Di Pierpaolo Piras
Ankara. Lo stato di tensione tra l’Unione europea e la Turchia era già evidente in occasione del vertice della NATO del dicembre 2019, avvenuto per celebrare il 70° anniversario dell’Alleanza atlantica.
Nel corso dell’evento sono stati sottolineati i successi del passato anche remoto, confermate le misure di deterrenza già pronunciate e concordate a Varsavia, nel 2014, esaltate l’introduzione delle alte e miniaturizzate tecnologie emergenti anche a livello spaziale.
Nella stessa occasione sono stati confermati tutti i livelli di Comando e meccanismi militari che stanno alla base dell’interoperabilità della NATO.
Tuttavia, è stata messa in discussione la coesione tra gli alleati i quali confliggono tra loro , sfruttando a proprio vantaggio questa debolezza intrinseca.
Attualmente, il caso più pronunciato e acuto è il contrasto tra la NATO e la Turchia.
Gli alleati dell’Alleanza atlantica sono allarmati per le misure repressive del Governo di Recep Tayyp Erdogan, Presidente della Turchia, che gravano sui livelli di democrazia giuridica e sulla libertà di stampa; le continue azioni militari turche al confine con la Siria settentrionale.
L’atteggiamento ostile verso gli Stati baltici e verso l’intera Alleanza per le azioni repressive verso le recriminazioni del popolo curdo (YPG) residente nell’estremo orientale della penisola anatolica.
Di converso, la Turchia rimprovera la NATO per la presunta noncuranza verso le esigenze relative alla propria sicurezza, in specie verso il fenomeno delle migrazioni di massa e verso i movimenti terroristici.
Tuttora vige uno stato di stallo verso tali criticità che hanno agevolato l’inserimento della Russia a favore della Turchia nel confronto contro i curdi ed al fine di vendergli avanzati sistemi d’arma come i missili terra-aria S-400.
Quest’ultimo passo ha suscitato la sospensione della fornitura americana dei modernissimi aerei da intercettazione aerea e attacco F-35 .
Le relazioni politiche con l’Unione europea non sono migliori.
Da un lato è ancora sub judice il processo di annessione (iniziato nel 2005) della Turchia alla comunità europea, ma con una temporanea sospensione avvenuta nel giugno del 2018 a causa del regime violento e repressivo a grave danno dei diritti civili e politici.
La Turchia risponde ponendo sul tavolo comune l’ospitalità donata a circa 3 milioni di rifugiati in gran parte siriani, minacciando di renderli “liberi” di recarsi verso le frontiere con gli Stati europei.
L’atmosfera attuale non è certo quella che si respirava quando la Turchia entrò nella NATO nel 1952.
La posizione geopolitica, a chiusura dell’estremo meridionale dello schieramento europeo, la sua posizione in un crocevia geografico tra Europa, Asia e Africa e il contrasto dell’influenza territoriale russa in asia centrale.
Dopo la caduta dello Scià in Iran nel 1979, e ancora una volta in particolare per i pianificatori delle politiche statunitensi, il ruolo strategico della Turchia nel Medio Oriente è cresciuto in risalto.
Questi stessi elementi hanno determinato la portata strategica della alleanza con la Turchia ma anche il beneficio che quest’ultima ricava dal potere collettivo della condivisione militare e politica con la NATO, l’unica componente capace di proiettare la Turchia verso il suo futuro di sicurezza in quell’area conflittuale sempre in ebollizione del medio-oriente.
La Turchia ha un altro ruolo strategico in quanto posto al confine meridionale del Mar Nero.
Altrettanto dicasi per altri Paesi litorali come la Bulgaria e la Romania .
Tutti contribuiscono a fronteggiare la crescente presenza e influenza militare russa, specie dopo l’annessione della Crimea (2014) e il pesante intervento armato in Siria nel 2015.
Questo è il nuovo ruolo di potenza esercitato dalla Russia nell’area.
Ecco uno dei motivi per il quale la NATO deve ritenere la Turchia un’alleata indispensabile per ospitare più continuamente una flotta nel Mar Nero, aumentandone così sia le sue capacità di combattimento in senso lato che il potere d’interdizione sul passaggio navale in entrambi i sensi dello Stretto di Dardanelli, Ankara detiene questa prerogativa fin dalla Convenzione di Montreux del 1936.
Mentre la Turchia ha eseguito con grande imparzialità le norme del trattato, la Russia le ha ripetutamente sfidate dopo la guerra russo-georgiana del 2008 e, in tempi più recenti, ostacolando il transito delle navi NATO.
Ecco solo alcune delle regioni per le quali il Governo turco farebbe più affidamento verso la alla NATO come contrappeso alla Russia.
Una seconda area di conflittualità della Turchia con la NATO è stata scatenata dal sostegno e partenariato degli Stati Uniti alla fazione politica curda dello YPG contro l’estremismo islamico dell’ISIS e la ferma condanna dell’Alleanza Atlantica verso l’attacco turco unilaterale della Turchia nei confronti della Siria.
Attualmente, possiamo dire che l’area di conflittualità medio-orientale e dell’Asia centrale è caratterizzata dall’azione politico-militare di numerose nazioni , tutte dominate da ego fortissimi e poco concilianti.
Tuttavia, costoro dovranno prima o poi ridursi ad un unico tavolo di conciliazione.
L’Unione Europea e la NATO potranno offrire finanziamenti e armamenti moderni per incentivare Ankara , la cui economia è in ben nota difficoltà: a tale scopo il Presidente USA, Donald Trump ha promesso a quello turco Erdogan fino a 100 miliardi di dollari.
È di queste ultime settimane la diatriba in relazione agli impedimenti reciproci tra una nave militare francese ed una turca per sospetto commercio di armi di quest’ultima a favore di alcune fazioni libiche.
L’obiettivo primario è quello di mantenere la sicurezza europea strettamente legata alla sicurezza mediterranea.
Solo la NATO può esercitare un ruolo decisivo in questo senso.
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