Carabinieri: operazione contro la ‘ndrangheta in varie citta’. Applicate 14 ordinanze di custodia cautelare

Reggio Calabria.Nella prime ore di questa mattina, nella provincia di Reggio Calabria, Teramo e Benevento, i Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria e dei Reparti territorialmente competenti, con il supporto dello Squadrone Eliportato Cacciatori di Calabria, dell’8° Nucleo Elicotteri di Vibo Valentia, del Nucleo Carabinieri Cinofili, sotto il coordinamento della Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia – di Reggio Calabria, hanno eseguito un’ordinanza di applicazione di misure cautelari emessa dal G.I.P. del Tribunale di Reggio Calabria nei confronti di 14 persone – delle quali 12 in carcere e 2 agli arresti domiciliari –  ritenute responsabili, a vario titolo ed in concorso tra loro, di traffico ed associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, favoreggiamento personale di latitanti appartenenti alla ‘ndrangheta, detenzione e porto abusivo di armi da sparo comuni e da guerra.

 

In particolare, il monitoraggio di mogli, fidanzate, parenti e favoreggiatori dei latitanti consentiva di far emergere la centralità del sito di estrazione, ubicato in Contrada Pontevecchio di Gioia Tauro, che poi si rivelava essere un vero e proprio snodo delle attività delittuose gravitanti principalmente attorno alle figure dei cugini BRUZZESE Girolamo cl. ‘83, BRUZZESE Alessandro e BRUZZESE Antonino, tutti tratti in arresto.

Il monitoraggio di questa cava permetteva ai Carabinieri di Gioia Tauro di catturare, il 14 aprile 2018, un quarto latitante, Vincenzo Di Marte  inserito nell’elenco dei latitanti pericolosi» e ritenuto un elemento di spicco della cosca di ‘ndrangheta Pesce, operante nel territorio di Rosarno, ed irreperibile dal mese di Giugno 2015, allorquando si sottraeva all’Ordinanza di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere, emessa dall’A.G. di Reggio Calabria. Misura relativa all’operazione c.d. “Santa Fè”, condotta dalla Guardia di Finanza di Catanzaro, per i reati di associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale delle sostanze stupefacenti con l’aggravante della transnazionalità e dell’aver agevolato la cosca di riferimento e quella degli “Alvaro” di Sinopoli; reati per i quali il Di Marte era già stato condannato in primo grado alla pena della reclusione di anni 14.

Una cava, ubicata al centro del territorio di influenza delle cosche della Piana, divenuta base operativa e logistica della criminalità organizzata per tutte le più importanti attività delittuose. Partendo da tale assunto, attraverso metodologie investigative tradizionali combinate con i più moderni sistemi di acquisizione probatoria, i Carabinieri di Gioia Tauro hanno ricostruito la rete degli indagati che, a vario titolo e con diversi ruoli.

Il traffico degli stupefacenti ha rappresentato un’importante fonte di guadagno illecito per gli indagati. Nel corso dell’indagine sono stati documentati acquisti e rivendite di carichi di sostanza stupefacente, che potevano arrivare fino a 270 kg di hashish e marijuana per volta, anche importati dall’estero, nonché il sistematico occultamento all’interno della cava di numerosi “pacchi” da mezzo chilo l’uno.

Le vendite all’ingrosso venivano organizzate e materialmente svolte dagli indagati.

Numerose sono risultate anche le armi nella disponibilità degli indagati, a dimostrazione di un’endemica pericolosità sociale dei componenti dell’organizzazione: pistole semiautomatiche cal. 7,65, cal. 9×21, cal. 38 special, acclarando l’occultamento delle stesse in borsoni fino a 30 pezzi in contemporanea, ma anche armi da guerra, come un fucile mitragliatore Kalashnikov.

L’operazione colpisce duramente soggetti al servizio delle diverse ramificazioni della criminalità organizzata della Piana di Gioia Tauro, proprio nelle attività illecite essenziali alla conservazione ed al mantenimento del potere mafioso. La volontà di svolgere periodi di latitanza nel territorio di origine e di influenza, indica ancora una volta la necessità di mantenere in ogni condizione un contatto diretto con il territorio, al fine di non mettere in discussione la forza intimidatrice della consorteria di appartenenza.

Di contro, il capillare controllo del territorio, le capacità informative e gli efficienti approfondimenti investigativi dei Carabinieri sotto il coordinamento e l’indirizzo dell’Autorità Giudiziaria, attraverso una strategia investigativa oculata, hanno garantito la sistematica individuazione dei latitanti e consentito di colpire duramente tutte le attività delittuose tipiche della ‘ndrangheta, nonché tutti i soggetti, anche non affiliati, che in qualunque forma la favorivano.

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