Cina: l’intelligence con il Ministero della Sicurezza di Stato promuove la politica economica di Pechino. Un’estensione strategica del Partito Comunista

Di Giuseppe Gagliano 

PECHINO. L’Intelligence cinese, in particolare attraverso il Guoanbu (il Ministero della Sicurezza di Stato), sembra giocare un ruolo sempre più visibile nel sostenere e promuovere la politica economica di Pechino, agendo quasi come un’estensione strategica del Partito Comunista Cinese (PCC).

Questo emerge con chiarezza dalle recenti mosse di alto profilo, come gli incontri del 27 marzo scorso a Pechino tra il premier cinese Li Qiang e il ministro degli Esteri francese Jean-Noël Barrot.

Il premier cinese Li Qiang

 

L’evento, immortalato dalla stampa internazionale, non è stato solo un’occasione diplomatica, ma anche un segnale della volontà di Pechino di consolidare i rapporti economici con l’Europa in un momento di tensioni globali crescenti.

Il PCC sta intensificando i suoi sforzi per attrarre investitori stranieri, un obiettivo cruciale per rilanciare un’economia messa alla prova da sfide interne come la crisi immobiliare e il rallentamento dei consumi, oltre che da pressioni esterne come i dazi statunitensi.

Una riunione del Partito Comunista Cinese

Gli incontri a porte chiuse con CEO internazionali – tra cui figurano nomi di spicco dell’industria tecnologica e automobilistica – mostrano un approccio pragmatico:

Pechino vuole rassicurare i mercati globali sulla sua apertura agli affari, nonostante il clima geopolitico complesso.

Questi briefing, spesso organizzati con la discrezione tipica del Guoanbu, non si limitano a discussioni economiche superficiali: si dice che includano dettagli su incentivi fiscali, accesso privilegiato a settori strategici e garanzie di stabilità per gli investimenti a lungo termine.

Parallelamente, lo scambio di note di investimento con le principali banche statunitensi rivela un altro aspetto della strategia.

Anche in un contesto di rivalità con Washington, la Cina non chiude del tutto la porta al capitale americano.

Si tratta di un gioco sottile: da un lato, Pechino corteggia Wall Street per mantenere flussi finanziari vitali; dall’altro, il Guoanbu vigila affinché questi rapporti non compromettano la sicurezza nazionale o la sovranità economica del Paese.

Questo doppio binario riflette la visione del PCC: un’economia aperta, ma rigidamente controllata.

L’Intelligence cinese, quindi, non si limita a raccogliere informazioni o contrastare minacce esterne.

Sta diventando un vero e proprio strumento di soft power economico, un canale attraverso cui il PCC proietta fiducia e influenza.

Gli incontri con figure come Barrot, i CEO globali e i banchieri di Wall Street non sono casuali: sono tasselli di una narrativa che Pechino vuole imporre, quella di una Cina indispensabile, stabile e pronta a guidare l’economia mondiale, anche di fronte a un Occidente diviso e a un’America protezionista.

Se questa politica economica stia davvero prendendo piede, lo diranno i numeri degli investimenti stranieri nei prossimi mesi, ma l’attivismo del Guoanbu suggerisce che Pechino è disposta a tutto pur di non lasciare nulla al caso.

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