di Enrico Maria Ferrari
Mosca. Durante i controlli di routine sulla stazione spaziale internazionale (ISS), di fine agosto qualche cosa non andava: la pressione dell’aria interna stava lentamente, ma costantemente, diminuendo.
L’equipaggio, tre americani, un tedesco e due russi, stava dormendo e non essendoci una minaccia immediata il controllo a terra ha deciso che non era il caso di svegliarli: “Non erano in pericolo”, ha dichiarato Stephanie Schierholz, portavoce NASA.
In effetti una piccola perdita non è un grave danno per la ISS, pur avendo riserve limitate di aria è previsto, infatti, che ci possano essere perdite e che in attesa di riparare il guasto la stazione possa tranquillamente andare avanti utilizzando le scorte. In caso di avaria grave o di pericolo imminente gli astronauti hanno sempre a disposizione una scialuppa di salvataggio nella quale chiudersi ed essere immediatamente rispediti sulla Terra.
La stazione, come qualsiasi oggetto umano lanciato nello spazio, può essere soggetta ad impatti di detriti spaziali, tra cui pezzi di vecchi satelliti ancora in orbita, o micro-meteoriti che possono danneggiare lo scafo provocando una depressurizzazione più o meno grave.
“La stazione spaziale è l’astronave più corazzata che sia mai stata costruita – ha dichiarato Schierholz – i componenti critici come i compartimenti abitati e i serbatoi pressurizzati possono normalmente sopportare un impatto di un detrito largo anche un centimetro”.
Il problema è che questa volta il danno non era stato provocato dall’esterno, ma dall’interno: un foro perfettamente circolare di 2 millimetri di diametro è stato scoperto il 29 agosto ed era indubbiamente opera di un umano che aveva fatto un buco con un trapano e per giunta con “mano malferma” (dalla foto si vedono benissimo le “svirgolature” della punta sul metallo) come alcune fonti hanno sottolineato.
Più precisamente, dopo una mattinata di lavori, il buco è stato rilevato nel compartimento orbitale, o sezione superiore, della navetta Soyuz MS-09 attraccata al modulo russo Rassvet.
Gli scienziati a terra a Houston e a Mosca hanno elaborato insieme una strategia per individuare la perdita ed, una volta scoperto il buco, ripararlo con un nastro speciale. Risolto il problema in orbita sono cominciate le speculazioni: chi diavolo può aver bucato un’astronave, e perché?
Dato che nessuno ha ammesso di aver volontariamente provocato il buco ci sono al momento due ipotesi: la prima riguarda un incidente di un operaio maldestro a terra, che ha tentato di coprire il danno con della stoffa e non ha denunciato la cosa per non essere licenziato.
In questo caso la responsabilità sarebbe interamente russa, dato che la Soyuz viene appunto preparata e lanciata dai russi.
La seconda possibilità parla apertamente di sabotaggio e qui si aprono due fronti: qualcuno a terra, in Russia, avrebbe deliberatamente bucato la navetta per motivi ignoti, e la responsabilità sarebbe comunque ancora russa, almeno per quanto riguarda una falla nella sicurezza.
Il secondo fronte di indagine riguarda quello che viene chiamata pudicamente “interferenza nello spazio”, e cioè un deliberato atto di sabotaggio ad opera di qualcuno dell’equipaggio durante una missione nello spazio.
Non è chiaro perché qualcuno sulla ISS dovrebbe eliminare l’aria necessaria alla propria sopravvivenza e sarebbe un fatto senza precedenti nella storia della esplorazione spaziale.
Mai nessun astronauta o cosmonauta (il termine varia a seconda che si tratti rispettivamente di un americano o di un russo), o nessun altro coinvolto in un programma spaziale di qualsiasi paese, ha mai volontariamente e segretamente danneggiato un veicolo spaziale.
Naturalmente ci sono ragioni politiche ed economiche per tenere in piedi la teoria del complotto o del sabotaggio in orbita, perché in questo caso la Russia non dovrebbe prendersi tutte le colpe del potenziale disastro.
Se il buco risultasse essere davvero un atto di sabotaggio le implicazioni sarebbero enormi, per l’Agenzia spaziale russa, per la NASA e per tutta l’umanità in termini di accesso allo spazio. Sebbene capsule robotizzate automatiche in grado di portare viveri e rifornimenti siano disponibili sia da parte russa che americana, l’unico modo ad oggi per trasportare personale sulla ISS è attraverso le capsule russe Soyuz.
La Boeing e la SpaceX dovrebbero ricevere la certificazione per il trasporto umano verso la ISS nel 2019, rompendo quello che è di fatto un monopolio russo.
Il buco sulla ISS ha però avuto ripercussioni enormi, in termini di immagine, in Russia: pur avendo petrolio e gas in enormi quantità, la Russia non ha una industria tecnologica da esportazione, non è mai stata in grado ad esempio di realizzare telefonini o computer.
Ma le astronavi sono l’orgoglio e il vanto russo da sempre, sin dai tempi dell’Unione Sovietica che ha stabilito record spaziali (primo satellite nello spazio, primo uomo e prima donna nello spazio) che ne hanno a lungo certificato la superiorità nella corsa allo spazio contro gli USA.
Oggi l’orgoglio sta svanendo e il Cremlino deve far fronte all’ovvio: l’agenzia spaziale russa è in profonda crisi.
Un dirigente dell’Istituto Russo per le Politiche Spaziali, Ivan Moiseyev, ha dichiarato in Tv: “Abbiamo ancora astronavi e cosmodromi, ma gli incidenti causati da errori stupidi sono diventati sistematici.”.
Ritornando al buco sulla ISS un membro del parlamento russo, Maksim Surayev ha sollevato dubbi sulle capacità psicologiche degli astronauti: “Lassù può essere difficile e magari qualcuno era così stanco e depresso che ha fatto un buco nello scafo sperando di tornare prima a casa”. Surayev è stato immediatamente smentito con sdegno da astronauti ed esperti dell’Agenzia spaziale, secondo i quali il suo sarebbe un discorso senza senso.
Gli astronauti, secondo quanto dichiara il cosmonauta Mikhail Krniyenko, sono persone fisicamente e psicologicamente sane, continuamente testate e sotto permanente esame, è improbabile che possano accadere scompensi psicologici così rilevanti.
Nel frattempo le indagini proseguono ed i sospetti più fondati riguardano gli operai a terra in Russia.
Il rapporto della commissione incaricata di far luce sull’incidente è atteso per le prossime settimane.
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