Di Gerardo Severino*
ROMA. Per noi, storici militari o semplici appassionati di Storia militare, quella del Calendario storico di Forza Armata o di un Corpo di Polizia è ormai una tradizione consolidata, un appuntamento irrinunciabile, un’occasione in più, non solo per arricchire le proprie collezioni, ma anche per conoscere da vicino talune vicende, trattate magari in occasione di anniversari particolari, come lo è stato, tanto per citare un esempio tangibile – quello dei 100 anni della fine della “Grande Guerra”.
Il Calendario storico è, dunque, una tradizione, una delle tante e belle tradizioni militari per le quali bisogna ringraziare principalmente il nostro glorioso Esercito, che per primo, nella seconda metà dell’Ottocento “lanciò” la moda, peraltro attraverso edizioni di grande valore artistico che riguardavano, molto spesso, i singoli Reggimenti, le Brigate o le Divisioni, che componevano allora la principale Forza Armata del Regno d’Italia.
I Calendari storici non sono, tuttavia, solo oggetti da collezione, insignificanti cartoncini colorati da appendere al muro, per far bella mostra o per riempire spazi vuoti.
Sono, in realtà, delle vere e proprie monografie, a metà strada tra un saggio e un articolo – tanto per far comprendere meglio a chi non li ha mai sfogliati – con le quali chi li edita vuol far conoscere, non tanto a sé, ma alla collettività un pezzo della propria Storia.
Basterebbe già questa spiegazione per comprenderne l’importanza, ma anche per pretenderne il rispetto.
Chi offre agli altri – rivolgendosi ai non addetti ai lavori, ovviamente – la possibilità di apprendere la propria storia istituzionale va apprezzato, e non certo condannato per “l’ardire” della tematica trattata, cercando, invece, di coglierne i reali significati e soprattutto il valore culturale.
In un contesto sociale ove le Forze Armate e i Corpi di Polizia venivano tacciati di presunte chiusure mediatiche, ecco che i Calendari storici ebbero – e lo hanno ancora, a mio avviso – il merito di aver accorciato ancor più le distanze con l’opinione pubblica, tant’è vero che in gran parte di essi, oltre alla narrazione di fatti storici, dalle origini di ciascun Corpo, Arma o Specialità alle Guerre Risorgimentali e a quelle mondiali, chi lo sfogliava aveva – e ha tuttora – la possibilità di conoscere anche i compiti di ciascun reparto e, talvolta, anche la composizione e i nomi del personale.
Il Calendario storico, quale fonte di comunicazione esterna, è anche un prodotto che offre gratuitamente un messaggio educativo, rivolto non solo ai giovani in età scolare, ma anche ai tanti cittadini italiani che sanno poco di storia del proprio Paese.
L’esempio lampante ci viene fornito proprio dall’edizione 2024 del Calendario storico dell’Esercito Italiano (https://www.esercito.difesa.it/comunicazione/calendesercito) che spero ardentemente possa essere presentato anche nelle Scuole d’Italia – il quale, grazie ad una coraggiosissima operazione redazionale ha trattato un tema che, seppur sviscerato e divulgato abbondantemente dall’editoria e dalla cinematografia, fa ancora oggi discutere e riflettere.
L’intento nobilissimo del Calendario è certamente quello di ricordare gli 80 anni dell’inizio della Guerra di Liberazione, ma per farlo, la Forza Armata ha deciso di menzionare non solo gli “uomini con le stellette” senza i quali la lotta antifascista sarebbe stata ancor più dura di quella che in effetti fu.
Pur tuttavia, si trattò degli stessi uomini che avevano sin lì combattuto sui vari fronti di guerra, in un conflitto certamente non voluto da loro, ma che comunque affrontarono, talvolta anche scientemente, dovendo rispondere agli obblighi imposti dal giuramento prestato, ovvero al credo al quale erano stati educati – non solo loro – in vent’anni di dittatura.
