Di Giuseppe Gagliano*
KIEV. Nel cuore di un conflitto che ha fatto dell’innovazione tecnologica una delle sue linee di resistenza, l’Ucraina lancia una sfida silenziosa ma potente: un drone agricolo trasformato in arma strategica.
Il suo nome è E-300 Enterprise, creatura della start-up AeroDrone, diventata ormai simbolo della riconversione bellica dell’industria ucraina.

Da strumento per la semina a piattaforma d’attacco capace di colpire a oltre 3 mila chilometri di distanza, questo velivolo rappresenta non solo un esempio di ingegnosità, ma anche un segnale del nuovo volto della guerra.
Il successo operativo ottenuto da Kiev sul terreno – attacchi mirati su installazioni industriali russe, raffinerie, impianti petrolchimici e perfino fabbriche di droni sul territorio nemico – ha attirato l’attenzione degli apparati militari americani.
Non si tratta più solo di testare nuove tecnologie: il Pentagono osserva con interesse ciò che, nel silenzio di hangar improvvisati, l’Ucraina è riuscita a produrre con risorse limitate e obiettivi strategici chiari.
Un’arma asimmetrica nata dall’urgenza
L’E-300 non nasce come drone d’attacco.
Progettato per scopi agricoli, è stato ripensato come vettore suicida, un UAV a lungo raggio capace di penetrare in profondità le difese avversarie. Equipaggiato con carichi da 300 chilogrammi, come le bombe FAB-250, e dotato di guida autonoma, telecamere ad alta definizione, torrette EO/IR e sistemi di controllo remoto, l’E-300 è diventato uno degli strumenti preferiti da Kiev per infliggere danni al cuore delle infrastrutture strategiche russe.
Il suo punto di forza è la semplicità: struttura ultraleggera, produzione economica, adattabilità a vari scenari.
Mentre le potenze tradizionali investono miliardi in droni stealth e missili supersonici, l’Ucraina produce in serie una piattaforma capace di colpire obiettivi vitali a costi contenuti e con tempi di produzione rapidissimi.
L’interesse americano: oltre la curiosità, la convergenza
La portata operativa dell’E-300 non è passata inosservata.
Gli ambienti militari statunitensi, in particolare quelli legati alle operazioni speciali, guardano con attenzione a questo modello ucraino.
La sua capacità di condurre missioni a lunghissimo raggio, unite alla flessibilità tattica e alla potenza di fuoco, lo rendono un candidato ideale per missioni in teatri remoti, dove l’anonimato e la precisione sono essenziali.
Per questo motivo, l’azienda produttrice ha deciso di aprire una filiale negli Stati Uniti.
L’obiettivo non è solo commerciale: è strategico.
Creare una linea di assemblaggio sul suolo americano significa avvicinare la produzione alle esigenze del Pentagono, assicurare compatibilità logistica e aprire la strada a possibili co-sviluppi.
L’Ucraina come laboratorio di guerra
L’E-300 è solo la punta dell’iceberg.
Nel dicembre 2022, le Forze Armate ucraine hanno certificato anche il D-80 Discovery, una versione più compatta con carico da 80 chili, pensata per ricognizione e supporto logistico.
Ma è il fratello maggiore a guadagnare la ribalta: con un’autonomia superiore ai 2.500 chilometri, è stato impiegato in operazioni che hanno dimostrato l’efficacia dei droni nella nuova guerra di attrito.
L’effetto è stato doppio: da un lato, si è rivelato un moltiplicatore di forza per l’Ucraina, consentendole di colpire lontano e con precisione.
Dall’altro, ha messo in discussione le certezze della difesa aerea tradizionale, costringendo Mosca a ridefinire la propria architettura di protezione interna.
Dalla difesa alla strategia globale
Oggi, il drone ucraino è oggetto di studio.
Non solo da parte degli alleati occidentali, ma anche delle industrie della difesa interessate a sistemi flessibili, economici e adatti alla guerra moderna.
La produzione in serie dell’E-300, avviata nel 2023, ha fatto registrare costi unitari tra i 250 mila e i 450 mila dollari: cifre che, in confronto ai sistemi tradizionali, rappresentano un vantaggio competitivo notevole.
La sua adozione da parte delle Forze Speciali americane – se dovesse concretizzarsi – sarebbe un passo ulteriore verso l’ibridazione tecnologica tra alleati.
Ma è anche un segnale: l’Ucraina non è più solo un Teatro di guerra, ma un incubatore militare.
Un luogo dove si testano e si affinano le tecnologie che domineranno i conflitti futuri.
Il segnale geopolitico
L’interesse degli Stati Uniti per l’E-300 è una conferma che l’Ucraina non è più vista solo come beneficiaria di aiuti, ma come partner industriale e operativo.
Una Nazione capace di innovare sul campo, adattarsi al contesto e proporre soluzioni efficaci là dove le grandi potenze esitano.
E in tutto questo, la lezione è chiara: la guerra moderna non si vince solo con i fondi e i mezzi.
Si vince con l’ingegno, l’adattabilità e la capacità di rispondere con rapidità.
Il drone E-300 è oggi l’emblema di questa trasformazione.
*Presidente Centro Studi Cestudec
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