Brexit, domani la marcia su Londra dei britannici filo europeisti al grido di “Put it on the people”

Di Daniela Lombardi 

Londra (nostro servizio). L’ipotesi più quotata, quella sulla quale gli stessi britannici – noti per l’amore per le scommesse – puntano di più, è quella del rinvio della decisione sulla Brexit al prossimo 22 maggio.

Sostenitori dell’Europa

L’accordo dei 27 leader al vertice europeo c’è, ora si aspetta solo la prossima mossa di Westminster. A pochi giorni dalla data prevista per l’uscita dall’Unione europea fissata per le ore 23 del 29 marzo, ora di Greenwich, la famosa precisione britannica – agevolata dalla presenza del meridiano – sembra infatti mostrare più di una falla.

In discussione, ancor prima del matrimonio da sempre travagliato con l’Unione europea, c’è la tenuta stessa del Regno Unito. Dissapori e malumori spingono chi può vantare una sola goccia di sangue irlandese a chiedere il passaporto della Repubblica d’Irlanda.

Il maggior numero di richieste arriva dall’Ulster e Gran Bretagna e svela una realtà della quale il Governo dovrebbe tenere conto: in tanti vogliono restare in Europa e temono le possibili ricadute, economiche e sociali, del “Leave”.

A Londra cresce sempre più il fronte del “Remain”, che del resto nei grossi centri si era mostrato preponderante anche ai tempi del referendum che sancì il “Sì” all’uscita.

Per domani i “No Brexit” hanno organizzato una marcia a Londra che avanzerà al grido di “Put it on the people”. Lo scopo è quello di chiedere un nuovo referendum affinché l’ultima parola sulla questione torni ai cittadini.

Una manifestazione vicino al Parlamento britannico

Perché il risultato della consultazione dovrebbe essere diverso dal passato, lo spiega uno degli organizzatori. “La gente ormai ha avuto il tempo di capire l’errore fatto col voto per il Leave. Le regole del commercio cambierebbero ed i prezzi della merce nei negozi potrebbero lievitare di molto per i cittadini, i diritti degli stranieri in questa fase sono incerti e le imprese non sanno se è il caso di assumerli, anche se ne hanno bisogno, perché potrebbero dover lasciare il Paese entro breve, molti sussidi che arrivano dall’Europa svanirebbero. Per questo siamo convinti che il miglior deal sia rimanere nella Ue”.

Al fronte “No Brexit” appartiene, tra gli altri, il sindaco di Londra, Sadiq Khan. Mentre l’ora delle decisioni che apparivano irrevocabili si avvicina, dunque, la premier May con la sua “hard Brexit” (una Brexit senza alcun accordo con Bruxelles) perde consensi, incassa la bocciatura di Westminster e non ostenta più la stessa sicurezza dei toni della lettera del 29 marzo 2017 con la quale chiese, per la prima volta nella storia della Unione, l’applicazione dell’articolo 10 del trattato di Lisbona.

La premier britannica Theresa May alla Camera dei Comuni

I sostenitori, però, ci sono anche per la premier e stazionano quotidianamente sotto la sede del Parlamento, accusando i “tories” di tradimento della volontà popolare per quanto accaduto nell’ultima seduta a tema Brexit.

Dall’impasse, fanno sapere da Buxelles e ne sono sempre più convinti nei palazzi inglesi del potere, si esce solo con un adeguato “deal”, che però appare sempre più complesso e che, soprattutto, non potrà andare oltre la data del 22 maggio prossimo.

Domani, infatti, partono le elezioni europee e Bruxelles non ha intenzione di farvi partecipare chi non darà garanzie di rimanere. A quel punto, infatti, si porrebbe il problema della rappresentanza del Regno Unito all’interno delle istituzioni europee. E, di conseguenza, la situazione da complessa diventerebbe davvero assurda.

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