Antimafia: i numeri della Dia nel 2024, la più pericolosa è la ‘ndrangheta

ROMA. E’ stata presentata oggi, a Roma, la relazione annuale 2024 del ministro dell’Interno al Parlamento che è stata illustrata dal generale di corpo d’armata, Michele Carbone, direttore della Dia. Lo scorso anno, la Direzione investigativa antimafia, nella lotta alla criminalità organizzata, ha sequestrato beni per 93,4 milioni e confiscato beni per 159,9 milioni, dopo la segnalazione di operazioni sospette.

La Dia ha sequestrato beni per 56,7 milioni alla camorra, per 15,9 milioni alla ‘ndrangheta, per 13 milioni alla mafia foggiana e per 5,9 milioni a Cosa nostra; confiscati beni per 104 milioni a Cosa nostra, per 30,9 milioni alla camorra, per 8,1 milioni alla ‘ndrangheta e per 2,2 milioni alla mafia foggiana.

Investigatori della Dia durante un’operazione

I provvedimenti interdittivi emanati sono stati in totale 764, di cui 241 in Campania, 116 in Sicilia, 109 in Emilia-Romagna e 67 in Lombardia. “Solo” 60 in Calabria. Riguardo alle opere finanziate con i fondi Pnrr, la Dia ha emesso 15 interdittive (provvedimenti antimafia): 11 in Campania e 2 rispettivamente in Lombardia e Puglia.

Divise per regioni, le interdittive vedono al Nord lo strapotere della ‘ndrangheta per l’82%, la camorra per il 10% e cosa nostra per il 6%. L’1% riguarda la stidda e le mafie foggiane.

Al Centro, invece, prevale la camorra con il 34% dei provvedimenti, la ‘ndrangheta con il 31% anche se le restanti mafia raggiungono il 34%.

Al Sud, la parte del leone la fa la camorra con il 34% di interdittive, seguita cosa nostra con il 25% e la camorra con il 19. Le mafie foggiane rappresentano il 5%.

Nei settori economici, il bersaglio preferito delle organizzazioni criminali sono l’edilizia e l’immobiliare che raccolgono il 38% delle interdittive. A seguire c’è il ricco settore agroalimentare e della zootecnia che vede il 14% dei provvedimenti antimafia, mentre il settore del commercio e noleggio di veicoli ha raggiunto il 10%.

Carbone ha sottolineato come “accanto alla ormai consolidata propensione ad adattarsi alla mutevolezza dei contesti socio-economici, che le organizzazioni mafiose hanno sviluppato e perfezionato nel tempo e alla già concretizzata vocazione imprenditoriale, emerge una sempre maggiore tendenza ad estendere e implementare ampie ed articolate capacità relazionali, particolarmente mirate al perseguimento di illeciti arricchimenti. Resta fermo il loro profilo discreto, silente, carsico, al fine di mascherare l’effettiva gravità delle proprie azioni, soprattutto in termini di minaccia alla sicurezza del Paese.

Non di rado, l’accentuazione della vocazione economica delle consorterie si sposa, soprattutto nelle regioni trainanti per l’economia ove maggiore è la presenza imprenditoriale e più vivaci gli scambi finanziari, con la determinazione di evadere l’Erario da parte di alcuni titolari di imprese che tendono ad aggirare le regole della libera concorrenza, ignorando i comportamenti fiscalmente corretti. Si tratta di fenomeni difficili da intercettare poiché in molti casi gli imprenditori, piuttosto che incolpevoli vittime dei mafiosi, ne diventano in qualche modo conniventi e complici”.

La ‘ndrangheta risulta l’organizzazione più pericolosa, definita “proteiforme”, “la quale – ha proseguito il direttore della Dia – si distingue per la pervicace vocazione affaristico‐imprenditoriale e per il ruolo di protagonista di rilievo nell’ambito del narcotraffico internazionale. In effetti, rispetto ad altre matrici mafiose tradizionali, l’organizzazione calabrese manifesta una versatilità tattica straordinaria, che le consente di adattarsi ai molteplici contesti in cui opera. Essa attrae abilmente i propri interlocutori – che spaziano dagli attori della politica locale agli operatori economici e imprenditoriali – prospettando un apparente ventaglio di opportunità e vantaggi immediati, per poi fagocitare e controllare tutti i settori in cui penetra”.

 

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