Artico: la politica dell’Unione Europea e le prospettive delle relazioni con la Russia

Di Pierpaolo Piras

Mosca. L’installazione di una bandiera russa sul fondo dell’Oceano Artico nel 2007 potrebbe segnare simbolicamente una svolta nell’attenzione internazionale per questa area.

La rete dei collegamenti nell’Artico

Da allora, l’Unione Europea non solo ha elaborato, attuato e rivisto sistematicamente la sua politica per l’Artico, ma anche le sue relazioni con la Russia.

L’UE ha ancora difficoltà diplomatiche, in particolare con Mosca, ma anche con alcuni altri Stati artici della regione.

Tuttavia, esistono opportunità di cooperazione, sebbene le relazioni tra l’UE e la Russia si siano deteriorate dopo il 2014.

La maggiore proiezione di potenza della Russia nell’Artico e anche le tensioni tra Mosca e Bruxelles su altre questioni internazionali, rappresentano una sfida per la cooperazione tra i due protagonisti nella regione.

La geopolitica relativa alla posizione della Russia verso l’ambiente artico è comunque cambiata, tale da inserirsi pienamente nell’ambito delle crescenti tensioni del Paese verso l’Occidente europeo e americano.

Infatti, fino ad oggi la regione era stata considerata, totalmente ghiacciata ed impercorribile, come una regione priva di interesse sia politico che economico.

Diversa è la considerazione russa che gli attribuisce grande importanza sotto il profilo militare-operativo, secondo il quale l’Artico continua ad essere percepito come un’area minacciosa, esattamente come accade nei confronti di altre aree operative.

Non è un caso se Forze militari russe esercitano un monitoraggio di tutto il naviglio straniero che naviga a queste latitudini e mantenga una forte tutela di un sicuro accesso per la propria flotta tattica e strategica, in quelle acque così settentrionali.

Per il momento l’assertività militare dei Mosca nell’Artico russo e gli obiettivi perseguiti di fatto dal Cremlino sono di natura più che altro di intenzione e struttura difensiva.

Il trauma delle variazioni climatiche sulla sicurezza russa nell’Artico

La regione artica della Russia – l’area sopra il Circolo Polare Artico – costituisce un quinto della massa terrestre del Paese.

Questo aumenta la sfida che comporta il cambiamento climatico per la Russia. Poiché la maggior parte dell’estremo nord del Paese sono città costiere in riva al mare o ai fiumi, la sua popolazione è direttamente colpita da tali cambiamenti climatici.

Gli obiettivi di sicurezza nell’estremo nord sono lo sviluppo socio-economico e il mantenimento della sovranità sul suo territorio, compreso quello coperto dalle acque territoriali, ricco tra l’altro di risorse minerarie.

L’importanza strategica dell’Artico

L’importanza dell’Artico deriva dalla sua ricchezza di risorse naturali e dalla sua posizione geografica. Infatti è la rotta marittima più breve tra l’Asia e l’Europa.

E’ sempre più lotta politica per l’Artico

Tuttavia, a causa del suo clima rigido, la regione artica è rimasta da sempre ai margini dello sviluppo economico globale.

Ora il cambiamento climatico globale sta cambiando radicalmente i processi di cooperazione internazionale nell’Artico e il loro sviluppo.

L’Artico si sta “aprendo” e sta quindi rapidamente acquisendo importanza nell’agenda internazionale di tutti gli stati industrializzati.

La crescente disponibilità di risorse naturali e vie di trasporto sta alimentando l’interesse della comunità internazionale nella regione.

Il confronto tra Stati Uniti, Russia e Cina trasforma l’apertura dell’Artico in un’altra arena di intensa rivalità tra le più grandi potenze.

Il che rende più difficile la cooperazione internazionale nell’attuazione di progetti industriali e incrementa gli aspetti relativi alla militarizzazione della regione.

Il Permafrost (permagelo)

A causa del riscaldamento globale, il permafrost (permagelo) si sta sciogliendo, il che rappresenta una minaccia tremenda per le infrastrutture, il rischio di disastri causati dall’uomo è in aumento, si verifica e/o aumenta l’erosione costiera.

