Di Giulia Botta
ROMA(nostro servizio particolare). La Penisola balcanica è caratterizzata da un conglomerato di culture regionali, ed è nota più per la non oculata gestione delle sue diversità, che per la pacifica convivenza dei suoi popoli.
L’area balcanica viene solitamente presentata come un crocevia ed una linea di demarcazione di diverse religioni: cattolicesimo, ortodossia cristiana e Islam – e anche come un’area di complessa interrelazione tra diversi gruppi etnici e popoli di origine slava, latina, ugro-finnica, greca e turca.

IL DESTINO DEI BALCANI
Il destino dei Balcani è stato definito principalmente dalla sua posizione geografica, la penisola, infatti, occupa geograficamente un posto centrale e non marginale nel Continente europeo, poiché si trova tra le diverse Europe (cattolica, protestante, ortodossa e islamica) e sulle rive del Mar Mediterraneo.
La su posizione centrale in Europa ed il suo carattere di ponte verso l’Asia, l’hanno vista coinvolta nei numerosi sconvolgimenti storico-politici che si sono susseguiti in prossimità dei suoi confini.
Di fatto, la Penisola, è stata vittima di processi storici guidati da grandi conglomerati politici e centri di potere, entrati in conflitto nel suo territorio.
Ne consegue, che la regione ha subìto le ripercussioni di attriti e tensioni tra le potenze europee e mondiali.
Il trovarsi in una zona di confine è visibile nel destino di un popolo balcanico di origine slava meridionale, che appartiene alla cosiddetta razza dinarica: pur utilizzando un’unica lingua, questo popolo scrive utilizzando due alfabeti diversi (il cirillico è stato introdotto da missionari greco-bizantini e latino dalla Chiesa di Roma) e si definisce in tre varianti etniche: serbi, croati e musulmani (bosniaci).
Tra i diversi elementi culturali che li definiscono, l’unica differenza è il credo religioso: alcuni sono cristiani ortodossi, altri cristiani cattolici e altri musulmani.
Questo popolo, diviso in tre, ha fatto parte di diverse formazioni politiche in conflitto tra loro nel corso della storia.
Tuttavia, a più riprese nel corso del XX secolo, questi tre gruppi etnici si sono riuniti in un unico Stato, formando le società multiculturali del Regno dei serbi, dei croati e degli sloveni e, successivamente, della prima e della seconda Jugoslavia.
Alla fine del XX secolo popoli e nazioni che avevano convissuto pacificamente per mezzo secolo in Jugoslavia si scontrarono nuovamente: croati contro serbi, serbi contro albanesi, albanesi contro greci, bulgari contro macedoni e altro ancora.
Da quei tempi di crisi e di tensioni dovute alla mal tollerata multiculturalità è rimasto un vocabolario che viene utilizzato quando si parla di identità balcanica.
Ne consegue che espressioni come la “polveriera” e la “balcanizzazione”, indicano le conseguenze del millenario “odio balcanico”, ossia le difficoltà legate alla multiculturalità.
LA SITUAZIONE ATTUALE
I focolai di crisi persistono tuttora nella regione, a causa delle tensioni tra Serbia e Kosovo, e le minacce secessioniste della Repubblica Serpska.
L’Alto Rappresentante dell’Unione Europea Josep Borrell, ha più volte descritto i colloqui tra Kosovo e Serbia come una gestione di crisi (1), più che coordinare incontri diplomatici, a sottolineare la precarietà della situazione.

Lo storico accordo sul percorso verso la normalizzazione delle relazioni tra Kosovo e Serbia, noto anche come Accordo di Ohrid raggiunto nel marzo 2023, non ha prodotto i risultati attesi, a causa di disaccordi sulla sequenza di attuazione.
Da entrambe le parti non si registra la volontà di affrancarsi dalle proprie posizioni, al fine di salvaguardare la propria identità. A tal proposito, l’opinione pubblica in Kosovo, riguardo ai compromessi sulle questioni di identità nazionale, si è notevolmente inasprita.
Nel periodo 2021-2023, il numero di cittadini non disposti a scendere a compromessi su tali questioni è quasi raddoppiato, passando dal 48 % nel 2021 all’80 % nel 2023 (2).
La regione dei Balcani occidentali è un terreno fertile per la politicizzazione delle tensioni etniche, strumentalizzate al punto tale da diventare una delle narrazioni chiave.
Serbi kosovari e albanesi kosovari difficilmente raggiungeranno un consenso sulla storia del Kosovo: la mentalità divisiva del “noi” contro “loro” continua ancora oggi, e determina che le loro percezioni siano espressione della loro realtà.
Tali contrapposizioni socio-culturali si manifestano anche in forme di comunicazioni rurali, come i murales, così come in manifestazioni sportive o culturali.
Nei Balcani, gli attori politici utilizzano l’arte insieme ad altri eventi per riformulare la storia, sperando di costruire narrazioni che possano essere usate per modellare il proprio futuro politico.
Ma la natura pubblica di opere d’arte come i murales fa sì che siano state utilizzate in tutta la regione per promuovere narrazioni storiche sulle guerre jugoslave, discutendo su chi fossero le vittime e chi fossero gli aggressori.
La presenza di murales porta con sé significati culturali, sociali e politici, che riflettono la complessa storia della regione.
I murales fungono da forma di espressione culturale di base, e spesso rappresentano il senso di emarginazione avvertito in alcune comunità.

