Afghanistan: il ritiro delle truppe USA e NATO non risolverà il lungo, sanguinoso conflitto

Di Pierpaolo Piras

Washington. Di recente Joe Biden, Presidente degli Stati Uniti, ha comunicato il ritiro progressivo delle truppe USA dall’Afghanistan fino al termine dell’11 settembre prossimo, dopo oltre 20 anni di coinvolgimento degli Stati Uniti nella guerra del Paese .

Soldati americani in Afghanistan

Il ritiro comporta grossi rischi.

I Talebani potrebbero espandere il proprio controllo sull’Afghanistan e il processo di pace in corso con il governo di Kabul potrebbe crollare.

Numerose sono le questioni relative alla guerra afgana.

I tratti più significativi del ritiro

L’aspetto più importante è che non è basato sulle condizioni politiche e gli aspetti più tecnici.

Già in passato, i Presidenti degli Stati Uniti hanno generalmente affermato che avrebbero preso le decisioni più opportune per affrancarsi dall’Afghanistan e dall’Iraq, basandosi proporzionalmente all’entità e alla forma della minaccia rappresentata dai nemici locali e dalle capacità d’intervento degli alleati nei territori limitrofi.

Basti ricordare che anche l’Amministrazione di Donald Trump aveva fissato al 1 ° Maggio di quest’anno il termine per il ritiro, dopo i negoziati intrapresi l’anno scorso con i Talebani.

 

La storica firma degli accordi con i talebani nel febbraio del scorso anno

Nella stessa occasione, Trump aveva insistito sul fatto che i Talebani dessero chiari segni di distinzione e condanna di Al-Qaida (che non hanno mai fatto) e si astenessero dagli attacchi alle truppe statunitensi (cosa che hanno generalmente commesso).

La situazione politica attuale in Afghanistan 

I Talebani sono all’offensiva con costanti attacchi alle truppe alleate (specie americane) e attentati terroristici mirati alla società civile.

In rosso i territori occupati dai Talebani

I colloqui di pace, iniziati lo scorso anno, con Trump e con il Governo afgano sono in stallo.

Gli Stati Uniti o altre forze straniere potrebbero restare in Afghanistan oltre l’11 settembre?

A conti fatti sembra molto improbabile.

Biden ha affermato che saranno ritirate tutte le forze statunitensi, senza eccezioni quelle delle operazioni speciali.

I circa 7 mila militari degli altri Paesi che appoggiano gli Stati Uniti probabilmente li seguiranno, affidandosi all’azione politico-militare USA.

Un ulteriore interrogativo riguarda la possibilità o meno che gli Stati Uniti siano in grado di mantenere aperta e attiva la loro Ambasciata a Kabul, cruciale per le operazioni sul posto.

Il controllo del territorio

Grazie all’efficacia della potenza aerea americana e di altri fattori abilitanti di terra, le forze governative sono state in grado di proteggere a sufficienza tutte le città dell’Afghanistan.

Milizie Talebane

L’ipotesi degli analisti è che mantenere quel controllo potrebbe diventare impossibile.

La prima città a cadere in mano ai Talebani potrebbe essere Kandahar, antica capitale dell’Afganistan con oltre 640 mila abitanti, già oggi circondata da loro.

Ciò potrebbe avviare una reazione a catena che alla fine li porterebbe a marciare su Kabul.

Il pericolo è che le forze di sicurezza afghane si frammentino e che il Paese finisca in un’ennesima conflitto intestino, con i signori della guerra del Nord che resistono all’avanzata dei Talebani proprio come fecero alla fine degli anni ’90.

Qual è la probabilità che l’Afghanistan diventi di nuovo un paradiso per i terroristi?

Un gruppo di analisti, incaricato dal Congresso USA, ha già concluso ufficialmente che “un ritiro precipitoso potrebbe portare a una ricostituzione della minaccia terroristica agli Stati Uniti entro tre anni”.

Sarà difficile per gli Stati Uniti condurre operazioni antiterrorismo perché perderanno la propria capacità di controllo sulla qualità della minaccia.

Un ritiro militare statunitense riguarderà anche molti membri dell’indispensabile personale impiegato nell’intelligence.

E anche se venissero rilevate minacce, sarebbe più difficile sradicarle.

E’ più probabile che gli attacchi aerei a lungo raggio diventino imprecisi e le operazioni più lunghe e rischiose.

Ma la minaccia più immediata rappresentata dal ritiro degli Stati Uniti non sarà per gli USA ma per il popolo afgano.

Un momento degli scontri a fuoco con i Talebani a Sangin, qualche anno fa.

Per la retrocessione delle libertà duramente conquistate e ancora di più per il regime oppressivo alle quali sarebbero nuovamente esposte le donne.

Quali sono le prospettive per il processo di pace intra-afghano?

Attualmente , il processo di pace è già bloccato ed è improbabile che proceda in questa fase.

In secundis, da un punto di vista politico i Talebani non hanno alcun incentivo a cedere in compromessi ora che le truppe statunitensi se ne stanno andando.

All’inizio di marzo, l’Amministrazione Biden ha cercato di potenziare i negoziati svelando il piano per un governo ad interim e invitando le parti a finalizzare un accordo.

Ma i Talebani hanno mostrato scarso interesse. Anzi, i loro leader credono e propagandano di aver già vinto la guerra.

Controllo dal cielo in Afghanistan di un mitragliere italiano

Come ha recentemente affermato Sirajuddin Haqqani, uno dei massimi esponenti Talebani: “Nessun mujaheddin avrebbe mai pensato che un giorno avremmo affrontato uno stato così migliorato , o che avremo schiacciato l’arroganza dei signori del Nord  costringendoli ad ammettere la loro sconfitta per mano nostra. Fortunatamente, oggi, tu e noi stiamo vivendo circostanze migliori”.