Il permagelo è un fenomeno che interessa tutte le nazioni artiche.

Esso è costituito da un tipo di terreno che per via delle temperature glaciali rimane perennemente ghiacciato.

E’ presente estesamente in Siberia, Europa settentrionale e America del Nord.

Quando il permafrost si scongela, il suolo si riscalda e si decompone, rilasciando infine il carbonio in forma di anidride carbonica (CO2) e metano, entrambi in forma gassosa, ovvero capaci di esercitare un  ulteriore effetto serra sul pianeta.

L’effetto sulle relazioni internazionali

Da tale punto di vista, l’apertura dell’Artico dai ghiacci determina almeno tre conseguenze molto sfavorevoli e forse sfavorevoli per la Russia.

In primo luogo, la liberazione dell’Artico dal ghiaccio attira Paesi non artici nella regione come la Cina che hanno già iniziato non solo a rivendicare la partecipazione a proficui progetti economici e sui trasporti mercantili per via marittima, ma aspirano anche a svolgere un ruolo importante negli organismi internazionali di governo e controllo della regione.

In secondo luogo, va da sé che la regione artica cessa dal suo storico ruolo di essere un cuscinetto naturale tra le grandi potenze dell’area dell’Oceano Atlantico e del Pacifico.

Basi militari nell’area dell’Artico

In terzo luogo, viene ad essere minacciato l’attuale quadro giuridico internazionale per la navigazione nella regione, quello che sancisce i diritti esclusivi dei Paesi artici.

E’ una premessa che a sua volta conduce ad una minaccia militare, politica e ambientale ancora maggiore rispetto alle problematiche relative alla sicurezza.

Pertanto, una delle massime priorità della Russia nell’Artico, nonché l’obiettivo dell’agenda russa per la cooperazione internazionale nella regione, anche nell’ambito del Consiglio Artico, sembra essere la conservazione del regime giuridico internazionale, che è stabilito dall’articolo 234 della Convenzione delle Nazioni Unite. Nonostante lo scioglimento dei ghiacci artici.

Il secondo obiettivo della cooperazione internazionale della Russia nell’Artico consiste nell’acquisizione delle tecnologie utilizzabili nella produzione industriale, nonché l’accesso alle cospicue risorse finanziarie, necessarie a finanziare tali progetti.

La Russia ed il Consiglio Artico

Nel maggio scorso, la presidenza di turno del Consiglio Artico è passata dall’Islanda alla Russia per i prossimi due anni.

La Russia si occupa di questo gravoso impegno in un momento in cui l’organizzazione deve affrontare varie sfide e nel quale le relazioni tra la Federazione Russa e l’Occidente stanno ancora una volta vivendo un minimo storico.

La pandemia di Covid-19 ha sconvolto l’agenda della Presidenza islandese, mentre la precedente Presidenza finlandese (2017-2019) è stata influenzata negativamente dall’allontanamento dell’amministrazione Trump dalle politiche sull’energia pulita e dalla lotta ai cambiamenti climatici.

Questa mossa ha portato gli Stati Uniti fuori controllo rispetto ad altri Governi artici e ha compromesso finora ogni sforzo per approvare una dichiarazione univoca da parte di tutti i ministri nel 2019.

La crescita delle Forze militari nell’Artico, unito alla narrativa politica emergente della competizione tra grandi potenze, mina ulteriormente lo spirito di cooperazione per il quale si batte il Consiglio Artico.

Cronologia della rotta a nord-est

La ricerca di una rotta marittima attraverso l’Oceano Artico iniziò nel XVI secolo. È sempre dipesa dalla situazione globale del commercio estero.

Per molto tempo l’impero zarista non ebbe interesse a esplorare una tale rotta verso la Cina.

Erano semmai i marittimi britannici e olandesi che cercavano un simile passaggio nel ghiaccio.

Fu solo sotto Pietro I il Grande che iniziò senza successo l’esplorazione sistematica della costa siberiana nell’Oceano Artico.

Studiosi di molti Paesi europei credevano in un passaggio senza ghiaccio attraverso il Polo Nord fino alla Cina.

