che lascia poco spazio ai suoi collaboratori.