Ed è ciò – non me ne voglia qualcuno – che avevano fatto non pochi partigiani, magari ex militari, o peggio ex fascisti pentiti, prima del 25 luglio e del fatidico 8 settembre 1943.
Senza entrare in polemica con nessuno, ritengo davvero intelligente aver voluto presentare così il valore militare di Ufficiali, Sottufficiali e Soldati che hanno scritto, forse più di altri (e mi riferisco ai tanti politici di razza che fecero la Resistenza dai propri rifugi in Svizzera) le pagine più belle della Resistenza e della stessa Guerra di Liberazione.
Troppo lungo, in questa circostanza, sarebbe elencare i meriti conseguiti, anche nei vari teatri d’operazione dagli uomini dell’allora Regio Esercito: meriti non militari, s’intende, volendo ricordare a tutti il ruolo avuto dalla Forza Armata in aiuto agli ebrei, prim’ancora che fosse firmato l’Armistizio, come accadde in Francia e nei Balcani.
Troppo lungo sarebbe ricordare, poi, l’umanità che gli stessi uomini, pur combattendo una guerra voluta da Mussolini e dal Re, dimostrarono di possedere a favore delle popolazioni locali, come accadde in Grecia.
Non per questo, lo storico può giustificare i crimini di guerra commessi da altri Ufficiali, Sottufficiali e Soldati, dalla vecchia Europa alle Colonie africane.
Di essi, se non agli uomini, spero ne abbiano dato conto a Iddio.
Ricordare ciò è, quindi, un dovere, così come lo è raccontare le vicende di tanti Eroi che, al di là di chi volle la guerra, combatterono comunque per il proprio Paese.
Su questo non ci sono dubbi, ritengo! In caso contrario, se proprio dobbiamo riformarci al cosiddetto “politicamente corretto”, saremmo costretti a cancellare dalle strade e dalle piazze d’Italia i nomi delle Medaglie d’Oro conferite per fatti precedenti all’armistizio, e sol perché le azioni eroiche furono compiute dall’Esercito Regio agli ordini di Benito Mussolini.
Concludo questa mia lunga dissertazione con una riflessione. La scelta Resistenziale, libera e meditata, adottata da migliaia di Ufficiali, Sottufficiali e Soldati del Regio Esercito Italiano, così come quella di migliaia di I.M.I. (Internati Militari Italiani) di non aderire alla Repubblica di Salò, così come avrebbero fatto i militari della Regia Marina, della Regia Aeronautica, dei Carabinieri Reali, della Regia Guardia di Finanza e di Pubblica Sicurezza, rappresentò essa stessa la “riscossa”: la “riscossa” dell’intero popolo italiano, una “riscossa” nella quale, ancora una volta, all’Esercito, che ricordo partecipò anche in armi al fianco degli Alleati, con la costituzione dei gloriosi “Gruppi di Combattimento”, spettò il compito più arduo e gravoso: quello di sostenere i non trascurabili aspetti logistici, con la fornitura di armi, trasporti, equipaggiamenti e materiali di sopravvivenza, per non parlare di quegli aspetti operativi senza i quali molti giovani partigiani, che non avevano mai imbracciato un’arma, non avrebbero potuto affrontare la durissima lotta contro i nazi-fascisti.
Ben venga, dunque, il bellissimo Calendario storico 2024, ben venga questa importante iniziativa, la quale ha voluto semplicemente ricordare il valore e i sentimenti di “uomini in armi”, né più e nemmeno di quanto è stato fatto con lo splendido film dedicato al Comandante Todaro, anche lui Medaglia d’Oro al Valor Militare, ma della gloriosa Regia Marina, caduto in combattimento nelle acque di La Galite (Tunisia) il 14 dicembre 1942, nel pieno della Seconda Guerra mondiale.
Ma questa è un’altra storia…
*Colonnello (Aus) della Guardia di Finanza – Storico Militare
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