Sirajuddin Haqqani, uno dei massimi esponenti Talebani

La risposta USA sta tutta nelle intenzioni chiaramente espresse da Biden : “Non distoglieremo lo sguardo dalla minaccia terroristica”, ha detto il Presidente.

I funzionari del Pentagono dicono che i piani preliminari di riposizionamento militare, elaborati durante una recente revisione politica di  Biden, sono iniziati subito dopo essersi insediato alla Casa Bianca.

Essi, durante i precedenti dibattiti sulle opzioni statunitensi in Afghanistan, saranno rielaborati e sottoposti all’approvazione del Segretario alla Difesa, Lloyd J. Austin.

Il Segretario alla Difesa USA, Lloyd J. Austin

Tra le sfide più grandi, una volta che le truppe avranno lasciato il Paese, sarà quella di come si potranno sorvegliare efficacemente – e rapidamente colpire – i gruppi radicali armati in Afghanistan, che  è molto lontano da qualsiasi grande base americana in quella vasta area geografica.

Quali sono le prospettive militari ?

Dai consiglieri di Biden emergono altre soluzioni che riconoscono l’assenza di qualsivoglia soluzione militare al conflitto afgano.

Se da un lato questa nazione  rimarrà in balia di una struttura sociale diffusamente tribale aggravata dalla accesa conflittualità reciproca, dall’altro si è convinti che il rischieramento di basi USA,  l’arsenale di armi, aerei ed una rete di militari sia sufficiente a mantenere un minimo di controllo di sicurezza sugli eventuali rigurgiti di terrorismo.

Una delle principali sedi di rischieramento militare sarebbe la grand Base aerea di Al-Udeid , nei pressi di Doha, capitale del Qatar (uno degli alleati più fedeli agli USA nel Medio Oriente) che accoglie la Qatar Air Force, l’United States Air Force, la Royal Air Force britannica e altro personale e risorse logistiche della “Gulf War Coalition” (coalizione di 35 Paesi, nata dopo la Guerra del Golfo del 1990-1991).

Ma la notevole distanza della nazione del Golfo dall’Afghanistan, aggravata dalla necessità di percorrere rotte rasenti al vicino Iran, la rende una scelta rischiosa, oltre che costosa.

I jet da bombardamento che dal Qatar devono raggiungere l’Afghanistan richiedono un indispensabile rifornimento in volo, che a sua volta potrebbe mettere a dura prova la flotta dei vetusti aerei cisterna KC-135 dell’Aviazione americana.

Rifornimento in volo per un KC-135 americano

L’ alternativa ai jet sarebbe rappresentata dai droni a lungo raggio

Un MQ-9 Rapper in volo

(in uso anche dall’Aeronautica Militare italiana, autonomia fino a 28 ore) richiedendo il dispiegamento di un numero elevato di questi sistemi d’arma per garantire il proprio impiego lungo tutte le 24 ore.

Voci del Pentagono (sede del quartier generale del Dipartimento della Difesa degli USA) dicono che si prenderanno in considerazione opzioni più prossime all’Afghanistan per le operazioni con i droni, incluso l’Uzbekistan, la cui base di Karshi-Khanabad è già stata un hub logistico USA per l’Afghanistan, fino a quando il Governo locale non ha negato agli Stati Uniti, nel 2005, la sua operatività.

Tuttavia, la sua triste ed inaccettabile situazione dei diritti umani potrebbe rendere sgradevole una rinnovata cooperazione.

Nelle vicinanze dell’Afghanistan si trova anche il Pakistan dove una volta (fino al 2011) la CIA ha eseguito missioni con droni dall’aeroporto supersegreto di Shamsi (provincia del Belucistan).

Il Governo pakistano ha dimostrato il suo sostegno costruttivo ai colloqui di pace del 2020 tramite il suo primo ministro Imran Khan (già ambasciatore a Washington) molto popolare e amato dai giovani.

L’obiettivo strategico resta quello di mantenere in Afghanistan almeno due squadre operative di JSOC, magari sotto il comando e controllo dell’intelligence (CIA e altri) dell’Ambasciata americana a Kabul.

La JSOC (Joint Special Operations Command) fa parte dell’ USSOC (United States Special Operations Command).

Il suo Quartier generale è situato nei pressi della base di Fort Bragg, Carolina del Nord.

È un reparto che si addestra e agisce con letale efficacia e precisione ad un livello di estrema oscurità operativa.

E’  costituito da migliaia di militari addestratissimi e può prendere ordini soltanto dal Presidente degli Stati Uniti.

Questo reparto speciale è stato impiegato frequentemente nelle guerre in Iraq e in Afganistan.

Per i veterani dell’Afghanistan, i vecchi sentimenti di frustrazione e di perdita si rinnovano mentre gli USA si preparano a porre fine alla loro guerra più lunga.

Fonti bene informate del Governo americano hanno sottolineato la responsabilità dei Talebani, secondo i termini dell’accordo USA-Talebani del 2020, di garantire che l’Afghanistan non diventi di nuovo una base per ripetere le trame terroristiche del passato.

Tutti si aspettano che siano all’altezza dei loro obblighi e continuino a garantire che al-Qaeda non possa più usare l’Afghanistan come piattaforma per progettare attacchi esterni.

Ma non è chiaro se la necessaria  presenza dell’intelligence, oltre alla tradizionale attività di spionaggio, include anche un’operatività militare USA in unione con le squadre antiterrorismo afghane.

Il ritiro delle truppe probabilmente renderà più difficile il lavoro di reclutamento di agenti dell’intelligence e alcuni esperti temono che gli afghani che hanno già  esercitato questo importante compito al servizio degli americani diventeranno uno dei primi obiettivi dei Talebani.

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

 

 

Autore