Anche l’erudito Michail Lomonosov ha sostenuto questa tesi.

Nel 1765-1766 iniziò la prima spedizione di Vasilij Čičagov verso il Polo Nord.

Il loro fallimento portò l’Impero russo ad abbandonare l’idea di un passaggio attraverso il Polo Nord.

Ha conosciuto una rinascita nell’Europa occidentale solo nel XIX secolo.

La strategia russa nell’Artico

Nonostante il deterioramento dei rapporti con l’Occidente e l’attuale stagnazione economica che limita i margini di manovra anche politica, la Russia continua a perseguire una politica ambiziosa per l’Artico.

Mosca vede questa regione come uno dei suoi più grandi bastioni strategici, una regione chiave intesa a mantenere il suo status di grande potenza e una fonte essenziale di energia (petrolio e gas) proiettata anche verso i decenni a venire.

A tal fine, il governo russo ha sviluppato strategie per esercitare un potere coerente e una politica di sviluppo ottenendo alcuni successi, come l’incremento della presenza militare nei confini artici e gli sviluppi nella produzione di gas metano nella estrema penisola siberiana e artica di Yamal.

Una zona di estrazione gas

D’altro canto, vi sono anche sviluppi misti, come per quanto riguarda lo status internazionale della rotta del Mare del Nord, su come affrontare un eventuale insediamento confortevole per la popolazione e le sfide climatico-ambientali.

La Russia che già ai tempi degli Zar aveva iniziato a sviluppare economicamente il mare polare, prevede un futuro aumento del traffico in transito e delle esportazioni marittime di merci.

L’ampliamento delle infrastrutture per l’utilizzo della rotta artica per lo sfruttamento delle materie prime sono progetti centrali nella strategia artica russa.

Allo stesso tempo, l’Oceano Artico costituisce una superficie di proiezione per le pretese di potere di Mosca nella sua partnership con la Cina.

Sebbene l’Artico rappresenti un innegabile status di grande potenza per la Russia, questo status non è facile da mantenere e risulta oltremodo costoso per il bilancio statale.

Allo stesso tempo, le innovazioni tecnologiche come le moderne attrezzature di perforazione insieme all’utilizzo delle migliori tecnologie per la navigazione in sicurezza tra i ghiacci, consentono un loro utilizzo più economico e mirato con la creazione di risorse in queste aree del tutto coperte di ghiaccio.

In tempi di scarsità globale di risorse da un lato e delle maggiori richieste di una popolazione mondiale in crescita, il diverso potenziale economico del glaciale nord rappresenta un business molto redditizio e in prospettiva apre la corsa alla sovranità nell’Artico.

I più importanti usi economici dell’Artico interessano gli odierni otto paesi artici, Canada, Regno di Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia, Federazione Russa, Svezia e Stati Uniti d’America.

Il Consiglio Artico è il principale forum transnazionale per l’Artico e promuove la cooperazione tra i paesi vicini, i popoli indigeni e altri residenti dell’Artico, in particolare per quanto riguarda lo sviluppo sostenibile e la protezione dell’ambiente nella regione.

La governance dell’Artico

Il cambiamento climatico causato dall’uomo sta cambiando l’Artico molto più velocemente e più fortemente di qualsiasi altra regione.

Negli ultimi 50 anni, si è riscaldato il doppio rispetto al resto del mondo. Questo cambiamento senza precedenti (se non in lontane epoche geologiche) ha implicazioni di vasta portata per le persone, gli ecosistemi e le risorse nell’Artico e a livello globale.

L’Artico contribuisce sempre più all’innalzamento del livello del mare, svolge un ruolo importante nella circolazione oceanica e nel sistema climatico globale e influenza i modelli meteorologici alle latitudini temperate.

Secondo alcune valutazioni attuali, l’Oceano Artico potrebbe essere navigabile nei mesi estivi già nel 2040-50.

Una delle principali conseguenze di questi cambiamenti di vasta portata è il crescente interesse globale per questa regione glaciale, che lo rende più vantaggioso dal punto di vista economico ai fini della navigazione, lo sfruttamento e lo sviluppo del petrolio e del gas, l’estrazione mineraria, la pesca e, non ultimo, il turismo.

