Brexit, la House of Commons sconvolge gli obiettivi prefissati dai sostenitori dell’uscita dalla UE. La premier May sempre più sola

Di Pierpaolo Piras

Londra. Ieri sera, l’atteso voto di fiducia sull’accordo di fuoriuscita dalla Unione Europea, richiesto dal capo del Partito conservatore e primo ministro inglese, Theresa May, alla Camera dei Comuni è giunto alla sua conclusione.

La premier britannica Theresa May perde consensi

Il risultato era previsto già alla sua vigilia. La proposta della May è stata respinta: su 650 parlamentari, il Governo aveva necessità di una maggioranza di 318 per avere successo in quanto i 7 nazionalisti irlandesi dello Sinn Fein e 4 oratori non hanno votato. Altri 4  parlamentari scrutatori, secondo le procedure, non devono essere considerati.

I voti contratti sono stati 432, 202 i favorevoli al decreto. Una sconfitta schiacciante, senza precedenti nell’ultimo secolo. Alla maggioranza laburista si sono aggiunti anche 118 parlamentari, conservatori e ribelli.

E’ un risultato che esprime con grande chiarezza ciò che vuole la “House of Commons” ma non come intende risolvere le criticità emerse finora nel processo legislativo di realizzazione della Brexit.

Ora, Theresa May deve andare presso le istituzioni europee per verificare le condizioni per ottenere un accordo più favorevole con l’Europa (specie sulla ambigua frontiera tra le due Irlande che c’è ma non deve vedersi) evitando l’errore sciovinista di pretendere l’adeguamento della UE alla Gran Bretagna e non viceversa .

A Bruxelles, Donald Tusk, presidente del Consiglio Europeo, ha commentato seccamente che la soluzione migliore sarebbe una nuova chiamata alle urne del popolo britannico per un secondo referendum, magari con un quesito più esplicito da sottoporre all’elettore.

La premier britannica, Theresa May ed il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk

Jean Claude Junker, presidente della Commissione Europea, è stato più possibilista, ponendosi in una posizione di “ascolto” verso Theresa May, invitandola , però, a chiarire velocemente le sue posizioni poiché sono quasi scaduti i tempi di applicazione dell’articolo 50 del Trattato di Lisbona, sulla fuoriuscita degli Stati membri.

Il più acceso oppositore della Brexit è apparso Jeremy Corbyn, capo del Partito laburista (Labour Party) che ha accusato la May di “pura incompetenza” e di avere condotto la sua politica a favore della Brexit come se si trattasse di una “questione del Partito conservatore piuttosto che per il bene del Paese”. Egli sostiene, poi, lo svolgimento di un secondo referendum e non esclude la presentazione di un’ulteriore mozione di sfiducia in un prossimo futuro.

Jeremy Corbyn

A questo punto, è la legge dello Stato che stabilisce i prossimi avvenimenti.

Il Governo attuale ha 14 giorni di tempo per riconquistare la maggioranza in Parlamento. Nella mancanza di ciò, com’è probabile che avvenga, verrà attivata la procedura per andare alle elezioni politiche anticipate.

Cosa ne sarà della Brexit ? Le ipotesi sono molteplici.

Secondo l’articolo 50 suddetto, il Regno di Elisabetta II lascerà l’Unione Europea il 29 marzo prossimo, con o senza accordo. Ma, il Governo May e gli ambienti finanziari nazionali sono fermamente contrari ad un’uscita senza accordo, soluzione vista alla stregua di un incubo economico.

Il Governo inglese potrebbe chiedere di dilazionare la data di fuoriuscita di quella data, la quale richiede l’approvazione dei 27 gli Stati componenti della UE. Il che potrebbe diventare quanto meno probabile se Londra decidesse di attuare un secondo referendum.

La terza possibilità è rappresentata dall’estensione dell’articolo 50 per una fuoriuscita secondo il modello adottato per la Norvegia che mantiene la propria moneta, la “Corona”, pur godendo degli stessi vantaggi commerciali e doganali degli Stati membri.

Lunedì sera, anche la Camera dei Lords ha votato respingendo l’accordo Brexit del governo.

Certo è che numerosi avvenimenti storici sono accaduti per mancanza di tutti quegli atti necessari per prevenirli.

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