Nei Balcani dove le identità etniche e nazionali sono profondamente intrecciate con la storia ed il territorio, i murales possono riflettere tensioni tra diversi gruppi etnici.
Tensioni etniche si evincono anche in altre manifestazioni, di recente le autorità serbe hanno interrotto lo svolgimento del tradizionale Mirëdita Festival.
Negli ultimi dieci anni il festival si svolto alternativamente in Serbia e in Kosovo, il divieto di quest’anno in Serbia illustra un generale inasprimento della posizione del Governo.
Il Mirëdita Festival dobar dan, il cui nome significa “ciao” o “buona giornata” in albanese e serbo, è organizzato da gruppi giovanili della Serbia e del Kosovo, con l’intento arricchire le prospettive regionali e promuovere la cooperazione e la costruzione della pace.
Tensioni dovute a motivi etnici e storici sono avvenute anche durante i recenti campionati europei di calcio.
La UEFA ha cancellato le credenziali di un giornalista kosovaro in seguito alle lamentele per un gesto nazionalista (imitando l’aquila bicipite della bandiera nazionale albanese) compiuto nei confronti dei tifosi serbi il 16 giugno.
La UEFA, ha annunciato il 17 giugno scorso procedimenti disciplinari sulla cattiva condotta dei tifosi serbi nella partita contro l’Inghilterra in Germania.
L’indagine riguarda un presunto “comportamento discriminatorio”, poiché durante la partita i tifosi serbi avrebbero anche mostrato una bandiera nazionale, che includeva il Kosovo all’interno dei suoi confini.
Tali tensioni sono anche fomentate dalla manipolazione della storia da parte dei rispettivi Governi, le narrazioni storiche, infatti, sono oggi diventate elemento centrale della guerra dell’informazione in cui dominano narrazioni di vittimismo storico che possono amplificare tensioni esistenti.
Ne risulta che la preparazione informativa dello spazio psicologico del pubblico, attraverso i media controllati dagli stati, determini la varie possibilità di azione per gli stessi Governi.
La parola e le modalità di divulgazione dell’informazione per la loro capacità d’influenza, rivestono un ruolo importante anche in scenari di guerra, con un potere pari a quello delle armi.
I moderni conflitti hanno evidenziato quanto sia rilevante la narrazione degli stessi eventi, e come a determinare il successo finale contribuisca la narrazione dei fatti, presentati con una comunicazione persuasiva anche basata sulla manipolazione dei simboli e delle percezioni individuali basilari, in modo da influenzare l’audience e suscitare sostegno verso le proprie argomentazioni.
Le narrazioni sul passato e sull’identità culturale sono componenti critiche dell’identità di uno stato, ed hanno un ruolo rilevante nel generare opinioni e visioni individuali del mondo.
Manipolare l’informazione per avere un’impatto cognitivo sul pubblico, in contesti fragili come la regione balcanica, può diventare una priorità strategica.
Tenendo presente il passato ed il presente del pluralismo culturale nei Balcani, questa regione geografica appare come una grande metafora della dinamica sociale tra globalizzazione e frammentazione.
Anche se può sembrare che i tragici eventi della decomposizione della Jugoslavia, abbiano cancellato le vestigia della memoria del comune passato multiculturale, la vita quotidiana dimostra il contrario.
NOTE
1 Kosovo-Serbia: Press Remarks by High Representative/Vice-President Josep Borrell after the crisis management meetings with Prime Minister Kurti and President Vučić | EEAS (europa.eu)
2 www.iri.org/wp-content/uploads/2023/05/Kosovo_2023_public_poll.pdf
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