LIVORNO. Una truffa da oltre 33 milioni di euro connessa al noto “Bonus facciate” nella quale risultano coinvolte 10 imprese edili dislocate in tutta Italia, questo è quanto emerge a seguito di un’indagine condotta dai finanzieri del Comando Provinciale di Livorno nel complesso settore dei finanziamenti pubblici.

La vicenda, come molte altre analoghe già scoperte dalla Guardia di Finanza, ha infatti riguardato i soliti crediti fittizi per il suddetto importo plurimilionario il che, per i soggetti indagati, integra ora i reati di truffa aggravata ai danni dello Stato e di indebite compensazioni di crediti d’imposta; reati che sarebbero stati perpetrati da una ben organizzata rete criminosa, ideata e gestita dal titolare di uno studio di consulenza fiscale avente sede nel milanese con il diretto coinvolgimento delle citate compagini imprenditoriali.
Alla scoperta della truffa i finanzieri livornesi sono giunti attraverso una mirata analisi di rischio e parallelo incrocio di dati – sviluppata in sinergia con l’Agenzia delle Entrate – e subito sfociata nella conseguente attività di polizia giudiziaria coordinata dalla locale Procura della Repubblica, nella quale l’obiettivo era trovare una reale corrispondenza con l’effettiva spettanza del citato bonus a fronte di un’effettiva esecuzione di lavori finanziati dallo Stato.
Dopo un primo sequestro da oltre 8,3 milioni di euro eseguito lo scorso anno, gli investigatori delle fiamme gialle hanno proseguito negli accertamenti rilevando concreti elementi indiziari sul conto del commercialista milanese ritenuto il dominus della frode, in particolare le comunicazioni d’opzione inviate telematicamente all’apposito portale dell’Agenzia delle Entrate per l’ottenimento dei crediti d’imposta.

Allargando il campo ispettivo, sotto la lente degli stessi investigatori sono dunque finite le posizioni fiscali di altre otto imprese edili – oltre alle due già indagate – risultate essere tutte di recente costituzione e formalmente attive (ma non effettivamente operative) nonché concessionarie di crediti d’imposta fittizi, peraltro con rappresentanti legali gravati da diversi precedenti penali.
In altre parole imprese-fantasma incapaci di svolgere interventi edili di questo genere, e dunque strettamente funzionali al compimento della truffa in questione.
Gli stessi proprietari degli immobili, sui quali erano stati dichiarati i suddetti interventi di riqualificazione edilizia, hanno peraltro negato l’avvenuta esecuzione di lavori sul genere.
A questo va aggiunto come gli stessi interventi edilizi ed i relativi costi – completamente artefatti – siano risultati del tutto incoerenti con la ridotta metratura degli appartamenti indicati nelle correlate dichiarazioni indirizzate all’Agenzia delle Entrate, ma che hanno comunque consentito di generare nei cassetti fiscali un imponente credito d’imposta (comunque bloccato dalla GDF livornese prima che questo potesse essere “monetizzato” con ingente danno alle casse dello Stato).
Un sodalizio che era dunque strutturato per emettere fatture relative a operazioni inesistenti ed invio telematico delle prescritte comunicazioni, tutto ciò al fine di ottenere i citati crediti d’imposta da cedere alle imprese edili coinvolte per essere infine intascati (nello specifico ammontanti ad oltre 18 milioni e 225.000 euro).
Rimane comunque opportuno evidenziare come il procedimento penale instaurato a carico dei presunti responsabili si trovi ancora nella sua fase preliminare, pertanto ogni responsabilità a carico degli undici indagati non potrà essere dichiarata prima d’una eventuale e irrevocabile sentenza di condanna sussistendo, fino a quel momento, la presunzione d’innocenza prevista dalle garanzie costituzionali.
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