Di Pierpaolo Piras
Santiago del Cile. Secondo gli ultimi comunicati del Ministero degli Interni, sono almeno 13 le vittime dei violenti disordini scoppiati in Cile, lunedì scorso, a seguito dell’aumento, ora sospeso, delle tariffe della metropolitana.

Un momento degli scontri di piazza
L’Esercito e le Forze dell’Ordine sono presto intervenuti utilizzando gas lacrimogeni e idranti per contenere e disperdere la furia dei manifestanti.
Visto l’estendersi della violenza ad altre principali città, come Valparaíso, Coquimbo e Biobiò ed altre, il Governo cileno ha decretato lo stato di emergenza.
Decine di supermercati e negozi commerciali sono stati saccheggiati. A Santiago i trasporti pubblici sono quasi bloccati e centinaia i voli cancellati e riprogrammati, presso l’aeroporto internazionale “Arturo Benitez” della capitale.
Sebastian Pinera, Presidente della Repubblica cilena, 70enne e ricco imprenditore, rieletto nel 2018 da una coalizione di partiti conservatori, in un discorso televisivo ha posto l’accento sul dilagante vandalismo, definendo come “criminali” gli istigatori e autori delle proteste.

Il Presidente cileno, Pinera
“Siamo ben consapevoli del fatto che i responsabili di queste violenze hanno un grado di organizzazione, logistica, tipico di un’organizzazione criminale”, ha detto.
Nello stesso discorso ha evitato ogni riferimento alle richieste sociali che fanno da sfondo e hanno motivato le proteste, iniziate peraltro pacificamente.
Per le strade di Santiago sono riapparsi i soldati ed i carri armati assenti dal 1990 allorché il Cile torno alla democrazia, dopo il crollo della dittatura Pinochet.
Le pesanti ed inopportune parole espresse da Pinera hanno presto inasprito la violenza dei dimostranti mentre, dopo così tanti giorni, manca ancora ogni tentativo di conciliazione e capacità politica di ascolto nei confronti della domanda popolare.
Ma, qual è lo sfondo di questi eventi?
I disordini hanno messo in luce le profonde divisioni e disuguaglianze economiche vigenti nel corpo sociale, dove la ricchezza è detenuta da poche famiglie mentre la popolazione è divenuta progressivamente più povera per l’aumento del costo della vita.
Tale notevole disparità di reddito e le progressive difficoltà nel tirare avanti per le famiglie cilene, specie con i figli in età scolare, non possono essere superate con i carri armati ed i gas lacrimogeni.
Non è un caso se il Cile si pone tra le peggiori posizioni delle Nazioni appartenenti all’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) nel divario tra i più ricchi e il resto della popolazione.
Severe critiche sono pronunciate a livello internazionale verso Pinera, che prossimamente dovrà ospitare il Forum di Cooperazione Economica Asia-Pacifico (APEC) a novembre e la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP25).
Il maggiore costo della metropolitana è solo la punta emergente dell’iceberg.
Ma all’interno c’è la politica di un Governo conservatore, per nulla illuminato nella prassi politica a breve e medio termine, dall’indispensabile solidarismo economico senza il quale qualunque popolo si rivolterebbe.
Oggi, in Cile, i problemi urgenti sono: la grave insufficienza delle prestazioni sanitarie, pensioni e stipendi letteralmente da fame, livelli d’istruzione scadenti, debito universitario praticamente a vita, criminalità incontrollata e crescente a due cifre, ripetuti scandali per corruzione tra le fila dell’Esercito e dei Carabineros e altro ancora.
Tutto questo contrasta, insopportabilmente, con i redditi dell’élite di poche famiglie e dei rappresentanti politici.
Ancora, questa grave crisi socioeconomica è aggravata da una perdurante siccità con danni ingenti alla migliore agricoltura del centro geografico cileno.
Inutile concludere che l’attuale situazione è dovuta al brutale fallimento della leadership del Presidente Pinera, privo persino della necessaria sensibilità di controllare e mediare su quel che sta accadendo nel Paese, che, sino a tempi recenti, rappresentava un esemplare esempio di crescita e virtù economica.
Nelle strade in tumulto si vedono soprattutto giovani, appartenenti alla nuova generazione che non ha conosciuto la dittatura e la ferocia di Pinochet, aperta ad esprimere le proprie ansie sapendo che non hanno nulla da perdere e, quindi, più facili alla protesta violenta, individuale oltre che di gruppo.
La gente non vuole distruggere ma è diffusa una percezione di abuso che ha fatto salire la percentuale di astensione alle elezioni superiore al 50%.
Ad oggi e nonostante i primi timidi tentativi di conciliazione, i disordini continuano anche da parte dei manifestanti più pacifici.
L’attuale Governo cileno è oramai compromesso per la sua pochezza di base e scarsa lungimiranza politica.
Ma, per ora, se popolo e classe politica non troveranno una prassi unitaria, non ci saranno alternative ad esso.
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