Albania: i Conservatori e i legami con il Regno Unito. Nasce un nuovo Think-Tank Ispirato all’Ungheria

Di Giuseppe Gagliano

TIRANA. Un vento di cambiamento soffia tra i Conservatori albanesi, che stanno cercando di rafforzare la loro influenza politica attraverso una rete di connessioni internazionali.

L’Albania al centro dela geopolítica balcanica

 

Al centro di questa strategia c’è la nascita dell’Istituto Conservatore Albanese, un Think-Tank di recente fondazione che si propone di diventare un punto di riferimento per il pensiero di destra nel Paese balcanico.

L’iniziativa, che guarda con interesse ai modelli dell’Europa orientale, in particolare all’Ungheria di Viktor Orbán, sta attirando l’attenzione per i suoi legami con parlamentari britannici e per il supporto ricevuto da realtà politiche più orientali.

Questo progetto potrebbe segnare una svolta nel panorama politico albanese, tradizionalmente dominato da una polarizzazione tra socialisti e democratici, e aprire nuove prospettive di cooperazione transnazionale.

Le radici dell’Istituto Conservatore albanese

L’Istituto Conservatore Albanese nasce in un contesto di fermento politico.

L’Albania, dopo decenni di transizione post-comunista, è ancora alla ricerca di una propria identità ideologica chiara.

Il Partito Democratico (PD), guidato da figure come Sali Berisha e Lulzim Basha, ha rappresentato per anni il principale baluardo del centrodestra nel Paese, ma il suo approccio è stato spesso pragmatico più che ideologicamente definito.

Sali Berisha

L’Istituto si propone di colmare questa lacuna, offrendo una piattaforma per elaborare una visione conservatrice moderna, radicata nei valori tradizionali ma aperta alle influenze internazionali.

L’ispirazione ungherese non è casuale.

Viktor Orbán, con il suo modello di “democrazia illiberale”, è diventato un faro per molti movimenti conservatori in Europa, specialmente nei Balcani, dove le tensioni tra modernizzazione occidentale e identità nazionale restano vive.

Il primo ministro ungherese Viktor Orban

 

L’Ungheria ha investito negli ultimi anni in una rete di think-tank e organizzazioni che promuovono il suo modello politico, e l’Albania sembra ora rientrare in questa sfera d’influenza. Esperti e analisti vicini all’Istituto hanno partecipato a conferenze a Budapest, studiando da vicino le politiche di Fidesz, il partito di Orbán, su temi come la famiglia, la sovranità nazionale e il controllo dell’immigrazione.

Legami con il Regno Unito

Ciò che rende l’Istituto particolarmente interessante è il suo tentativo di stringere rapporti con i conservatori britannici, i celebri Tories.

Parlamentari del Partito Conservatore del Regno Unito, dopo la sconfitta elettorale del 2024 e l’ascesa del Governo laburista di Keir Starmer, stanno cercando di riposizionarsi, anche attraverso alleanze internazionali meno convenzionali. Alcuni membri del Parlamento britannico, soprattutto dell’ala più euroscettica e nazionalista, hanno visto nell’Istituto Conservatore albanese un’opportunità per ampliare la loro influenza nei Balcani, una regione strategicamente importante per la sicurezza europea e i flussi migratori.

Il primo ministro britannico Keir Starmer

 

Fonti vicine al progetto parlano di incontri informali tra rappresentanti dell’Istituto e figure Tory, organizzati a Londra e Tirana negli ultimi mesi.

Non si tratta ancora di una partnership ufficiale, ma di un dialogo che potrebbe presto concretizzarsi.

Tra i temi discussi ci sarebbero le politiche migratorie – un punto caldo sia per il Regno Unito post-Brexit sia per l’Albania, coinvolta nell’accordo con l’Italia sui centri di detenzione – e la promozione di un conservatorismo che si opponga al progressismo globale.

Per i Tories, collaborare con un Think-Tank albanese potrebbe anche essere un modo per riaffermare la loro rilevanza in un momento di crisi interna, mentre per i conservatori albanesi rappresenta un’occasione per guadagnare credibilità e risorse.

L’Influenza Orientale

L’Istituto non si limita a guardare a Ovest.

Una parte significativa del suo sviluppo sembra dipendere dal sostegno di realtà più orientali, un termine che potrebbe riferirsi a Paesi come la Russia o la Turchia, anche se i dettagli restano vaghi.

L’Albania ha una lunga storia di relazioni complesse con i vicini orientali, e i conservatori potrebbero star cercando di sfruttare questi legami per diversificare le loro fonti di ispirazione e finanziamento.

Alcuni osservatori suggeriscono che dietro questa apertura ci sia un interesse pragmatico: l’accesso a reti economiche e politiche che possano aiutare il Think-Tank a crescere in un Paese dove le risorse per tali iniziative sono limitate.

Questa connessione orientale si intreccia con il modello ungherese, che a sua volta ha coltivato rapporti con Mosca e Ankara.

L’Istituto potrebbe quindi diventare un nodo in una rete conservatrice più ampia, che collega l’Europa occidentale a quella orientale attraverso i Balcani.

Tuttavia, questa strategia non è priva di rischi: l’Albania è un candidato all’ingresso nell’Unione Europea, e un eccessivo avvicinamento a potenze non allineate con Bruxelles potrebbe complicare il percorso di adesione.

Implicazioni per l’Albania e oltre

La nascita dell’Istituto Conservatore albanese arriva in un momento cruciale.

Le elezioni parlamentari del 2025 si avvicinano, e il PD, nonostante le difficoltà interne, resta una forza competitiva contro i socialisti di Edi Rama.

Il Think-Tank potrebbe fornire al centrodestra albanese un’arma ideologica per mobilitare l’elettorato, specialmente nelle aree rurali e tra chi è critico verso la globalizzazione e l’influenza occidentale. Temi come la difesa della famiglia tradizionale, il controllo dei confini e la resistenza alla “wokeness” – mutuati dal dibattito conservatore internazionale – potrebbero trovare terreno fertile in un Paese con una forte identità culturale.

A livello internazionale, il progetto riflette una tendenza più ampia: la crescente internazionalizzazione dei movimenti conservatori. Dall’Ungheria al Regno Unito, passando per i Balcani, si sta formando una sorta di “Internazionale conservatrice” che cerca di contrastare l’egemonia progressista.

Per l’Albania, questo potrebbe significare un ruolo più attivo nel dibattito europeo, ma anche il rischio di polarizzare ulteriormente una società già divisa.

Resta da vedere se l’Istituto riuscirà a tradurre queste ambizioni in un impatto concreto.

Per ora, il suo lancio è un segnale chiaro: i conservatori albanesi non intendono restare ai margini, e sono pronti a giocare una partita che va ben oltre i confini nazionali, con alleati potenti e modelli controversi come guida.

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