Di Pierpaolo Piras
Bruxelles. Nell’ultimo Consiglio Europeo, riunitosi a Bruxelles. sono stati vari i temi all’ordine del giorno, posti alla valutazione dei 27 massimi rappresentanti politici degli Stati componenti: Brexit, prevenzione delle migrazioni illegali verso l’Europa tramite accordi di cooperazione con i Paesi dai quali provengono e di transito. Con minore risalto, sono stati esaminati anche il problema della sicurezza interna, specie verso il pericolo degli attacchi informatici a danno sia dei cittadini che delle imprese industriali (cybersecurity) e quello delle minacce chimiche, biologiche, radiologiche e nucleari (CBRN) .
La “Brexit” ha assorbito la maggior parte dei colloqui, ufficiali e non, ed è stata l’occasione per evidenziare l’impegno di Theresa May, primo ministro inglese, a trovare un compromesso, valido ad evitare le complesse e gravi conseguenze politico-economiche che, sempre più , si stanno profilando nel futuro economico della Gran Bretagna. Ma, le dichiarazioni ufficiali di questi giorni hanno affermato laconicamente che “non sono stati raggiunti progressi sufficienti”.
Al termine del vertice, il Consiglio Europeo ha confermato il difficile ruolo di mediatore per l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, Michel Barnier, nominato (2015) da Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione Europea, consigliere speciale per la Politica europea di sicurezza e di difesa.
Ma, i tempi sono importanti. Dominic Raab, uomo politico del Partito conservatore e membro del Parlamento inglese, nominato “Segretario di Stato per l’uscita dall’Unione europea” dal 9 luglio scorso, ha recentemente avvisato i propri colleghi sulla necessità che i prossimi appuntamenti politici comunitari dovranno essere in sintonia con i tempi sia degli investitori che dell’economia in generale .
Finora, infatti, le incertezze sulla Brexit si sono succedute senza alcuna intesa, potendo creare uno scenario economico dominato dall’instabilità negli investimenti con possibili contraccolpi sulle future relazioni commerciali del Regno Unito con l’Unione Europea.
Non a caso, in questo summit, è stata tacitamente espressa la possibilità di creare un “tempo di transizione” sino a dicembre prossimo, durante il quale il Regno Unito rimarrebbe ancora interamente soggetto alle leggi europee, concedendo, però, più tempo al recupero di una trattativa oggi da troppo tempo in stallo.
Uno dei punti fermi è la scottante questione delle frontiere tra le due Irlande e di queste sia verso l’Europa che con la Gran Bretagna.
Tutti gli Stati hanno concordato che la soluzione finale debba evitare il ripetersi dell’annoso conflitto che ha impoverito ed insanguinato i rapporti tra gli irlandesi sino a tempi storicamente recenti.
Anche gli inglesi sono sempre meno disposti ad accettare le conseguenze, ormai sempre più negative, derivate dall’esito del referendum del 23 giugno 2016.
Sabato scorso, decine di migliaia di persone anti-Brexit hanno marciato per le vie centrali di Londra. Tra le fila dei manifestanti c’erano cittadini britannici e tanti di altri Paesi europei ma anche parlamentari inglesi ed i principali movimenti sostenitori dell’anti Brexit, come il sempre più numeroso ed influente “The3Milion”.
Il sindaco di Londra, Sadiq Khan, presente al corteo, ha significativamente affermato che “il popolo britannico dovrebbe votare l’ultimo accordo sulla Brexit”. L’intelligenza sarebbe quella di sottoporre la più consapevole popolazione britannica ad una nuova consultazione ma sul risultato degli ultimi deliberati sull’uscita della Gran Bretagna da parte del Consiglio Europeo. Ne vale il futuro dei 3,7 milioni di europei con lavoro qualificato e stabile, in Inghilterra, ma anche i circa 900 mila cittadini idi Sua Maestà stabilmente residenti nel restante territorio della Ue.
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