Arresto di Cesare Battisti, un’operazione che inquieta la Bolivia. L’estrema sinistra contro Evo Morales

Roma. Diciamoci la verità: se Cesare Battisti, uno dei capi dei Proletari Armati per il Comunismo (PAC) non fosse scappato di nuovo in Bolivia, dove è stato arrestato ieri, per il Paese sud americano ci sarebbero stati meno problemi politici.

L’arresto di Cesare Battisti

E sì perché qui, nella patria di un altro leader della sinistra dell’America latina, come Evo Morales, l’arresto operato da agenti della Polizia boliviana, su mandato dell’Interpol e con la collaborazione dei Servizi di intelligence italiani e della Polizia di Stato, ha fatto arrabbiare non poco una parte della izquierda locale. L’operazione ha posto così fine a 37 anni di latitanza in giro per l’Europa e l’America latina. Ed oggi, dopo essere arrivato a Roma, è stato trasferito nel carcere di massima sicurezza di Oristano.

 

Il Presidente boliviano, Evo Morales

Premesso che, come ha anche detto il Governo di La Paz, Battisti è entrato clandestinamente nel Paese, con documenti falsi, l’arresto immediato ha tolto qualche castagna dal fuoco alla Bolivia.

Battisti si aggirava per le strade ubriaco e con pochi soldi in tasca. Alla domanda della Polizia boliviana: come ha fatto ad entrare senza visto dell’immigrazione?  L’ex terrorista rosso non ha saputo rispondere.

Ma esponenti dell’ultrasinistra, come evidenzia qualche giornale locale. non hanno molto apprezzato la disponibilità del Governo e si dice  che anche all’interno dello stesso Esecutivo qualcuno abbia storto un poco il naso.

Certo nei rapporti tra Italia e Brasile da ieri hanno segnato un punto di vantaggio. Un po’ meno tra il nostro Paese e quello boliviano.

Raúl García Linera, fratello del vice Presidente boliviano, con un passato da guerrigliero sul suo profilo Facebook ha scritto che, “per la prima volta, questo processo di cambiamento viene attuato in maniera controrivoluzionaria. Gli interessi dello Stato si sono posti sopra la morale rivoluzionaria, la prassi rivoluzionaria”.

Linera. poi, ci va giù ancora più pesante, sostenendo di vergognarsi per quanto ha fatto il Governo, definendo il tutto “ingiusto, codardo e reazionario”.

A quanto scrive qualche giornale boliviano, Battisti avrebbe chiesto asilo, lo scorso 18 dicembre, ma la Commissione nazionale per i rifugiati non ha dato risposta. Nella sua lettera l’ex terrorista chiedeva di garantirgli “sicurezza, libertà e vita”.

L’ex ministro Hugo Moldiz ha affermato che la Commissione ha violato i diritti di Cesare Battisti. “Il costo politico per il Governo boliviano sarà alto”, ha aggiunto.

Insomma per il Presidente Evo Morales sono state e sono ore da gran male di testa. E per questo, Evo che cerca la riconferma il prossimo ottobre alla guida del Paese, se lo è fatto passare così: consegnamo Battisti direttamente agli italiani ed evitiamo che il Presidente brasiliano, Jair Bolsonaro lo possa elevare come “trofeo di caccia” della destra brasiliana. Non dimentichiamo la promessa fatta dal figlio di Bolsonaro, Edoardo al nostro ministro dell’Interno, Matteo Salvini: presto vi restituiremo Battisti.

Alla fine di queste righe, sorgono spontaneamente delle domande: come mai anche la sinistra italiana difende ancora strenuamente Battisti? Cosa ha visto o vede in lui? E come mai nei suoi spostamenti è stato sempre coperto? Tanto da essere latitante per 37 anni, sfuggendo così alla Giustizia del nostro Paese (ricordiamo che deve scontare 4 ergastoli)? Oppure è la nostra Giustizia che si è dimenticata di lui?

Come mai in Francia, la sinistra ha protetto non solo Battisti ma anche altri ricercati dal nostro Stato, perché accusati di terrorismo e di reati di sangue? Cosa si è nascosto ai cittadini italiani in tutti questi anni? Dopo il tramonto politico di Mitterand, perché l’Italia ha trascurato di richiedere la consegna di questo efferato criminale?

Lo stesso Brasile con ben due presidenti Lula Ignacio da Silva e Dilma Vana Rousseff Linhares lo hanno ben custodito. Ed aiutato. Ci è voluto Jair Bolsonaro per fare quello che è stato fatto?

Dilma Rousseff e Lula Da Silva, due grandi protettori di Cesare Battisti

Leggo sui social, in queste ore, da parte di commentatori da tastiera della gauche (ma anche di chi si schiera a prescindere contro il ministro dell’Interno) che la stessa cosa andava fatta anche per i terroristi neri.

Sono perfettamente d’accordo, ci mancherebbe. Seminare il terrore tra la gente, uccidere nel nome di una ideologia, di una religione, compiere una strage con qualsiasi mezzo ha un solo nome: morte.

E per chi uccide c’è solo una pena: ergastolo. Senza se e senza ma.

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