Di Giuseppe Gagliano*
NUOVA DEHLI. L’India sale al terzo posto globale nella classifica del World Directory of Modern Military Aircraft, superando la Cina.

Non parliamo solo di numeri ma di “qualità della prontezza”: addestramento, logistica, interoperabilità, capacità di strike e supporto.
Il TruVal Rating della IAF (69,4) fotografa una forza che ha smesso di inseguire e ha iniziato a dettare ritmo, con una flotta di 1.716 velivoli bilanciata tra caccia (31,6%), elicotteri (29%) e addestratori (21,8%).
Il salto non viene da un singolo programma miracoloso, ma dalla somma di procedure, manutenzioni, sensoristica e comando-controllo – la vera “avionica invisibile” che distingue le aviazioni mature.
La lezione militare: superiorità locale e “tempo di reazione”
La IAF dimostra di saper colpire oltre confine con coordinamento e precisione (il richiamo all’Operazione “Sindoor” va letto così: tempistica serrata, intelligence spendibile, copertura elettronica adeguata).
Il punto non è l’effetto cinematografico del singolo raid, ma la capacità di ripeterlo, sostenerlo e proteggerlo con rifornimenti in volo, AEW&C, SEAD/DEAD e guerra elettronica.
È qui che l’India mostra un vantaggio rispetto a una Cina che, pur vasta, paga ancora divari su addestramento avanzato, CAS integrato e alcune specializzazioni di bombardamento strategico.
Lato mare: la strategia della profondità
La visita della Fregata “INS Sahyadri” in Corea del Sud e il suo dispiegamento tra Mar Cinese Meridionale e Indo-Pacifico raccontano l’altra metà del cielo: la potenza aerea diventa credibile quando si appoggia a una Marina in grado di proiettare sensori, basi avanzate, rifornimenti e deterrenza.

L’India non “sfida” Pechino sul numero di scafi, ma occupa spazi, costruisce interoperabilità con partner chiave e, soprattutto, accorcia le linee decisionali con esercitazioni congiunte.
È geografia applicata: incuneare presenza fra stretto di Malacca, isole contese e penisola coreana significa complicare il calcolo cinese.
Geopolitica: il messaggio a Pechino e agli alleati
Superare la Cina nel ranking aereo è simbolico, ma il significato politico è concreto.
Nuova Delhi dice a Washington, Tokyo, Canberra e alle capitali ASEAN: “Posso sostenere ruoli da pilastro regionale”.
Allo stesso tempo, manda a Pechino un segnale di stabilità: non è l’India del 2010, costretta a scegliere tra fornitori o dottrine; è un attore nucleare che integra piattaforme USA e russe, tenendo insieme autonomia strategica e allineamenti funzionali.
Per la Cina, abituata a progredire senza contrappesi simmetrici, è uno scarto da metabolizzare.
Geoeconomia della potenza aerea: supply chain e budget
La potenza aerea è un bilancio in movimento. Janes stima un mercato della difesa in crescita attorno ai 2,56 trilioni di dollari: tradotto, più cicli manutentivi, più retrofit avionici, più munizionamento stand-off.
L’India ha un vantaggio: il “multi-sourcing” (USA e Russia, ma non solo) riduce l’esposizione a strozzature singole della filiera, anche se aumenta la complessità logistica.
Qui entra in gioco l’industria nazionale: se Nuova Delhi continuerà a localizzare componenti critiche (motori, radar AESA, missili aria-aria a lungo raggio, EW pods), il sorpasso rischia di consolidarsi, spostando valore aggiunto in casa e riducendo la dipendenza da licenze.
Valutazione strategica: deterrenza a scala regionale
Sul piano militare, l’India appare sempre più in grado di imporre superiorità aerea locale e “finestra di negazione” su teatri limitrofi.
Il confine himalayano resta un banco di prova difficile, ma la combinazione di sorveglianza, strike e trasporto tattico conferisce tempi di reazione compatibili con crisi brevi e ad alta intensità. In mare, la proiezione a “isole logistiche” e l’interoperabilità con partner esterni alzano il costo di qualsiasi forzatura cinese lungo le rotte indo-pacifiche.
Rischi e vincoli: sostenibilità e coerenza dottrinale
Non tutto è lineare. Il mosaico di piattaforme impone una disciplina feroce su catene di manutenzione, scorte e formazione.
La superiorità non si difende con i comunicati, ma con tassi di disponibilità reali, simulatori aggiornati, cicli di addestramento continui e munizionamento smart sempre in pancia.
Inoltre, l’India dovrà blindare il capitolo cyber e space-based ISR: senza pipeline di dati pulita e resiliente, ogni “terzo posto” evapora al primo jamming serio.
Il quadro che cambia
La classifica WDMMA è un’istantanea.
La pellicola, però, mostra un’Asia che si ribilancia: Stati Uniti stabilmente in testa, Russia seconda per massa e retaggi strategici, India terza come potenza capace di tradurre numeri in prontezza.
La Cina resta gigantesca e pericolosa, ma non più sola a dettare standard.
Per chi guarda alla sicurezza dell’Indo-Pacifico, questo significa una cosa semplice: da oggi, ogni piano operativo serio deve partire da una premessa- con l’India bisogna fare i conti.
*Presidente Centro studi strategici – Cestudec
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