Arabia Saudita: Un “principe spia” a Parigi. Riyad scommette sui i suoi 007 per sedurre la Francia

Di Giuseppe Gagliano 

RIYAD (ARABIA SAUDITA). Se c’è una cosa che l’Arabia Saudita sa fare bene, è tenere il mondo con il fiato sospeso.

Non bastavano le acrobazie diplomatiche di Mohammed Bin Salman, il principe ereditario che ha trasformato Riyad in un laboratorio di potere e ambizione.

Mohamed Bin Salman, principe ereditario saudita

 

Ora, da quelle sabbie dorate che odorano di petrolio e intrighi, arriva un’indiscrezione che ha il sapore di un romanzo di Le Carré: il prossimo ambasciatore saudita in Francia potrebbe essere un “principe spia”, una figura di spicco dei Servizi Segreti della famiglia reale Al Saud.

Un cambio di passo rispetto ai diplomatici in giacca e cravatta che hanno calcato i salotti parigini negli ultimi anni.

Ma, come sempre quando si parla di Riyad, la domanda è: cosa c’è davvero dietro?

L’immagine è già di per sé evocativa: una limousine nera, con la bandiera verde dell’Arabia Saudita che sventola fiera, sfreccia davanti all’Eliseo.

Era il 16 giugno 2023, e il principe ereditario era lì, accolto con tutti gli onori da Emmanuel Macron.

Il Presidente francese, Emmanuel Macron

Sorrisi, strette di mano, promesse di cooperazione contro la povertà e il cambiamento climatico.

Sullo sfondo, però, i critici sussurravano: petrolio, armi, tecnologia.

La Francia, si sa, non disdegna un buon affare, e l’Arabia Saudita ha il portafoglio gonfio e la voglia di rifarsi il trucco internazionale dopo anni di scandali, dal caso Khashoggi alla guerra in Yemen.

Oggi, a quasi due anni da quella visita, il rumors di un “principe spia” come ambasciatore sembra voler aggiungere un nuovo capitolo a questa saga

Chi è questo misterioso personaggio? I bene informati parlano di un uomo cresciuto all’ombra dei palazzi reali, con un curriculum che farebbe invidia a James Bond: esperto di intelligence, fidato della cerchia ristretta di MBS, e con un piede ben piantato nelle stanze segrete dove si decidono le sorti del Regno.

Non un diplomatico di carriera, insomma, ma un uomo d’azione, abituato a muoversi tra dossier riservati e operazioni sotto copertura.

Una scelta che rompe con la tradizione e che, secondo alcune voci, riflette la volontà di Riad di rafforzare i legami con Parigi su un terreno meno visibile, quello della sicurezza e dello spionaggio, oltre che degli affari.

La Francia, d’altronde, non è un partner qualunque per i sauditi.

È il Paese che fornisce armi – ricordate i contratti miliardari per i caccia Rafale? – e che sogna di infilarsi nei mega-progetti di Saudi Vision 2030, come la futuristica città di Neom.

Rafale in volo

 

Ma è anche una potenza che, con Macron al timone, ama giocare la carta della grandeur, cercando di ritagliarsi un ruolo di mediatore globale.

Un ambasciatore con un passato nei Servizi Segreti potrebbe essere il jolly perfetto: un uomo capace di parlare di contratti petroliferi al mattino e di scambiarsi informazioni riservate su Iran o terrorismo la sera, il tutto sorseggiando un calice di Bordeaux

Eppure, non mancano i dubbi.

Nominare un “principe spia” non rischia di alimentare le critiche di chi già accusa MBS di autoritarismo?

Dopo tutto, il principe ereditario non è esattamente un santo agli occhi dell’opinione pubblica occidentale: l’omicidio di Jamal Khashoggi pesa ancora come un macigno, e le repressioni interne non sono un segreto.

Macron, che nel 2022 aveva promesso di nominare un “ambasciatore dei diritti LGBT” (spoiler: siamo ancora in attesa), potrebbe trovarsi in una posizione scomoda: stringere la mano a un emissario di Riad che rappresenta un regno dove i diritti umani sono un optional non è proprio un biglietto da visita per l’Eliseo

Ma la realpolitik, si sa, ha le sue regole.

E la Francia, con la sua sete di influenza e di mercati, potrebbe decidere che un “principe spia” è un prezzo accettabile da pagare per tenere un piede nel Golfo.

Del resto, Parigi non è nuova a questi equilibrismi: basti pensare ai rapporti con gli Emirati o al flirt con Putin prima della guerra in Ucraina.

L’Arabia Saudita, dal canto suo, sembra voler mandare un messaggio chiaro: non siamo solo petrodollari e deserti, siamo un attore che sa giocare su più tavoli, anche quelli più oscuri.

Resta da vedere se questa nomina si concretizzerà. Per ora, è solo un’ipotesi che circola nei corridoi di Riyad e nelle redazioni dei giornali.

Ma se c’è una lezione che il principe Mohammed Bin Salman ci ha insegnato, è che nulla è impossibile quando si tratta di consolidare il potere e sorprendere il mondo.

Un “principe spia” a Parigi? Forse è solo l’ennesima mossa di un giocatore che non ha paura di bluffare.

O forse, più semplicemente, è il segno che l’Arabia Saudita vuole riscrivere le regole del gioco.

E la Francia, come al solito, è pronta a sedersi al tavolo.

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