Bolivia, stravince Evo Morales. Preoccupazione per il voto dell’Organizzazione degli Stati americani

Di Pierpaolo Piras

La Paz. Preoccupanti fuochi e tumulti di popolo crescono nel mondo: Cile, Venezuela, Iraq, Hong Kong, Catalogna, Libano e altri.

Le proteste di massa sono tutte diverse con cause, metodi e obiettivi tutti diversi ma con alcuni temi che li accomunano.

Ora, a questi Paesi si aggiunge la Bolivia. dopo l’esito delle elezioni politiche di giovedì scorso.

Per la quarta volta consecutiva, Evo Morales è stato eletto Presidente della Repubblica di Bolivia tra forti accuse di maneggi e frode elettorale.

Il Presidente boliviano, Evo Morales

Concludendo il calcolo complessivo del 99,99% dei voti, la vittoria col 47,07 di essi va al 60enne Juan Evo Morale Ayma, con un passato da sindacalista rappresentante dei “cocaleros” (produttori di coca) e capo della coalizione “Movimiento al Socialismo” (MAS), principale forza politica nel Parlamento.

Essendo il primo Presidente indigeno, è denominato anche El Indio. Negli ambienti internazionali è conosciuto per l’abbigliamento in buona parte informale, ma tipicamente boliviano popolare, che indossa negli incontri con gli altri capi di Stato.

Lo sfidante, Carlos Mesa, perde il confronto col 36,51% dei voti. È giornalista e scrittore, in passato è stato il terzo presidente della Repubblica della Bolivia.

Lo sfidante Carlos Mesa

Oggi è stato scelto a capo della coalizione di sinistra Comunidad Ciudadana (CC) composta dal Fronte Rivoluzionario della Sinistra e da Sovranità e Libertà.

Il calcolo ufficiale dei suffragi provenienti dai centri urbani minerari, come Llalagua e Potosì, e dai numerosi insediamenti della Bolivia più profonda, hanno certamente completato e reso decisivo questo esito delle elezioni.

La vittoria di Morales è netta, senza la necessità costituzionale di dover ripetere la consultazione elettorale in un secondo turno.

Questo è il deliberato del Supremo Tribunale Elettorale dopo aver verificato la differenza tra i due schieramenti con un vantaggio superiore al 10,55% a favore di Morales rispetto a Mesa.

Carlos Mesa ha rifiutato il risultato delle urne e continua ad esprimere violente accuse verso Morales di aver frodato il processo elettorale, scatenando accese proteste di piazza nelle principali città boliviane ed invitando i suoi sostenitori alla mobilitazione politica.

“Non riconosceremo questi risultati che fanno parte di una vergognosa e consumata frode che sta mettendo la società boliviana in una situazione di inutili tensioni, ha detto.

Violente proteste sono scoppiate nella capitale La Paz e nelle altre principali città boliviane. Elettori scontenti hanno dato fuoco agli uffici elettorali di Sucre e Potosi.

La tensione sociale era aumentata già da alcuni giorni dopo l’inspiegabile interruzione del conteggio elettronico dei voti e l’insufficienza del sistema di verifica e conteggio delle schede elettorali in alcune sedi elettorali.

La calma sociale è ancora lontana. Al suo posto è pericolosamente iniziata una sorta di guerra psicologica fatta di false notizie intese a diffondere il disordine sociale, con inviti – per ora senza successo – allo sciopero generale o, per i più irresponsabili, alla guerra civile.

L’obiettivo strategico è quello di eliminare dalla scena politica Evo Morales.

Gli osservatori dell’Organizzazione degli Stati americani (OAS) hanno espresso preoccupazione per l’esito delle elezioni.

Sul fronte politico di Morales non si notano risposte provocatorie capaci solo di esaltare il clima e gli atti di violenza, ma si attende che i disordini cessino spontaneamente.

Il Presidente Morales è un personaggio indubbiamente popolare. La lunga durata del suo potere ha favorito la natura sempre più autoritaria del suo potere.

Ad aggravare i rapporti con le altre forze parlamentari ha poi contribuito la sua candidatura, costituzionalmente dubbia, sulla possibilità di candidarsi una quarta volta.

Nonostante abbia perso il referendum del 2016, Morales ha modificato il dettato costituzionale per consentirlo comunque.

Ancora, lo Stato boliviano gestisce la gran parte dei media nazionali e ha speso fondi pubblici per finanziare la campagna elettorale di Morales, ma in America latina questi episodi di pubblica corruttela fanno scandalo fino ad un certo punto.

Le elezioni politiche boliviane dimostrano, ancora una volta, un Paese profondamente diviso. Tutti i protagonisti vantano di essere portatori delle migliori istanze democratiche, ma lo stesso candidato perdente, Carlos Mesa, va in senso pratico opposto invitando la popolazione alla disobbedienza civile, perdendo quindi la necessaria affidabilità che un qualsiasi governante deve possedere e manifestare con tutto l’equilibrio etico possibile.

Il mandato di Evo Morales scadrà nel 2025. Egli dovrà affrontare numerosi problemi, specie quelli relativi al settore dell’agricoltura da cui dipende l’economia di milioni di cittadini.

Morales è stato decisamente criticato sia per non aver ridotto a sufficienza la corruzione che per le sue politiche ambientali, avendo favorito l’incendio di circa quattro milioni di ettari di terra, rendendola così coltivabile e disponibile alla occupazione contadina.

È stato invece elogiato per le sue politiche sociali a favore dei più poveri.

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