Di Giuseppe Gagliano*
RABAT. Le manovre militari Chergui 2025, avviate a Errachidia, nel sud-est del Marocco vicino al confine con l’Algeria, segnano un salto di qualità nella cooperazione tra Rabat e Parigi. Svolte in un ambiente desertico ostile — montagne dell’Atlante, tempeste di sabbia, escursioni termiche estreme — queste esercitazioni non sono soltanto addestramento tattico: sono un messaggio politico e strategico in una regione in cui la rivalità fra Marocco e Algeria resta irrisolta.
Un partenariato storico che guarda al Sahel
Francia e Marocco vantano un partenariato di difesa di lunga data, che include scambio di intelligence, programmi di formazione congiunta e pianificazione operativa. L’edizione 2025 delle esercitazioni introduce due fasi principali: una fase di comando e simulazione per testare il processo decisionale sotto stress e una fase sul campo, con unità di terra e aeree.
Tra i mezzi schierati: carri armati M1A2 Abrams marocchini, elicotteri Gazelle, Tiger e NH90 francesi, impegnati in operazioni integrate per migliorare interoperabilità e prontezza al combattimento in scenari di controterrorismo e missioni di pace, cruciali per la stabilità del Sahel.

L’irritazione di Algeri: simboli e minacce percepite
La vicinanza delle manovre al confine algerino ha provocato un’immediata reazione di Algeri, che ha convocato l’ambasciatore francese Stephane Romatet per protestare contro quella che considera una “provocazione” e un “progetto militare di natura sensibile”.
Il ministero degli Esteri algerino ha parlato di un simbolismo “potenzialmente destabilizzante”, avvertendo che tali esercitazioni possono alimentare ulteriori tensioni in un contesto regionale già fragile, aggravato dal contenzioso irrisolto sul Sahara Occidentale e dalla rottura diplomatica tra Rabat e Algeri del 2021.
Tra geopolitica e sicurezza regionale
Analisti come Hichem Moatadhed vedono in Chergui 2025 una risposta alla crescente instabilità regionale: per il Marocco, assicurare il controllo delle zone desertiche e affinare capacità di intervento nel Sahara Occidentale; per la Francia, mantenere un piede operativo nell’Africa del Nord e garantire sicurezza nelle rotte verso il Sahel dopo il progressivo ritiro delle sue truppe da Mali e Niger.
Come sottolinea il ricercatore Mohamed Tayyar, l’esercitazione consente ai francesi di osservare l’esperienza marocchina in ambienti simili a quelli del Sahel, area che Parigi continua a considerare prioritaria per la propria sicurezza.
Un triangolo di tensione
Il rafforzamento dell’asse militare franco-marocchino aggiunge un tassello al delicato triangolo Rabat–Algeri–Parigi. La Francia insiste sul carattere “tecnico” delle manovre, ma non può ignorare il peso politico delle sue scelte militari in un’area già lacerata da sospetti reciproci. L’Algeria, che sostiene il Fronte Polisario per l’indipendenza del Sahara Occidentale, vede in questo partenariato un potenziale squilibrio di forze a ridosso dei suoi confini meridionali.
In assenza di un dialogo politico serio tra i due Paesi nordafricani, anche un’esercitazione pensata per il contrasto al terrorismo può trasformarsi in un fattore di polarizzazione regionale.
Prospettive e incognite
Se da un lato Chergui 2025 migliora l’interoperabilità e la capacità di risposta a minacce comuni, dall’altro evidenzia la fragilità di un Mediterraneo allargato in cui ogni mossa militare diventa un messaggio geopolitico. La sfida per Parigi e Rabat sarà ora mantenere aperti i canali di comunicazione con Algeri, evitando che l’esercitazione si traduca in un nuovo motivo di conflitto diplomatico.
*Presidente Centro studi strategici Cestudec
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