TORINO. L’alluvione dello scorso 15 settembre nel bacino del Misa ha colto di sorpresa tutti, cittadini e tecnici, aprendo importanti interrogativi su quanto potesse essere fatto per prevenire o quantomeno ridurre le gravissime conseguenze dell’evento, specie in termini di tributo di vite umane.
Sono interrogativi di grande importanza, ai quali è necessario provare a rispondere per poter migliorare i sistemi di prevenzione del rischio di alluvioni.
Un’analisi di primo impatto, svolta al Politecnico di Torino sui dati di pioggia misurati a Cantiano, tra i centri più colpiti dall’evento, ha riguardato la prevedibilità dell’entità dell’evento, con la quale si confrontano i sistemi strutturali di difesa dalle alluvioni.
Ebbene, l’analisi rivela che il fenomeno meteorologico ha avuto caratteristiche di assoluta straordinarietà, anche superiore agli eventi più gravi in assoluto mai verificati nel nostro paese.
Grazie ai dati del Centro Funzionale delle Marche e alla banca dati nazionale allestita dalla dottoranda del Politecnico Paola Mazzoglio, sono state messe a confronto le caratteristiche dell’evento con la climatologia del luogo, per attribuire una misura quantitativa e non qualitativa alla rarità dell’evento.
Come è ormai noto, durante l’evento sono state misurate altezze di pioggia di 101.4 mm in 1 ora, 256.6 mm in 3 ore e 384 mm in 6 ore. Confrontando questi valori con, ad esempio, la pioggia media annua del luogo, che è pari a circa 1300 mm, si rileva chela pioggia che è caduta in un giorno non ha superato la metà della pioggia di un anno, come già accaduto in passato diverse volte.
Volendo ottenere una misura di rarità dell’evento, gli addetti ai lavori usano il “periodo di ritorno”, che risulta tanto maggiore quanto minore è la stima della probabilità che l’evento possa essere superato in futuro. L’attribuzione di questa probabilità, che deriva dall’elaborazione dei dati storici dei nubifragi nella zona interessata, risulta tuttavia molto incerta se si prova a calcolarla su eventi notevolmente più elevati dei precedenti record storici del luogo.
Per fornire una valutazione il più possibile oggettiva e facilmente confrontabile della rarità, l’analisi condotta dal Politecnico di Torino ha proposto e calcolato una misura denominata “Severità Relativa”, che nelle Marche ha raggiunto valori senza precedenti. Questo indicatore è ottenuto rapportando i citati valori misurati nell’evento alle medie storiche delle piogge intense locali.
A Cantiano si sono calcolati valori di Severità Relativa superiori, anche di molto, a quelli rilevati nelle piogge più gravi mai osservate in Italia, con un clamoroso valore di 7.87 raggiunto per la pioggia di 6 ore. Per confronto si osserva che il record nazionale dei nubifragi di 6 ore resta quello dei 496 mm misurati nel 2021 a Montenotte Inferiore, che tuttavia presenta una Severità Relativa di 5.3, ben inferiore al nuovo valore raggiunto a Cantiano.
Dall’analisi condotta si può concludere, quindi, come ci siano chiare evidenze del fatto che l’evento del 15 settembre sia stato realmente di eccezionale rarità in rapporto al clima locale, e quindi difficilmente prevedibile, non diversamente dall’apparire – definito anch’esso “insolito” dai meteorologi – di un temporale autorigenerante sul versante adriatico dell’Appennino.
In altri termini, i temibili temporali autorigeneranti non sono un’esclusiva delle aree costiere tirreniche, dove si erano ripetutamente osservati finora. I tanti piccoli corsi d’acqua in Italia hanno purtroppo molto da temere da eventi del genere, in cui le forti intensità di pioggia non si esauriscono in un’ora o due ma permangono per molte ore, mettendo in crisi i fiumi e le difese idrauliche.
“Volendo individuare possibili direzioni di intervento, va suggerito di porre grande attenzione ai piani di protezione civile dei piccoli comuni collinari e montani. Se comunque resta difficile prevedere i nubifragi, non si può trascurare la preparazione del territorio e della popolazione agli eventi catastrofici, certamente rari ma non impossibili – ha commentato Pierluigi Claps, Professore ordinario di Idrologia e Costruzioni idrauliche del DIATI – Dipartimento di Ingegneria dell’Ambiente, del Territorio e delle Infrastrutture del Politecnico e titolare della ricerca – Le strategie di adattamento al cambiamento climatico richiedono quindi ulteriori sforzi nello sviluppo di metodologie di previsione in tempo reale e sistemi di allerta alla popolazione che siano in grado di salvare vite umane, nell’attesa di costruire le opere di difesa di cui abbiamo bisogno”.
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