Crisi India-Pakistan: Nuova Delhi lancia la sua rappresaglia in territorio pakistano. Per Islamabad è atto di guerra

Di Fabrizio Scarinci

NUOVA DELHI/ISLAMABAD. A due settimane dal sanguinoso attentato terroristico nel Kashmir indiano, la rappresaglia di Nuova Delhi nei confronti del Pakistan è arrivata.

Nel corso della notte, infatti, le Forze Armate indiane hanno lanciato una serie di attacchi aero-missilistici in territorio pakistano e nelle aree del Kashmir controllate da Islamabad.

Una delle esplosioni provocate dall’azione delle forze di Nuova Delhi

Nell’annunciare l’operazione, denominata “Sindoor” in onore alle donne che hanno perso i loro mariti (presumibilmente con riferimento all’attentato), il governo di Nuova Delhi ha anche specificato come ad essere colpite siano state non le installazioni militari pachistane, ma alcune delle basi utilizzate dalle organizzazioni terroristiche allo scopo di pianificare attentati in India.

Stando a quanto dichiarato dalle autorità di Islamabad, l’attacco indiano si sarebbe concentrato su più di sei località, che sarebbero state bersagliate da decine di ordigni.

Quanto alle vittime, il canale televisivo indiano News 18 afferma che i raid avrebbero provocato il ferimento di una cinquantina di persone e la morte di almeno 12 terroristi.

Per ciò che concerne, invece, i mezzi e i sistemi impiegati nell’attacco, si parla, almeno per il momento, del lancio di vari missili da crociera di tipo SCALP EG e di diverse “Hammer Bombs” da parte di alcuni caccia multiruolo Rafale e dell’utilizzo di un certo numero di droni kamikaze.

Immagine all’infrarosso di un Rafale dell’Indian Air Force durante un rifornimento in volo notturno

Dal canto suo, il Ministero della Difesa pachistano ha dichiarato che cinque jet da combattimento dell’Indian Air Force (nello specifico, tre Rafale, un Sukhoi SU-30 MKI e un MiG-29) sarebbero stati abbattuti nel corso dell’azione (una circostanza la cui veridicità è, ovviamente, ancora tutta da verificare).

Com’era lecito aspettarsi, in seguito ai raid il livello di tensione tra i due Paesi (particolarmente elevato anche prima) è ulteriormente aumentato, con il governo di Islamabad che ha definito l’azione di Nuova Delhi un vero e proprio atto di guerra e informato il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite della sua intenzione di “rispondere in maniera appropriata”.

Nel frattempo, gli scontri sulla frontiera terrestre, già in atto da diversi giorni, sembrerebbero essersi intensificati.

A cosa si potrebbe arrivare non è ancora del tutto chiaro.

Di certo, per India e Pakistan (entrambe potenze nucleari) non si tratta del primo scontro di questo tipo ed entrambe le classi dirigenti sono abituate, da ormai diversi decenni, a colpirsi a vicenda mantenendo le loro ricorrenti contese al di sotto della soglia che potrebbe portare allo scontro totale.

La cosa più probabile è che accada anche in quest’occasione. Del resto, accanto alla dichiarazione secondo cui tale azione costituirebbe un atto di guerra, il governo pachistano ha anche specificato che, qualora l’India si “riturasse”, le forze di Islamabad ridurrebbero le loro operazioni militari.

Riguardo al Presidente statunitense Donald Trump, invece, in una sua prima reazione a caldo egli ha definito “una vergogna” gli accadimenti della scorsa notte, augurandosi che tale escalation possa finire il prima possibile.

In ogni caso, però, non si può non osservare come, malgrado tale affermazione, apparentemente poco “comprensiva” nei confronti dell’azione indiana, il riacutizzarsi della storica crisi tra India e Pakistan offra alla diplomazia statunitense notevoli spazi di manovra allo scopo di favorire un nuovo allontanamento di Nuova Delhi da Pechino, grande “protettrice” di Islamabad con cui, solo pochi mesi fa, il governo di Nerendra Modi aveva firmato una serie di accordi volti a porre le basi per una normalizzazione delle relazioni bilaterali.

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