Brexit, si riapre la questione nord irlandese. La May vuole tenere lontano i funzionari della UE nella gestione dei confini tra Ulster ed Eire

Di Pierpaolo Piras

Londra. Le criticità secondarie alla fuoriuscita (Brexit) della Gran Bretagna, decisa dalla maggioranza degli inglesi nel referendum del 23 giugno 2016, dal sistema economico della Unione Europea, si arricchisce di una ulteriore criticità legata ai complessi ed importanti mutamenti di frontiera politico-economica tra Inghilterra, Irlanda del Nord (Ulster) e tra queste due con la Repubblica d’Irlanda (Eire).

Le due Irlande

Attualmente, l’Unione Europea attende alcune risposte su ciò che appare come un ostacolo insormontabile. La prima viene da Bruxelles,che vorrebbe la Repubblica d’Irlanda e l’Irlanda del Nord fossero unite nella medesima area doganale in una sorta di speciale “area di regolamentazione comune”.

Solo in questo modo si supererebbe il problema del confine nazionale tra di loro, oggi quasi impercettibile, stando entrambi nella UE.

Per rendere queste procedure più accettabili e credibili, Bruxelles propone di poter fare controlli, a distanza dal confine, mediante il supporto di avanzati strumenti tecnologici .

Una nuova idea è stata quella di assicurare il Regno Unito che la maggior parte delle merci, in arrivo nell’Irlanda del Nord, passa per Dublino e pertanto attraverso i controlli della UE. Ma, Theresa May, primo ministro britannico, rifiuta risolutamente che tali verifiche siano effettuate nel contesto del proprio territorio da funzionari dell’Unione.

Theresa May e Jean-Claude Juncker

L’Irlanda del Nord vuole, anzi pretende, che il confine rimanga totalmente ed agevolmente aperto agli scambi di merci, persone e servizi. Le ragioni sono sicuramente economiche ma, non di meno, politiche.

Dopo una sanguinosa ed ultradecennale guerra civile, l’Irlanda del Nord ha raggiunto la pace con la Repubblica d’Irlanda, accettando il “Belfast Agreement” (https://peacemaker.un.org/sites/peacemaker.un.org/files/IE%20GB_980410_Northern%20Ireland%20Agreement.pdf), detto anche “Patto del Venerdì Santo”, con la firma dei maggiori partiti politici nord irlandesi e definitivamente approvato con un referendum popolare il 23 maggio 1998. Tale trattato ha determinato una maggiore capacità d’impresa tra le due Irlande con incremento della già ampia autonomia istituzionale di quella del Nord.

Un’immagine storica della guerra civile nord irlandese

Tuttavia, si percepisce la fragilità di questo equilibrio, sofferto e ricercato a lungo, sul quale si regge l’accordo del “Venerdì Santo”, dal quale viene , oggi, assicurato il libero commercio senza attriti, la cooperazione transfrontaliera nelle scuole, nella sanità e nello scambio dei prodotti agricoli e non ultimo il passaggio di circa 30 mila frontalieri al giorno , senza il controllo dei passaporti.

Va da sé che il ripristino post-Brexit delle frontiere attive, comporterebbe il controllo dei passaporti (specie nel contrasto ai migranti illegali), l’applicazione della legislazione comunitaria su dogane, merci, IVA e accise varie, oltre al rispetto delle norme sanitarie in campo veterinario e sugli aiuti di Stato in agricoltura.

Sono tutti aspetti importanti che, se non affrontati e risolti, potrebbero riaccenderebbe vecchie ferite, non ancora del tutto rimarginate nel tormentato popolo irlandese, ponendo a rischio il processo di pace tra le varie comunità irlandesi, cattolici e protestanti compresi e gli alti e proficui risultati che, dalla pace, sono derivati, dal 1998 ad oggi.

Insomma, sembra un dissidio senza una soluzione a breve. A tale proposito il presidente della Commissione Europea, Jean-Claude Juncker ha nominato l’abile negoziatore Michel Barnier, parlamentare francese, capo della Commissione per i negoziati sulla “Brexit”.

Barnier ha afferma che il suo obiettivo è quello di trovare un accordo solido e duraturo ma nel quadro di una Brexit non conflittuale. Riportando la trattativa al punto iniziale, gli ha risposto a stretto giro Arlene Foster, parlamentare nord irlandese, ex primo ministro irlandese e capo del Partito Unionista Democratico (PUD) che rifiuta qualsiasi ostacolo al libero scambio con la UE.

La leader del DUP, Arlene Foster.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

 

Autore