Califfato, giornata di studio a Roma organizzata dalla NATO Defense College Foundation. Il 2011 anno cruciale degli stravolgimenti del Medio Oriente e del Nord Africa

Roma. Il tema del Califfato è stato al centro, nei giorni scorsi, di una conferenza, strutturata in tre sessioni, organizzata dalla NATO Defense College Foundation (NDCF), in collaborazione con la NATO Political Affairs and Security Policy Division (PASP) e il NATO Defense College.

Un momento della conferenza a Roma

L’ambasciatore Alessandro Minuto-Rizzo, presidente della Fondazione, nel suo intervento ha sottolineato l’importanza di discutere in maniera concreta e rispettosa sulle cause e le possibili risoluzioni dell’instabilità che continua a caratterizzare il Medio Oriente e il Nord Africa .

Ovvero aree al centro delle attività di ricerca della NDCF sin dalla sua fondazione nel 2011.

“L’arco di crisi a cui abbiamo assistito negli ultimi anni deve essere trasformato in una nuova rete di opportunità – ha spiegato l’ambasciatore -. Spetta unicamente agli arabi della regione prendere in mano il proprio destino, mentre la vera domanda per le nostre democrazie è: come essere un reale supporto senza interferire?”

Nel suo intervento di apertura, Mahmoud Gebril (ex primo ministro libico nel 2011) ha parlato delle cosiddette “Primavere arabe” e di quanto sia necessario, oggi, riflettere sulle cause profonde del loro sviluppo di fine 2010 – 2011, sintomo di un nuovo corso storico che vede le società prendere il sopravvento sugli Stati.

“Quando in Libia è stato abbattuto il regime – ha sostenuto – ci siamo ritrovati con una società senza Stato, le cui istituzioni andavano interamente costruite. Si è dunque creata una grande dicotomia tra il potere e le autorità: le autorità sono numerose e tuttavia il potere resta nelle mani di chi ha le armi, di chi controlla i media, di chi informa l’opinione pubblica”.

La prima sessione ha approfondito il dibattito su come la comunità internazionale possa assistere i leader e i Paesi locali che si confrontano con l’attuale frammentazione regionale e le minacce provenienti da attori non statali sempre più potenti.

A questo proposito, Nicola de Santis, capo della Sezione Relazioni Pubbliche nella Divisione NATO di Public Diplomacy, nonché ex responsabile della Sezione Medio Oriente e Nord Africa (PASP) per quasi un decennio ha fatto riferimento al fatto che “quest’anno si celebrano il 25° anniversario del Mediterranean Dialogue e il 15° anniversario dell’Istanbul Cooperation Initiative, entrambi attività di cooperazione dell’Alleanza Atlantica con i Paesi del Nord Africa e del Golfo. Attraverso questi partenariati, l’Alleanza atlantica ha promosso il dialogo politico e la cooperazione concreta nei campi della difesa e della sicurezza, adottando di volta in volta un approccio su misura e di condivisione”.

In questo modo, ha proseguito, è stato raggiunto “un buon livello di comprensione reciproca con un gran numero di Paesi di culture differenti, rimodellando percezioni errate e, di conseguenza, prevenendo tensioni che avrebbero potuto degenerare in conflitti”.

L’Alleanza deve continuare ad assistere questi Paesi, ha proseguito, “nel loro sforzo di ricostruzione delle proprie istituzioni di difesa (quando non esistono, come nel caso della Libia) e rafforzare la resilienza della loro strutture difensive laddove già esistono”.

Durante la seconda sessione, una dipendenza sempre minore dai proventi del petrolio e del gas è stata indicata come un altro elemento chiave da raggiungere affinché ci possa essere una crescita economica sostenibile nella regione.

“Se si guarda al mercato globale dell’energia, notiamo una forte spinta verso la decarbonizzazione – ha spiegato ha affermato Adnan Z. Amin, direttore generale emerito di IRENA (International Renewable Energy Agency):  il futuro sarà rinnovabile e l’energia deriverà sempre più dall’elettricità. Occorre formulare una nuova strategia energetica e costruire delle solide reti di distribuzione e interconnessione”.

Nell’ultima sessione, i lavori si sono concentrati sull’instabilità politica che si sta diffondendo nel Maghreb e sulla crescente insicurezza nel Sahel, dovuta all’intreccio sempre più stretto tra traffici illeciti, reti criminali transnazionali e terrorismo.

“Rapporti recenti testimoniano che l’ISIS si trasferendo e ricostituendo proprio in Nord Africa – ha avvertito Mahmoud Karem, docente della British University al Cairo ed ex ambasciatore d’Egitto alla NATO e all’UE .

L’ideologia jihadista “deve essere affrontata e combattuta collettivamente, non in maniera unilaterale – ha aggiunto -. È fondamentale impegnarci nel dare innanzitutto una definizione univoca di terrorismo. Una  definizione che non dimentichi il suo legame con il commercio illegale di armi, droghe e altri beni”.

A chiudere la giornata di studio, la presenza di Ahmed Aboul Gheit, segretario generale della Lega Araba, che nel suo discorso conclusivo ha sottolineato come la regione stia ancora vivendo le pesanti conseguenze dei fatti accaduti dal 2011, a partire dal costo umanitario rappresentato da milioni di rifugiati e sfollati e dalla recessione economica, oltre al caos nel campo della sicurezza che ha consentito l’espansione dei gruppi terroristici.

Per Gheit “il progetto perseguito da parte dell’ISIS per imporre il controllo sui territori e sulla popolazione è stato sconfitto, ma continua tuttavia a persistere come pensiero e ideologia nella mente di moltissimi giovani”.

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