Ciò a sua volta si tradurrebbe in una crescente rete economica e geopolitica tra l’Artico e il resto del mondo.

Va da sé che il progressivo interesse e l’importanza globale della regione pongono  domande sulla responsabilità per l’Artico e sulla sua governance.

Le strutture di governance che affrontano adeguatamente sia le sfide di un Artico in rapida evoluzione sia le opportunità che ne derivano stanno diventando sempre più importanti.

Il turismo nell’Artico

Il turismo nell’Artico e nell’Antartico è aumentato notevolmente, soprattutto negli ultimi due decenni.

In Antartide ci sono state le prime attività turistiche dalla fine degli anni ’50, anche se il numero annuo di visitatori è aumentato in modo significativo solo dagli anni ’90.

Dalla stagione estiva 1992/1993, il numero di viaggi in barca è aumentato di quasi dodici volte. Nella stagione 2019/2020 si è registrato un picco di visitatori annuali con circa 70.000 turisti.

Nell’Artico, dove il turismo è praticato dal XIX secolo, il numero totale di turisti è molto più alto, ma non è registrato a livello centrale. Si stima che il numero dei crocieristi sia passato da circa 50.000 nel 2005 a circa 80.000 nel 2016, con un incremento del 60%.

Con il maggior numero di visitatori nelle regioni polari, si registra anche una maggiore diversificazione delle attività turistiche.

Il turismo polare, in particolare nell’Artico, è ormai diventato un’industria che rappresenta un’importante fonte di reddito per sempre più persone, compresa la popolazione locale.

Tuttavia, questi interessi economici comportano anche un certo potenziale di conflittualità e sollevano la questione di come conciliare al meglio il turismo con la protezione e la conservazione delle regioni polari.

In conclusione

A causa del riscaldamento globale e del conseguente calo del ghiaccio marino nell’Artico, l’importanza politica, economica e sociale della regione sta crescendo.

L’Oceano Artico, che attualmente è ancora coperto tutto l’anno da uno strato di ghiaccio mutevole, spesso circa tre metri, è il cuore della regione, generalmente definita dal Circolo Polare Artico.

Un Artico senza ghiaccio significa non solo un enorme cambiamento ambientale globale, ma anche una riorganizzazione fondamentale dell’estremo nord.

Le conseguenze geopolitiche che ne derivano includono aspetti di politica ambientale, economica e di sicurezza e diventano così un impegno trasversale della politica internazionale.

I cambiamenti non riguardano più solo i paesi che si affacciano sull’Oceano Artico, ma hanno suscitato desideri e preoccupazioni globali, come ad esempio quelli cinesi.

Molti Stati hanno quindi elaborato strategie artiche specifiche, ponendole tra le loro direttive principali di politica estera.

A volte ci sono interessi, motivazioni e occasioni molto simili, ma anche contrastanti, per essere coinvolti nell’Artico.

In Russia sono stati istituiti componenti specifici per il controllo parlamentare del processo decisionale, nonché un fedele collegamento tra i rami esecutivo e legislativo insieme ad un meccanismo consultivo reciproco.

Quest’ultimo ha facilitato il dialogo tra il Cremlino e la legislazione politica dell’Artico.

Nel complesso, il ruolo dei governi regionali e locali russi nella definizione delle politiche dell’Artico è diventato più importante.

Le autorità regionali e locali dell’Artico della Russia hanno sviluppato numerose relazioni orizzontali con partner stranieri.

Gli attori non statali come gli imprenditori russi, le organizzazioni per i diritti umani e l’ambiente e le ONG delle popolazioni indigene hanno avuto voce in capitolo nella definizione delle politiche nell’Artico.

Pertanto, nonostante alcuni deficit, tutti in ogni caso intesi anche alla definizione e conciliazione delle situazioni conflittuali, il sistema politico russo per l’Artico si è evoluto verso politiche e processi più democratici ed efficaci.

Attualmente, la Russia è ancora in una fase di transizione, ma ci sono buone ragioni per nutrire aspettative ottimistiche per il futuro.

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