Armenia: pronta ad una prossima guerra dei droni. L’innovazione e le lezioni del conflitto del Nagorno-Karabakh

Di Giuseppe Gagliano

YEREVAN (Armenia). L’Armenia sta affrontando una rivoluzione tecnologica e strategica nel campo della Difesa, con l’obiettivo di non ripetere gli errori del passato e di anticipare quella che molti esperti considerano la prossima evoluzione della guerra moderna: il conflitto dominato dai droni.

Un momento dei combattimenti tra armeni e azeri nel 2017

Dopo le dolorose sconfitte subite nei confronti con l’Azerbaigian, in particolare durante la guerra del Nagorno-Karabakh del 2020, il ministro della Difesa armeno, Suren Papikyan, ha posto al centro della sua agenda il superamento delle debolezze strutturali emerse nei precedenti scontri.

Guerra elettronica, droni avanzati e software di fusione dei dati sono i pilastri di questa nuova strategia, che mira a trasformare l’Armenia in una potenza militare più resiliente e competitiva nel Caucaso meridionale.

Le lezioni amare del 2020

La Seconda Guerra del Nagorno-Karabakh, combattuta tra settembre e novembre 2020, ha segnato un punto di svolta non solo per il conflitto decennale tra Armenia e Azerbaigian, ma anche per la comprensione globale del conflitto moderno.

L’Azerbaigian, grazie a un massiccio utilizzo di droni turchi Bayraktar TB2 e di munizioni vaganti israeliane come gli Harop, ha inflitto perdite devastanti alle Forze armene, distruggendo carri armati, artiglieria e sistemi di difesa aerea con una precisione e un’efficacia mai viste prima nella regione.

Un UAV Baykar Bayraktar TB3

L’Armenia, invece, si è trovata impreparata: le sue difese aeree, basate su sistemi sovietici datati come l’S-300 e il Buk-M1, non erano in grado di contrastare i piccoli e agili velivoli senza pilota, né di interrompere i segnali di comando che li guidavano.

Il conflitto ha messo in luce una serie di lacune: la mancanza di droni propri competitivi, l’assenza di capacità di guerra elettronica (EW) efficaci per neutralizzare i segnali nemici e una strategia militare che non si era adattata alle nuove realtà del campo di battaglia.

Mentre l’Azerbaigian integrava con successo i droni in una dottrina militare moderna, supportata da Turchia e Israele, l’Armenia sembrava ancorata a tattiche obsolete, pagando un prezzo altissimo in termini di vite umane e territorio perso.

Il cessate il fuoco mediato dalla Russia ha sancito una vittoria schiacciante per Baku, con l’Armenia costretta a cedere gran parte del Nagorno-Karabakh e delle aree circostanti.

La visione di Suren Papikyan

Suren Papikyan, nominato ministro della Difesa nel 2021, ha preso le redini di un esercito demoralizzato e deciso di trasformare la sconfitta in un’opportunità di rinnovamento.

Suren Papikyan, ministro della Difesa armeno

 

La sua strategia si basa su tre pilastri principali: potenziare le capacità di guerra elettronica, sviluppare una flotta indigena di droni e integrare software avanzati di fusione dei dati per migliorare la situational awareness sul campo di battaglia.

Guerra elettronica (EW)

Uno dei fallimenti più evidenti del 2020 è stato l’incapacità dell’Armenia di interrompere i segnali tra i droni azeri e le loro stazioni di controllo.

Oggi, Yerevan sta investendo in sistemi di jamming e spoofing, capaci di disturbare o ingannare i segnali elettromagnetici utilizzati dai droni nemici.

Secondo fonti militari, l’Armenia sta collaborando con partner internazionali – probabilmente Russia e India – per acquisire tecnologie EW all’avanguardia, adattandole alle specificità del terreno montuoso del Caucaso.

Droni

L’Armenia non vuole più dipendere esclusivamente da forniture straniere.

Sebbene nel 2020 disponesse di alcuni UAV da ricognizione di produzione locale, questi erano troppo limitati per competere con i modelli turchi e israeliani dell’Azerbaigian.

Ora, il Paese sta sviluppando i propri droni d’attacco, come il “Dragon”, un progetto di kamikaze drone che potrebbe rappresentare una risposta economica e versatile alle minacce aeree.

Papikyan ha anche avviato trattative con nazioni amiche per l’acquisto di UAV più avanzati, senza però trascurare l’obiettivo di un’industria nazionale autonoma.

Fusione dei dati

La capacità di raccogliere, analizzare e distribuire informazioni in tempo reale è cruciale in un conflitto moderno.

L’Armenia sta lavorando su software di fusione dei dati che integrino input da radar, sensori, droni e intelligence umana, creando una visione d’insieme del campo di battaglia.

Questo approccio, ispirato ai sistemi di comando e controllo occidentali, mira a colmare il divario con l’Azerbaigian, che nel 2020 ha sfruttato una superiore coordinazione tra i suoi droni e le forze di terra.

Un contesto geopolitico complesso

La corsa al riarmo dell’Armenia si inserisce in un contesto regionale instabile.

L’Azerbaigian, forte della sua vittoria e del sostegno turco, continua a modernizzare le proprie Forze Armate, mentre la Russia – tradizionale alleata di Yerevan – sembra più concentrata sui propri interessi strategici che sul rafforzamento dell’Armenia.

Mappa della Regione del Caucaso – Credit Internet

 

La Turchia, dal canto suo, ha consolidato la sua influenza nel Caucaso meridionale, mentre l’Iran osserva con preoccupazione l’espansione dell’asse Baku-Ankara vicino ai suoi confini.

Papikyan deve anche affrontare sfide interne: il bilancio militare armeno è limitato rispetto a quello azero, gonfiato dalle entrate petrolifere, e la popolazione chiede garanzie di sicurezza dopo anni di tensioni.

Tuttavia, il ministro sembra determinato a trasformare queste difficoltà in un vantaggio, puntando su soluzioni innovative e a basso costo, come droni economici e sistemi EW mobili.

Verso il futuro

La guerra del 2020 ha dimostrato che i droni non sono solo un’arma, ma un moltiplicatore di forza che richiede un ripensamento completo delle tattiche militari.

Per l’Armenia, il messaggio è chiaro: non adattarsi significa rischiare l’irrilevanza strategica. Gli sforzi di Suren Papikyan rappresentano una scommessa sul futuro, con l’obiettivo di rendere l’esercito armeno non solo difensivo, ma anche capace di deterrenza attiva.

Riuscirà Yerevan a colmare il divario con l’Azerbaigian?

La risposta dipenderà dalla capacità di trasformare le lezioni del passato in innovazioni concrete.

Nel frattempo, il Caucaso rimane una polveriera, e la prossima guerra – se mai ci sarà – potrebbe ridefinire ancora una volta i confini della regione e le regole del combattimento moderno.

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