Afghanistan: una fuga di dati inguaia agenti segreti, membri delle Forze speciali della Gran Bretagna e cittadini collaboratori di Londra

Di Giuseppe Gagliano*

LONDRA. La notizia è esplosa come una bomba nei corridoi del potere britannico, portando con sé l’odore acre di segreti compromessi e di operazioni delicate finite in pasto a occhi nemici.

Si tratta di una delle più gravi fughe di dati che abbiano colpito il Regno Unito dalla campagna in Afghanistan.

Un soldato britannico in Afganistan

 

Oltre 100 agenti dei Servizi Segreti e membri delle Forze speciali risultano esposti, insieme a quasi 19 mila cittadini afghani che, in 20 anni di conflitto, hanno collaborato con Londra e che ora rischiano ritorsioni mortali da parte dei talebani.

Nomi, contatti, dettagli operativi e perfino informazioni su missioni classificate sarebbero finiti in mani sconosciute.

Tra i profili più compromessi figurano spie dell’MI6, impegnate in operazioni di intelligence estera, e soldati delle Special Air Service, l’unità d’élite britannica incaricata delle missioni più rischiose in territorio ostile.

Gli uomini delle “black ops”, abituati a muoversi nell’ombra, oggi si trovano esposti alla luce cruda di un errore che potrebbe costare vite.

Il Ministero della Difesa, travolto dall’imbarazzo, ha cercato di correre ai ripari.

Il Segretario alla Difesa John Healey, considerato tra i principali responsabili dell’insabbiamento iniziale, ha chiesto scusa pubblicamente, ammettendo che anche legislatori e alti funzionari militari sono coinvolti.

John Healey, ministro della Difesa britannico. Foto di Lauren Hurley (No 10 Downing Street)

Ma le scuse non bastano a cancellare la fragilità di un apparato di sicurezza che, proprio mentre ammonisce gli altri sui pericoli delle guerre ibride e del cyberspionaggio, si lascia colpire al cuore da una fuga di informazioni che getta Londra in uno stato di vulnerabilità senza precedenti.

La risposta del Governo è stata la creazione di un programma segreto di ricollocamento, costato circa due miliardi di sterline.

Un tentativo disperato di proteggere agenti e operatori che, privati delle loro coperture, rischiano di essere identificati e neutralizzati da servizi rivali.

L’ombra di Mosca e Pechino aleggia in ogni analisi, ma nessuno osa confermare apertamente la matrice di questa fuga devastante.

A complicare il quadro c’è il fatto che la notizia è stata tenuta nascosta per anni da una superingiunzione che impediva alla stampa di parlarne. Solo ora, dopo pressioni crescenti e crepe nella cortina di silenzio, l’opinione pubblica britannica scopre la portata dello scandalo.

Questo incidente non è un semplice errore amministrativo.

È il segnale di un sistema occidentale sempre più fragile, logorato da conflitti esterni e divisioni interne.

Dopo 20 anni di Afghanistan, la Gran Bretagna si ritira lasciando dietro di sé non solo alleati traditi, ma anche le proprie vulnerabilità strategiche.

La vicenda offre una lezione amara: la guerra moderna non si combatte più soltanto con fucili e droni, ma anche con server, chiavette USB e database.

Chi controlla l’informazione controlla la guerra. E quando l’informazione trapela, anche l’esercito più sofisticato può trovarsi nudo davanti al nemico.

*Presidente Centro studi Cestudec

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