Di Pierpaolo Piras
La Paz. Evo Morales, ex Presidente della Boliviana, a seguito dell’ammutinamento delle forze di polizia e dell’Esercito, probabilmente per timore di essere arrestato, è fuggito repentinamente da La Paz diretto a Città del Messico, dove ha chiesto asilo politico.

Evo Morales
La pressante accusa di brogli, effettuati nel corso delle ultime elezioni politiche e avanzate dal suo diretto oppositore, Carlos Mesa, ha segnato il destino politico di Morales.
Una commissione di verifica, nominata dall’Organizzazione degli Stati Americani (OAS) ha confermato la manipolazione delle procedure e dei risultati elettorali.
Il governo del Presidente messicano, Andres Manuel Lopez Obrador, lo ha accolto per motivi definiti “umanitari”.

Il Presidente messicano Andres Manuel Lopez Obrador
Appena giunto in Messico, Morales ha parlato con i giornalisti: “Sono disposto a tornare in Bolivia, ma per pacificare, non per ricandidarmi”.
Poi ha dichiarato di essere vittima di un colpo di Stato ed ha esortato la popolazione boliviana a fermare i disordini di piazza.
Seguendo una discussa procedura costituzionale, il vuoto di potere è stato colmato dalla parlamentare Jeanine Anez, come Presidente ad interim del Paese andino.

Jeanine Anez, Presidente ad interim della Bolivia
Dopo 14 anni, il potere socialista di Morales si è concluso, ma non pacificamente.
Dalla chiusura delle urne sono seguite violente proteste e crescenti tumulti di piazza. Finora, sono state contate le prime vittime e alcune centinaia di feriti, censiti nei luoghi di cura.

Una delle manifestazioni di protesta contro la rielezione di Morales
La neopresidente Anez ha già emanato alcuni provvedimenti contrari alla politica di Morales e si prepara ad affrontare l’opposizione del suo Partito del movimento socialista (MAS) che, tuttavia, mantiene la maggioranza al Parlamento di La Paz.
Qui, l’atmosfera rimane tesa, con l’Esercito chiamato a sostenere la Polizia nel mantenimento dell’ordine sociale.
In questi ultimi giorni Morales mantiene la propria “verve” e rilancia, sostenendo che tornerà in Bolivia con ancora “più forza ed energia”.
Attualmente la narrativa si divide fondamentalmente fra due posizioni politiche.
La prima è di condanna di Evo Morales che non avrebbe dovuto partecipare alle elezioni politiche nel 2019, avendo perso il referendum costituzionale sulla possibilità di rielezione del Presidente della Repubblica a tempo indeterminato.
Morales con la sua maggioranza superò l’ostacolo con un provvedimento artificioso emanato nel 2017 dalla Corte costituzionale, evidentemente “addolcita” in questo senso, secondo la quale il divieto di ricandidarsi avrebbe violato i suoi “diritti umani”.
La seconda è stata l’utilizzo fraudolento delle elezioni del 20 ottobre scorso.
Le irregolarità sono state gravi e suggestive di numerose frodi: la sospensione per un giorno intero della diretta televisiva, i conteggi troppo “rapidi” in alcune località, il ribaltamento in poche ore, durante la notte, dei consensi conseguiti dai due rivali, Morales e Carlos Mesa. Non a caso entrambi hanno dovuto accettare il riscontro negativo da parte dell’OAS.
Qualunque sia (e sarà) il ventaglio di forze che hanno determinato la caduta e la fuga di Morales, l’intervento decisivo dei militari potrebbe incoraggiare movimenti di diverso segno politico, ad agire in senso negativo.
A tale proposito, dovranno essere considerati anche i partiti, numerosi e meno dimensionati, che rappresentano la componente indio e contadina della vasta campagna boliviana.
La Bolivia è uno Stato con un’economia derelitta e una popolazione in gran parte indigente. La società appare macroscopicamente divisa fra indios, i più poveri, di millenaria origine locale, e la componente ricca degli spagnoli, di derivazione coloniale. I quartieri in cui vivono sono anch’essi ben distinti.
Morales è un indio, di ideologia socialista e storico capo sindacale dei numerosi ed influenti coltivatori di coca.
Nei primi anni del suo governo ha risollevato le condizioni economiche di milioni di contadini e migliorato il Paese di importanti sovrastrutture e servizi come la modernizzazione delle strade e degli ospedali.
Il suo errore irrecuperabile, come accade spesso alle persone di potere e di governo, è stato quello di credere nell’esistenza di un rapporto diretto tra potere e sviluppo intellettuale.
Il potere annebbia la giusta moderazione ed umiltà che occorrono nell’esercizio del potere politico. Tuttavia, è ancora più determinante l’attenzione da attribuire all’intelletto, decisivo nell’adottare le scelte più giuste in una realtà notoriamente fluida come quella della politica. Quest’ultimo non è affatto scontato.
Ma, la manifestazione più perniciosa è la progressiva noncuranza delle regole e delle Leggi.
“Legibus solutus”, come si qualificava un tempo. E nella storia sono finiti tutti male, compreso Morales.
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